Collezione Maramotti
Reggio Emilia
via Fratelli Cervi, 66
0522 382484 FAX 0522 934479
WEB
Due mostre
dal 5/10/2012 al 2/2/2013
gio-ven 14.30 - 18.30; sab-dom 10.30-18.30. Chiuso il 25-26 dicembre 2012 e 1 e 6 gennaio 2013

Segnalato da

Ufficio Stampa | Collezione Maramotti




 
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5/10/2012

Due mostre

Collezione Maramotti, Reggio Emilia

"Parallel Universe" e' un progetto di Jules de Balincourt costituito da cinque nuovi dipinti, risultato di uno stesso processo creativo, che dopo la mostra entreranno a far parte della Collezione. "Archetypes and Historicity. Painting and Other Radical Forms 1995-2007": un libro e una conversazione (7 ottobre ore 11) tra Mario Diacono e il critico americano Bob Nickas e, infine, la mostra "La pittura come forma radicale" che riunisce le opere di molti degli artisti di cui si parla nel volume.


comunicato stampa

Jules de Balincourt
Parallel Universe

7 ottobre 2012 – 27 gennaio 2013

Parallel Universe è un progetto di Jules de Balincourt per la Collezione Maramotti, costituito da cinque nuovi dipinti che dopo la mostra entreranno a far parte della Collezione. Come spesso accade nel lavoro di questo artista, le opere sono state dipinte contemporaneamente, nel medesimo studio, così che durante la loro realizzazione esse sono entrate in dialogo tra loro, divenendo il risultato di uno stesso processo creativo. De Balincourt ha un approccio alla pittura fortemente intuitivo, che privilegia uno sviluppo organico delle opere, le quali prendono così specificamente forma sia singolarmente che come insieme. I dipinti di Parallel Universe possono perciò essere letti come una mappa di parti liberamente intrecciate, tesa ad esplorare e registrare le relazioni che intercorrono tra rappresentazione, astrazione e gesto pittorico.

L’immagine della mappa nelle opere precedenti dell'artista è stata spesso analizzata nella sua doppia dimensione, politica e cartografica. Ma con Big Globe Painting e Globe Faces – le due opere-mappa presentate in questa mostra – de Balincourt si libera da qualsiasi vincolo di rappresentazione più o meno accurata del mondo in termini di continenti, paesi e confini. Nel tentativo di trasmettere un senso più universale del tempo e dello spazio, egli ci ricorda che abitiamo anche mondi interiori, giungendo a una rappresentazione che è più vicina alla realtà della vita che a quella della mera geografia. Le sue sono immagini che sconfinano nell’astrazione, come del resto la maggior parte della sua produzione attuale; sono più simboliche che diagrammatiche e possono quindi essere viste come un’esigenza liberatoria, non solo nel senso di un progressivo spostamento dalla figurazione all’astrazione, ma anche in termini di affrancamento da modalità di pensiero razionale e oggettivo.

Waiting Tree emblematizza chiaramente la processualità del lavoro di de Balincourt, nel quale l’artista procede senza piani prestabiliti, accettando la sorpresa delle trasformazioni di una immagine mano a mano che essa prende vita. In una prima versione del quadro, de Balincourt aveva rappresentato un gruppo di giovani musicisti che suonavano durante una protesta. Nel corso del tempo, tornando sul lavoro, quell'immagine è stata quasi completamente cancellata: l’unica traccia sopravvissuta è l’albero che rappresenta vita, protezione e crescita. La scena, apparentemente naturalistica, grazie a una tavolozza evanescente e psichedelica, diviene fantasmagorica, bagnata da una luce spettrale in cui assenza e presenza si compenetrano. Le figure che abitano la scena, considerate ancora come agenti di un cambiamento, esistono in uno spazio intermedio, un luogo di transizione, di attesa, di passaggio. Come nelle sue mappature astratte, de Balincourt presenta in questo lavoro "uno spazio più generico di ansia e speranza", un senso di appartenenza e insieme di dislocazione.

Psychedelic Soldier può costituire una sorta di autoritratto per un artista che raramente si rappresenta apertamente nelle sue opere. Il quadro diventa il paradigma di un’esplorazione di tecniche pittoriche di "mimetizzazione”, un celarsi sotto gli occhi di tutti, un’immersione nell’ambiente circostante. La mimetizzazione, nel conferire al lavoro dell’artista una complessa trasparenza, può così essere considerata metafora del gesto pittorico in generale e della stratificazione di immagini in questa mostra. Il volto del soldato e la superficie del mappamondo, per esempio, possono sottintendere modalità diverse di rappresentare un paesaggio o uno spazio conflittuale. Per de Balincourt la divisa mimetica che i soldati indossano nelle zone di guerra li rende ancor più visibili anziché fonderli con lo spazio circostante e, per assurdo, li trasforma in potenziali bersagli. Il dipinto diventa così una protesta contro l’assurdità della guerra.

