Le opere fotografiche di Vincenzo Castella, Luigi Ghirri e Jacob Hashimoto innescano una dialettica fra interno ed esterno. Ognuna lo fa per effetto di specifiche modalita' di costruzione, in comune hanno l'indagine sulle nozioni di natura, artificio e visione.
Che cosa hanno in comune le opere di Vincenzo Castella, Luigi Ghirri e Jacob Hashimoto? Non si tratta del linguaggio attraverso cui sono articolate, della loro tecnica, del contenuto, dello stile. Niente di tutto questo. A tenerle insieme c'è il fatto che danno vita a delle immagini rinchiuse dentro un perimetro, innescando una dialettica fra interno ed esterno. Ognuna lo fa per effetto di specifiche modalità di costruzione.
Le opere di Castella sono riempite di prati, alberi, arbusti e altri elementi naturali tagliati di netto dai bordi dell'inquadratura. La frammentarietà della fotografia, che può soltanto isolare un particolare, viene enfatizzata suggerendo l'espandersi dei soggetti oltre i limiti della stampa. Il risultato è il contrario di quello che si potrebbe supporre: questi lavori non arginano la natura entro uno spazio concluso, bensì estendono all'infinito la sua presenza.
Le fotografie di Ghirri ottengono il medesimo risultato attraverso un movimento opposto. Anziché articolarsi sulla base di una struttura centrifuga, sembrano la conseguenza di un processo di collassamento del mondo all'interno del campo di ripresa, con i soggetti principali raffigurati spesso per intero e posizionati al centro.
Scrive lo stesso Ghirri nella prefazione al suo libro Kodachrome: "La cancellazione dello spazio che circonda la parte inquadrata è per me importante quanto il rappresentato... l'immagine continua nel visibile della cancellazione, e ci invita a vedere il resto del reale non rappresentato". Anche i dipinti di Hashimoto, pure non scaturendo da un'operazione di prelievo della realtà attraverso un obiettivo, forzano i quattro lati che li delimitano. A promuovere questa dilatazione sono i pattern geometrici che strutturano alcune composizioni, evidentemente fondati sulla propria ricorsività (anche in linguistica, questo termine individua un processo che può teoricamente ripetersi all'infinito), così come la fluidità di forme improvvisamente interrotte dal taglio geometrico della tela. Off-Screen punta l'interesse sulla soglia che in queste opere mette in contatto, senza separarli, il dentro e il fuori.
Tutto ciò che si vede nei lavori di Castella, Ghirri e Hashimoto, si riferisce a entrambi questi contesti, presi insieme e senza soluzione di continuità, facendo da supporto a una costante indagine sulle nozioni di natura, artificio e visione. Francesco Zanot
Inaugurazione 7 luglio ore 18
Studio La Citta'
via Lungadige Galtarossa, 21 - Verona
Orario: lunedì - venerdì, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00
Sabato su appuntamento
Ingresso libero