Palazzetto Art Gallery
Roma
via delle Botteghe Oscure, 34
06 77208158
WEB
Noi non abbiamo sbagliato niente
dal 11/7/2012 al 30/7/2012
mar - sab 10-19

Segnalato da

Roberta Giulieni




 
calendario eventi  :: 




11/7/2012

Noi non abbiamo sbagliato niente

Palazzetto Art Gallery, Roma

Laura Marcucci Cambellotti, Adele Ceraudo, Marina Haas, Laura Palmieri e Anna Maria Sacconi si muovono tra carte, inchiostri, tele, acrilici, olii e fili di lana, ognuna affidandosi alla traduzione che la propria mano fara' di un concetto.


comunicato stampa

a cura di Roberta Giulieni

Lʼesposizione, che verrà inaugurata giovedì 12 luglio alle ore 18.30 in via delle Botteghe Oscure 34 presso Palazzetto Art Gallery diretta da Franco Ruben, vuole essere il racconto fatto dai “gesti” di cinque artiste “romane” che muovono dalla propria visione personale verso la sapienza di un mestiere e della mano. La mostra diventa così un dialogo “fisico” tra opere nate da tecniche e materiali diversi e da espressioni singolari eppure mosse da una comune volontà creatrice.

Laura Marcucci Cambellotti, Adele Ceraudo, Marina Haas, Laura Palmieri e Anna Maria Sacconi si muovono tra carte, inchiostri, tele, acrilici, olii e fili di lana ognuna affidandosi alla traduzione che la propria mano farà di un concetto o di unʼimmagine giunta alla mente.
Ognuna col proprio mestiere, ognuna ironicamente contemplando la possibilità dello scarto e dellʼerrore, pur non sbagliando niente. La manualità che tanto spesso nellʼetà contemporanea viene demandata agli altri per il prevalere dellʼidea viene conservata gelosamente da queste artiste che ne fanno motivo imprescindibile nella realizzazione della loro opera.

Laura Marcucci Cambellotti stringe un ago tra le dita, avvicina ed allontana la tela montata al telaio per tessere lunghi punti verticali, uno accostato allʼaltro. Il gomito resta immobile la mano si muove avanti e indietro per costruire i ricordi di vicoli impervi affacciati sul mare, architetture in una prospettiva così ravvicinata da sembrare quali costruzioni utopiche. E ancora figure di femmine, non donne, sue compagne di vita, che tra quelle architetture si affacciano per ammirare lʼorizzonte e ascoltare i racconti che Laura fa mentre tesse.

Adele Ceraudo nel parlare della propria visione femminile passa dal mezzo tecnico della fotografia alla sua traduzione sulla carta. Attraverso lo scatto fotografo fissa la composizione delle figure e determina lʼiconografia. Poi si china sul tavolo e muove la mano che tiene lʼimmancabile penna biro per ricostruire e trasfigurare lʼimmagine. La mano compie scatti in obliquo, non si stacca dal foglio, mentre i tendini sono tesi insieme al polso a seguire il movimento dellʼavanbraccio. Ed ecco che quei segni si trasformano in corpi esultanti nella loro nudità, fragili allʼinterno con le proprie tensioni emotive, le pause riflessive, le fughe mentali e solidi allo stesso tempo allʼesterno, costruiti con gesti sapienti e precisione del tratto.

Marina Haas lascia invece che siano gli oggetti e le cose legate alla sua quotidianità a parlare del suo mondo. Oggetti, dei quali si è appropriata attraverso la sua pittura, trasfigurati in una visione dal carattere espressionista, tradotti sulla tela e sulla carta da una materia densa e vivace, a tratti evanescente come la memoria. Queste cose non rispondono ad un scala di valori, ma sono ugualmente portatrici di una storia. Sono chiusi in se stessi ma aperti alla sensibilità e allʼimmaginazione di chi li osserva. E Marina muove la mano in ampi movimenti dellʼalto al basso e viceversa, o ruota il polso in piccole contorsioni per brevi tocchi.

Laura Palmieri presenta immagini del suo Bestiarium, una combinazione di vedute urbane e architetture sospese nel vuoto insieme a figure di animali esotici, come in un sogno o una visione immaginaria, difronte alle quali mettiamo in dubbio il nostro livello vigile. Forse temiamo di stare sognando. La sovrapposizione tra natura e cultura sembra farsi evidente attraverso le immagini proposte, e non capiamo bene se raccontano di qualcosa che è già avvenuto o qualcosa che potrà accadere. Tanto non cʼè determinazione temporale, ma una profonda sospensione, forse anche una speranza.
La mano ora tiene la penna a china e si muove in una direzione e in quella opposta disegnando griglie e reticoli. Fa movimenti lunghi e lenti, ora solo le dita si chiudono verso il palmo per i tratti più brevi e nascono piccoli animali intorno ad una vasca, moderna Arca di Noè , orsi che risposano sul tetto di una casa, una piccola capanna, cani, pecore...

Anna Maria Sacconi svela la sua passione simultanea per lʼimmaterialità e la tangibilità. I suoi lavori, accurati fin nellʼultimo dettaglio, sono sollecitazioni visive e aperture verso spazi monocromi caratterizzati da una costante vibrazione della materia e del colore. La sovrapposizione di materiali e il disegno che ne consegue spezzano infatti lʼuniformità delle stesure del colore e lasciano emergere dalle profondità della tela, figure di angeli, strutture architettoniche, vere e proprie finestre dalle quali affacciarsi su superfici nere o bianche compatte, leggermente sporcate dʼoro, alla ricerca di una salvezza meno divina ma più estetica. Ed ecco Anna che fa ampi movimenti del braccio tenendo rigido il polso, stendere strati su strati di colore per “costruire” e lasciare morbida la mano che tiene il pennello per permette allʼoro di sgocciolare e insinuarsi nel bianco.

Inaugurazione giovedì 12 luglio 2012 ore 18.30

Palazzetto Art Gallery
via delle Botteghe Oscure 34, Roma
Orari: 10.00-19.00, dal martedì al sabato - Lunedì chiuso

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