Burst Painting, un'esplosione luminosa che costituisce il centro di questo gruppo di opere, è il quadro che secondo l’artista ancora l’intera mostra. Correlata da un punto di vista pittorico all’action painting, agli anni Cinquanta, ma anche agli anni Sessanta e alla Pop Art, è molto più che un’immagine ibrida. Vista insieme ai lavori dell’artista che rappresentano mappe e mappamondi, la deflagrazione di Burst Painting sembra rappresentare il Big Bang, la nascita dell’universo. Ma, per de Balincourt, essa è anche l’immagine della creazione e della distruzione e può essere letta in termini delle nostre debolezze o punti di forza interiori, capaci di auto-implodere in modo catastrofico o di entrare in risonanza positiva con l’esterno. Tutto il lavoro di de Balincourt è imperniato sul concetto di polarità di forze e di energia e come essa viene impiegata. L’artista cerca di catturare “il potenziale utopico/distopico presente in ogni immagine, così come [in noi stessi], nella nostra capacità di essere portati verso l’una o l’altra direzione”.

Come ha lui stesso affermato: “Una dualità che mi interessa esplorare nel mio lavoro è quella di astrazione e rappresentazione... Penso che l’astrazione derivi da uno stato primordiale del subconscio, mentre l'immagine [e la narrazione] derivano dalla parte più razionale e cosciente della mente [...] Così come cerco di essere il più aperto possibile nel trasmettere immagini derivanti sia dal livello del conscio che da quello del subconscio, allo stesso modo vorrei che chi guarda si avvicini alla mia opera con la maggiore apertura possibile”. Il progetto è accompagnato da un libro d’artista, edito da Silvana Editoriale, con un testo critico di Mario Diacono e una conversazione tra Jules de Balincourt e Bob Nickas, critico d’arte americano che segue il suo lavoro da oltre dieci anni.

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Archetypes and Historicity
Painting and Other Radical Forms 1995-2007 di Mario Diacono

La pittura come forma radicale (Painting as a Radical Form)
Dal 7 ottobre 2012 al 3 febbraio 2013

Un libro, una mostra, una conversazione tra Mario Diacono e il critico americano Bob Nickas La Collezione Maramotti è lieta di annunciare una conversazione tra Mario Diacono e Bob Nickas domenica 7 ottobre alle ore 11.00, in occasione dell’uscita e della distribuzione internazionale del volume di Mario Diacono Archetypes and Historicity / Painting and Other Radical Forms 1995-2007 (Silvana Editoriale) e dell'apertura della mostra La pittura come forma radicale (Painting as a Radical Form) nella galleria sud della Collezione, che presenterà opere di molti degli artisti discussi nel volume. Prendendo spunto dal libro e dalla connessa esposizione, l’incontro si propone di analizzare le vicende della pittura avanzata degli ultimi quindici anni negli Stati Uniti e in Europa.

Il libro di Diacono raccoglie i testi critici che hanno accompagnato le esposizioni nella sua galleria di Boston tra il 1994 e il 2007. Insieme a Verso una nuova Iconografia (1984) e a Iconography and Archetypes (2010), esso costituisce la sua terza ed ultima esplorazione dell’arte post-concettuale. La circolazione di un analogo lessico nei tre titoli riflette una virtuale continuità tra nuove opere e vecchio immaginario. Il filo rosso che unisce le immagini contemporanee con quelle del passato rimane visibile nonostante la reinvenzione, o l’invenzione tout court, dei media che gli artisti mettono in atto per materializzare la propria idea della forma. Se la novità delle tecniche è sempre deliberata, il ritorno d'una struttura archetipica nell’immagine appare essere soprattutto inconscio: è questo uno degli assunti da cui parte l’autore.

