Ufficio Stampa | Collezione Maramotti
Jules de Balincourt
Donald Baechler
Barry x Ball
Huma Bhabha
Michael Craig-Martin
Ann Craven
Matthew Day Jackson
Ellen Gallagher
Jutta Koether
Enoc Perez
Matthew Ritchie
Tom Sachs
Jessica Stockholder
Kelley Walker
Mario Diacono
Bob Nickas
"Parallel Universe" e' un progetto di Jules de Balincourt costituito da cinque nuovi dipinti, risultato di uno stesso processo creativo, che dopo la mostra entreranno a far parte della Collezione. "Archetypes and Historicity. Painting and Other Radical Forms 1995-2007": un libro e una conversazione (7 ottobre ore 11) tra Mario Diacono e il critico americano Bob Nickas e, infine, la mostra "La pittura come forma radicale" che riunisce le opere di molti degli artisti di cui si parla nel volume.
Jules de Balincourt
Parallel Universe
7 ottobre 2012 – 27 gennaio 2013
Parallel Universe è un progetto di Jules de Balincourt per la
Collezione Maramotti, costituito da cinque nuovi dipinti che
dopo la mostra entreranno a far parte della Collezione. Come
spesso accade nel lavoro di questo artista, le opere sono state
dipinte contemporaneamente, nel medesimo studio, così che
durante la loro realizzazione esse sono entrate in dialogo tra
loro, divenendo il risultato di uno stesso processo creativo. De
Balincourt ha un approccio alla pittura fortemente intuitivo, che
privilegia uno sviluppo organico delle opere, le quali prendono
così specificamente forma sia singolarmente che come insieme.
I dipinti di Parallel Universe possono perciò essere letti come
una mappa di parti liberamente intrecciate, tesa ad esplorare e
registrare le relazioni che intercorrono tra rappresentazione,
astrazione e gesto pittorico.
L’immagine della mappa nelle opere precedenti dell'artista è
stata spesso analizzata nella sua doppia dimensione, politica e
cartografica. Ma con Big Globe Painting e Globe Faces – le due
opere-mappa presentate in questa mostra – de Balincourt si
libera da qualsiasi vincolo di rappresentazione più o meno
accurata del mondo in termini di continenti, paesi e confini. Nel
tentativo di trasmettere un senso più universale del tempo e
dello spazio, egli ci ricorda che abitiamo anche mondi interiori,
giungendo a una rappresentazione che è più vicina alla realtà
della vita che a quella della mera geografia. Le sue sono
immagini che sconfinano nell’astrazione, come del resto la
maggior parte della sua produzione attuale; sono più simboliche
che diagrammatiche e possono quindi essere viste come
un’esigenza liberatoria, non solo nel senso di un progressivo
spostamento dalla figurazione all’astrazione, ma anche in
termini di affrancamento da modalità di pensiero razionale e
oggettivo.
Waiting Tree emblematizza chiaramente la processualità del
lavoro di de Balincourt, nel quale l’artista procede senza piani
prestabiliti, accettando la sorpresa delle trasformazioni di una
immagine mano a mano che essa prende vita. In una prima
versione del quadro, de Balincourt aveva rappresentato un
gruppo di giovani musicisti che suonavano durante una
protesta. Nel corso del tempo, tornando sul lavoro,
quell'immagine è stata quasi completamente cancellata: l’unica
traccia sopravvissuta è l’albero che rappresenta vita, protezione
e crescita. La scena, apparentemente naturalistica, grazie a una
tavolozza evanescente e psichedelica, diviene fantasmagorica,
bagnata da una luce spettrale in cui assenza e presenza si
compenetrano. Le figure che abitano la scena, considerate
ancora come agenti di un cambiamento, esistono in uno spazio
intermedio, un luogo di transizione, di attesa, di passaggio.
Come nelle sue mappature astratte, de Balincourt presenta in
questo lavoro "uno spazio più generico di ansia e speranza", un
senso di appartenenza e insieme di dislocazione.
Psychedelic Soldier può costituire una sorta di autoritratto per
un artista che raramente si rappresenta apertamente nelle sue
opere. Il quadro diventa il paradigma di un’esplorazione di
tecniche pittoriche di "mimetizzazione”, un celarsi sotto gli
occhi di tutti, un’immersione nell’ambiente circostante. La
mimetizzazione, nel conferire al lavoro dell’artista una
complessa trasparenza, può così essere considerata metafora
del gesto pittorico in generale e della stratificazione di immagini
in questa mostra. Il volto del soldato e la superficie del
mappamondo, per esempio, possono sottintendere modalità
diverse di rappresentare un paesaggio o uno spazio conflittuale.
