Sono cosa. Forme plastiche, corpi disabitati e dunque oggettivati che evocano matrici arcaiche o definitive; questa la cifra delle opere in mostra qui proposte in tre capitoli.
Forme plastiche, corpi disabitati e dunque oggettivati che evocano matrici arcaiche o definitive, sono la cifra
delle opere in mostra. In tre capitoli si propongono tre percorsi paralleli che di tanto in tanto s'incrociano. La
determinazione dell’oggetto tipica del fare scultoreo azzera la necessità narrativa e costituisce un luogo
oggettivo nel quale accogliere ed essere accolti: nelle parole dell’autore, un «osso del cuore».
«Gli oggetti non parlano solo in quanto simboli e segni, ma anche nel loro stesso esistere. Diventano cose. E
sopravvivono all’incendio di quella casa che è la vita del singolo».
Il tema della XII edizione del Festival della filosofia 2012 sono le cose. Un tema che, variamente declinato, ci auguriamo
darà spazio sia alle sue forme popolari sia a quelle che la contemporaneità suggerisce e sollecita. Il mondo delle cose è
un repertorio pressoché sterminato a cui l’arte attinge, dalle invenzioni di Giotto da Bondone al Cinquecento nordico, al
Ready Made duchampiano, fino all’iperrealismo poetico delle cose di Michele Provinciali, o alle anticipazioni oscure di
Jim Dine. Fino alla sfida dell’oggi, in cui la dissoluzione viene scambiata per mutamento, l’arte declassata a semplice
provocazione e vittima di svuotamenti prodotti dall’ossessione per le definizioni auto-referenti.
«C’è una storia delle cose e una storia “affettiva” delle cose.
Eppure, nella nostra lingua – poetica, ma forse poco filosofica – tutto si traduce in “cosa”. Oggetti, contenuti,
forme, simboli in cui si depositano retaggi di evocazioni, segni che convocano attorno a sé l’evidenza – reale?
apparente? – della denotazione».
Cose, per noi, non sono solo qualsiasi entità reale o ideale, concreta o astratta, che abbia per fondamento la presa della
realtà, l'oggetto, nel suo senso più ristretto di materiale, concreto.
Concediamo questo statuto anche a ciò che si pensa o s'immagina: nozione, problema, fatto, gesto, azione o
avvenimento, ma anche causa, ragione, scopo. Ci preme senza dubbio questa seconda faccia, nella convinzione che, in
una frattura filosofica fra il soggetto e l’oggetto, l'intuizione estetica e l'opera d'arte possano annullare la separazione.
L’idea curatoriale è certamente quella di affermare che un modello di linguaggio si manifesta attraverso i
propri segni in una moltitudine di pose. Ci interessa capire come dall'oggetto si possa estrarre la cosa, o, se si
preferisce, come la cosa sussista già nell'oggetto, o, ancora, come l'oggetto sganciato dalla sua funzione d'uso,
dalla sua materia, rivela la cosa, di cui esso è segno incarnato, che è pienamente se stesso ma al contempo
rimanda ad altro, a oltre.
Fabrizio Loschi (Modena 1965)
La memoria di forme prime e la rielaborazione dei linguaggi della figurazione italiana dei primi decenni del
secolo scorso, scandiscono il suo operare transdisciplinare. Nonostante l’uso di mezzi espressivi diversi – da
sempre divide la sua attività artistica tra pittura, scultura e letteratura – il dato di unicità dell’opera e la sua sintesi
come percorso sembrano essere entrambe la rappresentazione di un rituale, dalle origini dell’idea all’ultimo dei
particolari.
Inaugurazione venerdì 14 settembre 2012 ore 19,00 alla presenza dell’artista
Galleria Mies Modena
piazzetta Dè Servi, 44/a 41121 Modena
Venerdì 14 09,00-23,00
Sabato 15 09,00-23,00
Domenica 16 09,00 – 21,00
la mostra prosegue fino al 27.10.2010 con i seguenti orari:
lun, merc, ven. e sab. 10,30-12,30 ven. e sab. 16,30-19,30 fer. e fest. su appuntamento