Cementificazioni. La sfera, simbolo di una sintesi perfetta tra tensione ed equilibrio, contatto e dialogo tra materie, ferita e sutura, esprime qui una bellezza rinnovata e pura.
“… l’oggetto che giace al suolo insinua in chi lo contempla il malessere di ogni cosa caduta, abbandonata, dimenticata. Nel Tempo eterno dell’immagine nessuno lo raccoglierà..”
Esordisce cosi Elisabetta Rasy nella sua analisi della poetica dell’arte visiva, legata all’uso della materia al suolo, che risveglia nell’uomo il senso malinconico del Tempo. Se alcuni lavori di Angelo Toppazzini trovano in questo orizzonte una giusta corrispondenza, (mi riferisco alle opere dedicate all’esperienza del terremoto o a quelle che si interrogano sulla presenza di contrasti e violenze nel contemporaneo, di recupero e salvaguardia di immagini altrimenti rimosse), altre opere recenti si discostano da tutto ciò, per esprimere un nuovo senso di pacificazione e di bellezza, frutto della realizzazione di un movimento fluido e di una forma compiuta.
La sfera, simbolo di una sintesi perfetta tra tensione ed equilibrio, ferita e sutura, contatto e dialogo di materie diverse, ha assunto in sé questo compito di rivisitazione e superamento della distruzione per esprimere una bellezza rinnovata e pura. Posta al suolo la sfera determina un’azione dello sguardo e una circolazione nello spazio. Orienta l’andamento di ciascuno nel luogo espositivo.
La corrente di movimento circolare riconduce ciascuno là dove l’artista desidera ritornare, in un principio vitale dove ogni elemento concatenato detta un ritmo di interpretazione e respiro. Finalmente il com-prendere torna ad essere azione ed assunzione di un punto di vista mobile , soggettivo ma collegato ad un flusso comune.
La cementificazione operata dall’artista interessa ogni materia che pur conservando i segni di momenti passati (tradizionali o innovativi, di gratificazione o tragici, collettivi o individuali, istantanei o ripetuti e prolungati nel Tempo…) si ripropone come parte di un elemento costruttivo, complementare, trattato con l’attenzione estrema dell’artista scultore che leviga, modella scolpisce. Queste azioni tanto poetiche quanto “formative” trovano conferma anche nella scienza esatta, sempre alla ricerca di equazioni che mantengano la loro forma anche attraverso trasformazioni che le adattano ai diversi sistemi di riferimento. L’equazione della sfera non cambia anche quando le coordinate sono invertite: la sfera resta tale vista da qualunque prospettiva, anche attraverso uno specchio. L’affermazione della sua importanza, elaborata da Erwin Schrödinger, rende possibile una definizione della bellezza non più soggettiva ma condivisa. Angelo Toppazzini, nella cura dell’esposizione che definirei per certi aspetti installazione, ricrea un legame di contatto, cementificato, che qualifica lo spazio e ripropone in esso il senso dell’armonia vitale, che unisce ogni elemento in teorie armoniche, allineate e mobili, in cui il nostro sguardo è chiamato alla lettura in forma di canto, seguendo il susseguirsi delle opere come fossero note di partiture musicali.
Alessandra Santin
Inaugurazione 14 settembre ore 18
Centro Culturale Aldo Moro
via Traversagna, 4 - Cordenons (PN)
lun-sab 16-19