Per de Balincourt la divisa mimetica che i soldati indossano
nelle zone di guerra li rende ancor più visibili anziché fonderli
con lo spazio circostante e, per assurdo, li trasforma in
potenziali bersagli. Il dipinto diventa così una protesta contro
l’assurdità della guerra.
Burst Painting, un'esplosione luminosa che costituisce il centro
di questo gruppo di opere, è il quadro che secondo l’artista
ancora l’intera mostra. Correlata da un punto di vista pittorico
all’action painting, agli anni Cinquanta, ma anche agli anni
Sessanta e alla Pop Art, è molto più che un’immagine ibrida.
Vista insieme ai lavori dell’artista che rappresentano mappe e
mappamondi, la deflagrazione di Burst Painting sembra
rappresentare il Big Bang, la nascita dell’universo. Ma, per de
Balincourt, essa è anche l’immagine della creazione e della
distruzione e può essere letta in termini delle nostre debolezze o
punti di forza interiori, capaci di auto-implodere in modo
catastrofico o di entrare in risonanza positiva con l’esterno.
Tutto il lavoro di de Balincourt è imperniato sul concetto di
polarità di forze e di energia e come essa viene impiegata.
L’artista cerca di catturare “il potenziale utopico/distopico
presente in ogni immagine, così come [in noi stessi], nella
nostra capacità di essere portati verso l’una o l’altra direzione”.
Come ha lui stesso affermato: “Una dualità che mi interessa
esplorare nel mio lavoro è quella di astrazione e
rappresentazione... Penso che l’astrazione derivi da uno stato
primordiale del subconscio, mentre l'immagine [e la
narrazione] derivano dalla parte più razionale e cosciente della
mente [...] Così come cerco di essere il più aperto possibile nel
trasmettere immagini derivanti sia dal livello del conscio che da
quello del subconscio, allo stesso modo vorrei che chi guarda si
avvicini alla mia opera con la maggiore apertura possibile”.
Il progetto è accompagnato da un libro d’artista, edito da
Silvana Editoriale, con un testo critico di Mario Diacono e una
conversazione tra Jules de Balincourt e Bob Nickas, critico
d’arte americano che segue il suo lavoro da oltre dieci anni.
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Archetypes and Historicity
Painting and Other Radical Forms 1995-2007 di Mario Diacono
La pittura come forma radicale (Painting as a Radical Form)
Dal 7 ottobre 2012 al 3 febbraio 2013
Un libro, una mostra, una conversazione tra
Mario Diacono e il critico americano Bob Nickas
La Collezione Maramotti è lieta di annunciare una
conversazione tra Mario Diacono e Bob Nickas domenica 7
ottobre alle ore 11.00, in occasione dell’uscita e della
distribuzione internazionale del volume di Mario Diacono
Archetypes and Historicity / Painting and Other Radical
Forms 1995-2007 (Silvana Editoriale) e dell'apertura della
mostra La pittura come forma radicale (Painting as a
Radical Form) nella galleria sud della Collezione, che
presenterà opere di molti degli artisti discussi nel volume.
Prendendo spunto dal libro e dalla connessa esposizione,
l’incontro si propone di analizzare le vicende della pittura
avanzata degli ultimi quindici anni negli Stati Uniti e in
Europa.
Il libro di Diacono raccoglie i testi critici che hanno
accompagnato le esposizioni nella sua galleria di Boston tra il
1994 e il 2007. Insieme a Verso una nuova Iconografia (1984) e
a Iconography and Archetypes (2010), esso costituisce la sua
terza ed ultima esplorazione dell’arte post-concettuale. La
circolazione di un analogo lessico nei tre titoli riflette una
virtuale continuità tra nuove opere e vecchio immaginario. Il
filo rosso che unisce le immagini contemporanee con quelle del
passato rimane visibile nonostante la reinvenzione, o
l’invenzione tout court, dei media che gli artisti mettono in atto
per materializzare la propria idea della forma. Se la novità delle
tecniche è sempre deliberata, il ritorno d'una struttura
archetipica nell’immagine appare essere soprattutto inconscio:
è questo uno degli assunti da cui parte l’autore.
Negli ultimi trent’anni l’intertestualità, o meglio interfiguralità,
tra vecchie immagini e immagini contemporanee accenna anche
a un altro aspetto della globalizzazione, oltre a quella spaziale,
che i nuovi media e le economie multinazionali hanno generato.
