Magazzini Criminali
Sassuolo (MO)
piazzale Gazzadi, 4
0536 1844716, 392 4811485

Pasquale Dei sensi, Dario Molinaro, Matteo Beltrami
dal 12/10/2012 al 3/11/2012
su app.

Segnalato da

Magazzini Criminali




 
calendario eventi  :: 




12/10/2012

Pasquale Dei sensi, Dario Molinaro, Matteo Beltrami

Magazzini Criminali, Sassuolo (MO)

De sensi lavora 'impulsivamente', concentrandosi sulle dinamiche del segno; Dario Molinaro disegna favole con uomini e animali; Beltrami popola i suoi lavori con sgargianti esseri-caicature.


comunicato stampa

Dario Molinaro - I have a mysterious tale and cannot speak it

a cura di Chiara Messori

Sovrapposizioni scombinabili, questo mi fa immaginare l’opera di Molinaro, sembra di trovarsi di fronte ad un “ammucchiamento” di livelli, ognuno è disegnato, ognuno racconta qualcosa; tante storie singole che concorrono a formare un’unica favola in cui animali e umani convivono, tra realtà ed immaginazione. Tutto è composto, ordinato pur nella confusione, sembra che questi livelli si possan mettere e togliere a piacere, senza disturbare l’equilibrio formale della composizione. Forte è inoltre la compenetrazione fra dimensioni storiche diverse (i dinosauri preistorici passeggiano con i teen ager dotati di i-pod, a fianco a grossi topi, pantere e automobili sormontate da teschi) eppure niente ci stupisce, niente ci disturba, nel disordine ordinato delle sue composizioni. L‘artista possiede una “fiaba misteriosa di cui non ci può parlare”(I have amisterious tale and cannot speak it)ma ce la può mostrare… Servendosi di più punti di vista egli infatti ignora volutamente le regole prospettiche disegnando più in grande ciò che per lui ha maggior importanza, gli animali in primo luogo... Attraverso il suo “bestiario” l’autore ci pone in relazione con quel momento della storia umana in cui l’uomo ha scoperto che l’animale poteva essere non solo “buono da mangiare”,ma anche e soprattutto “buono da pensare”. Infatti, fin dalla storia antica, educativa in particolare, gli animali sono stati utilizzati come modello di comportamento da seguire; caso esemplare è quello delle favole di Fedro che propongono brevi storie in cui i protagonisti sono solitamente gli animali parlanti, simboli trasparenti di caratteri e atteggiamenti umani. Gli animali “traducono” lo sforzo dell’uomo per decifrare e dominare un destino che gli sfugge, incarnano simboli atti a rivelare i segreti dell’inconscio e a fungere da tramite fra mondo celeste e terreno, unione tra le due dimensioni: materiale e spirituale.

Ed è un’atmosfera senza dubbio “spirituale” e quella che si respira addentrandosi nei disegni a matita e china dell’artista, sorta di diario interiore in cui egli ci palesa i suoi luoghi, regni di silenzio ed estasi assolute composti da architetture che riportano alla mente le incisioni dei Piranesi i cui muri sono però imbrattati dalle bombolette dei writers, oppure ancora interni di case di cui riesce a coglire e ricreare “l’odore” fermando i movimenti dei commensali a tavola. Tratti precisi e dettagli studiati concorrono a delineare paesaggi in cui ritroviamo un gusto per l’illustrazione unito ad una certa “musicalità” compositiva. Quest’ultima è anche testimoniata dalla presenza di scritte che spesso sono frasi tratte da testi letterari o da riflessioni personali che s’intersecano con elementi numerici dal carattere esoterico che ci documentano la sua continua evoluzione. L’artista, passeggiando nelle sue strade, trova lì la sua materia, attinge dal suo reale per restituircene una nuova visione influenzata anche dalla poesia, dalla letteratura e dalla storia dell’arte, motori della sua ricerca quotidiana. Nonostante la saturazione di input che queste opere propongono, alla fin fine ci si rende conto che dentro c’è la realtà dell’artista e del mondo che lo circonda; una realtà restituitaci raccontandoci una favola dai significati oscuri ed intrisa di simboli. Ma se è pur vero che i simboli “rivelano celando e celano rivelando” ,perché si prestano a differenti interpretazioni, alla verità del simbolo si potrebbe applicare il titolo famoso “Così è se vi pare”.
Chiara Messori