Negli ultimi trent’anni l’intertestualità, o meglio interfiguralità, tra vecchie immagini e immagini contemporanee accenna anche a un altro aspetto della globalizzazione, oltre a quella spaziale, che i nuovi media e le economie multinazionali hanno generato. È la globalità temporale che - attraverso i musei enciclopedici, la filosofia della coscienza, i libri d’arte, i viaggi, una sempre più specializzata conoscenza del passato, e la disseminazione dell’informazione - ha costruito la mente moderna e rende tutta l’arte diacronica nella sua fattura, ma sincronica nel suo significato. La forza dell’intuizione di un artista e l'intelligenza dei suoi dispositivi formali sono ovviamente irriducibili alla presenza di una interfiguralità, ma un'opera acquisisce spesso un'ulteriore intensità grazie alla profondità che essa riceve dalla (re)invenzione di un archetipo.

Su questa lettura critica si svolgerà il confronto fra l’autore e il critico e curatore indipendente americano Bob Nickas, che nell’arco di un ventennio ha portato alla luce e valorizzato il lavoro di molti giovani artisti di talento negli Stati Uniti. La mostra temporanea (e in parte anche la collezione permanente) presentano opere di artisti americani, o che operano negli Stati Uniti, presenti nella Collezione Maramotti e acquisite al momento della loro prima esposizione dal collezionista Achille Maramotti, fra cui Donald Baechler, Barry x Ball, Huma Bhabha, Michael Craig-Martin, Ann Craven, Matthew Day Jackson, Ellen Gallagher, Jutta Koether, Enoc Perez, Matthew Ritchie, Tom Sachs, Jessica Stockholder, Kelley Walker, Jules de Balincourt. Di quest’ultimo, il giorno precedente (sabato 6 ottobre) sarà inaugurato un progetto realizzato specificamente per la Collezione Maramotti.

Mario Diacono: ha pubblicato Vito Acconci / Dal testo-azione al corpo come testo nel 1975, Verso una nuova iconografia nel 1984, Iconography and Archetypes nel 2010. Dal 1977 fino al 2007 ha avuto gallerie a Bologna, Roma, Boston, New York e nuovamente Boston. Il suo primo libro di poesia, Denomisegninatura, è stato pubblicato nel 1962; il secondo, Mysticficactions (1967) nel 2011; e il suo ultimo r:Esistenza, nel 2008. Vive a lavora a Boston, Massachusetts.

Bob Nickas: critico e curatore indipendente, vive e lavora a New York da quasi trent’anni, durante i quali ha organizzato oltre ottanta mostre. Ha fatto parte del team curatoriale di Aperto alla Biennale di Venezia del 1993 e della Biennale di Lione nel 2003. Dal 2003 al 2006 è stato Curatorial Advisor al P.S.1 Contemporary Art Center di New York. È autore di numerosi libri, tra i quali Painting Abstraction (2009), il primo importante studio sulle recenti innovazioni nella pittura astratta, nonché di numerosi articoli apparsi, tra gli altri, su Artforum, Afterall, Purple.

Artisti in mostra: Matthew Antezzo, Pedro Barbeito, David Bowes, Ann Craven, Andy Cross, Jules de Balincourt, Benjamin Degen, Steve Di Benedetto, David Dupuis, Jason Fox, Wayne Gonzales, Scott Grodesky, Nicky Hoberman, Jacqueline Humphries, Matthew Day Jackson, Jutta Koether, Damian Loeb, Christopher Lucas, Lisa Ruyter, Dana Schutz, John Tremblay, Kelley Walker, Dan Walsh, Kevin Zucker

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Conversazione Mario Diacono / Bob Nickas
Domenica 7 ottobre 2012, ore 11.00
Ingresso libero fino a esaurimento posti (prenotazione consigliata)
Volume
Mario Diacono
Archetypes and Historicity / Painting and Other Radical Forms 1995-2007
Silvana Editoriale (Cinisello Balsamo, Milano), 2012
418 pagine (tra cui 95 illustrazioni a colori). Prezzo di copertina: 35 €

Artisti in collezione permanente trattati nel volume: Donald Baechler, Barry X Ball, Huma Bhabha, Michael Craig-Martin, Karin Davie, Ellen Gallagher, Nicky Hoberman, Fabian Marcaccio, Richard Patterson, Matthew Ritchie, Tom Sachs, James Siena

Immagine: Jules de Balincourt

Ufficio stampa: Collezione Maramotti, +39 349 2529989, ufficiostampa@collezionemaramotti.org

Private view ad invito: 6 ottobre 2012, ore 18.00 alla presenza dell’artista (Jules de Balincourt)

Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66 Reggio Emilia
Visitabile negli orari di apertura della collezione permanente. Giovedì e venerdì 14.30 - 18.30. Sabato e domenica 10.30 - 18.30
Chiuso il 25-26 dicembre 2012 e 1 e 6 gennaio 2013
Ingresso libero

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