È la globalità temporale che - attraverso i musei enciclopedici,
la filosofia della coscienza, i libri d’arte, i viaggi, una sempre più
specializzata conoscenza del passato, e la disseminazione
dell’informazione - ha costruito la mente moderna e rende tutta
l’arte diacronica nella sua fattura, ma sincronica nel suo
significato. La forza dell’intuizione di un artista e l'intelligenza
dei suoi dispositivi formali sono ovviamente irriducibili alla
presenza di una interfiguralità, ma un'opera acquisisce spesso
un'ulteriore intensità grazie alla profondità che essa riceve dalla
(re)invenzione di un archetipo.
Su questa lettura critica si svolgerà il confronto fra l’autore e il
critico e curatore indipendente americano Bob Nickas, che
nell’arco di un ventennio ha portato alla luce e valorizzato il
lavoro di molti giovani artisti di talento negli Stati Uniti.
La mostra temporanea (e in parte anche la collezione
permanente) presentano opere di artisti americani, o che
operano negli Stati Uniti, presenti nella Collezione Maramotti
e acquisite al momento della loro prima esposizione dal
collezionista Achille Maramotti, fra cui Donald Baechler, Barry
x Ball, Huma Bhabha, Michael Craig-Martin, Ann Craven,
Matthew Day Jackson, Ellen Gallagher, Jutta Koether, Enoc
Perez, Matthew Ritchie, Tom Sachs, Jessica Stockholder,
Kelley Walker, Jules de Balincourt. Di quest’ultimo, il giorno
precedente (sabato 6 ottobre) sarà inaugurato un progetto
realizzato specificamente per la Collezione Maramotti.
Mario Diacono: ha pubblicato Vito Acconci / Dal testo-azione al
corpo come testo nel 1975, Verso una nuova iconografia nel 1984,
Iconography and Archetypes nel 2010. Dal 1977 fino al 2007 ha
avuto gallerie a Bologna, Roma, Boston, New York e nuovamente
Boston. Il suo primo libro di poesia, Denomisegninatura, è stato
pubblicato nel 1962; il secondo, Mysticficactions (1967) nel 2011; e il
suo ultimo r:Esistenza, nel 2008. Vive a lavora a Boston,
Massachusetts.
Bob Nickas: critico e curatore indipendente, vive e lavora a New
York da quasi trent’anni, durante i quali ha organizzato oltre ottanta
mostre. Ha fatto parte del team curatoriale di Aperto alla Biennale di
Venezia del 1993 e della Biennale di Lione nel 2003. Dal 2003 al
2006 è stato Curatorial Advisor al P.S.1 Contemporary Art Center di
New York. È autore di numerosi libri, tra i quali Painting
Abstraction (2009), il primo importante studio sulle recenti
innovazioni nella pittura astratta, nonché di numerosi articoli
apparsi, tra gli altri, su Artforum, Afterall, Purple.
Artisti in mostra: Matthew Antezzo, Pedro Barbeito, David Bowes,
Ann Craven, Andy Cross, Jules de Balincourt, Benjamin Degen,
Steve Di Benedetto, David Dupuis, Jason Fox, Wayne Gonzales,
Scott Grodesky, Nicky Hoberman, Jacqueline Humphries, Matthew
Day Jackson, Jutta Koether, Damian Loeb, Christopher Lucas, Lisa
Ruyter, Dana Schutz, John Tremblay, Kelley Walker, Dan Walsh,
Kevin Zucker
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Conversazione Mario Diacono / Bob Nickas
Domenica 7 ottobre 2012, ore 11.00
Ingresso libero fino a esaurimento posti (prenotazione consigliata)
Volume
Mario Diacono
Archetypes and Historicity / Painting and Other Radical Forms 1995-2007
Silvana Editoriale (Cinisello Balsamo, Milano), 2012
418 pagine (tra cui 95 illustrazioni a colori). Prezzo di copertina: 35 €
Artisti in collezione permanente trattati nel volume: Donald
Baechler, Barry X Ball, Huma Bhabha, Michael Craig-Martin, Karin
Davie, Ellen Gallagher, Nicky Hoberman, Fabian Marcaccio, Richard
Patterson, Matthew Ritchie, Tom Sachs, James Siena
Immagine: Jules de Balincourt
Ufficio stampa: Collezione Maramotti, +39 349 2529989, ufficiostampa@collezionemaramotti.org
Private view ad invito: 6 ottobre 2012, ore 18.00 alla presenza dell’artista (Jules de Balincourt)
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66 Reggio Emilia
Visitabile negli orari di apertura della collezione permanente. Giovedì e venerdì 14.30 - 18.30. Sabato e domenica 10.30 - 18.30
Chiuso il 25-26 dicembre 2012 e 1 e 6 gennaio 2013
Ingresso libero