----

DO THE RIGHT THING personale di MATTEO BELTRAMI

a cura di Chiara Messori

« Gente mia, gente mia. Cosa posso dirvi? Cosa posso dirvi? Ho visto, ma non ho creduto. Non ho creduto a quello che ho visto. Riusciremo mai a vivere insieme? Insieme riusciremo mai a vivere? » (Mister Señor Love Daddy, dopo la rivolta) Così dice alla radio il disc jockey Mister Señor Love Daddy dopo aver annunciato il decesso del ragazzo, morto per mano di poliziotti bianchi per proteggere un bianco, alla fine del noto film di Spike Lee “Do the right thing”. La pellicola del 1989 è una chiara denuncia sociale, narrata attraverso fatti di violenza realmente accaduti negli stati Uniti (una rivolta ad Harlem avvenuta negli anni quaranta, l'uccisione da parte di otto poliziotti bianchi di un uomo di colore e il cosiddetto Howard Beach Incident-pestaggio da parte di alcuni giovani italoamericani ai danni di tre afroamericani). Dare a questi disegni all’apparenza così colrati e vivaci un titolo così “pesante” induce a molteplici riflessioni, innanzitutti cosa è rappresentato? Chi sono questi esseri-caricature che popolano le opere dell’artista? I personaggi di Beltrami sono vere e proprie icone che si stagliano su fondi interamente campiti di colore e stanno lì, intrisi di significati che ci vengono svelati solo attraverso rimandi di gesti o maschere da loro indossate. Come Kenny Sharf riempiva le sue superfici di personaggi caricaturali, dai colori vivacissimi, così il lavoro dell’autore attinge ai fumetti per la figurazione, ed alla pittura pop per i colori. Egli s’ispira anche alla tradizione storico-artistica raffigurando gli amanti del “Bacio” di Hayez sospesi nel cielo sopra prefabbricati gialli, affiancati da un’altra coppia di fenicotteri rosa colti nello stesso atteggiamento amoroso, ad unirli, oltre alla posa, c’è un improbabile arcobaleno. E ancora il ragazzino con la maglia a righe, la donna con la testa da corvo e l’uomo con la maschera, entrambi in costume riempiono lo spazio attorno ad un’architettura di stampo razionalista, ma dalle finestre colorate.

Le architetture, spesso parte integrante dei quadri, si collocano a metà strada fra la matrice razionalistica ed uno spunto metafisco; sono luoghi improbabili in cui però si rivedono anche i palazzoni delle metropoli contemporanee. La contemporaneità e soprattutto la società odierna sono i temi più cari all’artista; il suo intento è “svelare”; cercar di far aprile gli occhi a chi ancora non vuole vedere o non si vuole accorgere di come le persone possano essere crudeli con loro stesse ma soprattutto con gli altri.

Sono opere sociali nel senso che vogliono rappresentare i condizionamenti a cui tutti noi siamo sottoposti quotidianamente ed il rapporto di forza tra chi detiene il potere e coloro considerati socialmente “i deboli”, costretti e soffocati da ciò che gli sta’ attorno. “Do the right thing” mi piace vederlo come un motto, anzi più che come motto come vera e propria riflessione esistenziale, un pensiero che si svolge e ci avvolge in modo affatto lineare ma che ci cattura; a “rete”, e che ci parla del rapporto uomo-natura mettendo in luce, proprio attraverso questo incontro/scontro, una consapevole e sferzante critica verso la società e il degrado di quest’età contemporanea. E come dice la citazione che compare prima dei titoli di coda del film: « Io non invoco la violenza, ma allo stesso tempo non sono contro il fatto di usare la violenza per difendere se stessi. Io non la chiamo violenza. Se si tratta di autodifesa la chiamo intelligenza. » (Malcolm X)
Chiara Messori

----

Pasquale De sensi

Perfect day

a cura di Chiara Messori

“Just a perfect day you made me forget myself
I thought I was 
someone else, someone good” 

(Solo un giorno perfetto Mi fai dimenticare me stesso Pensavo di essere qualcun altro, qualcuno di buono)


Era così il “giorno perfetto” di Lou Reed nel 1972 quando usciva l’album Transformer di cui questa canzone è diventata simbolo.
Dimenticarci di noi stessi per diventare qualcun altro, qualcuno di migliore, di buono…ma anche semplicemente qualcuno o qualcosa di diverso perché la nostra identità non si fossilizzi, non resti immobile ma divenga fluida, capace di trasformarsi e moltiplicarsi all’infinito per riuscire a comprendere meglio questo nostro mondo, in perenne mutamento. Nelle figurazioni di De Sensi la logica si ritira, la mente cede il passo ad accostamenti dissociativi, a composizioni in bilico tra l’onirico e il reale con uno sguardo maliconico al passato ed alla sua capacità di fascinazione. L’identità dei soggetti viene celata da innesti di forme,macchie di colore, pezzi di collage, proprio allo scopo di lavorare in modo impersonale, quasi automatico. Ogni pezzo concluso ne genera un altro, per ciò anche in “Perfecy day” , opera che dà il titolo alla mostra, il soggetto richiama la simmetria delle icone sacre, ma viene ridotto ad una forma essenziale, disturbata da segni grafici impulsivi. Quello che essa Illustra è un momento di transizione, il passaggio da uno stato ad un altro. La traccia gestuale diretta dell’autore, nel tempo, si è fatta sempre più invasiva, fino a divenire la parte predominante nel processo di costruzione dell'immagine. Quest’ultima evoluzione ha rimandi alle Ubermalungen (pitture sovrapposte) di Arnulf Rainer, ed anche all’opera di Franz Kline per l’energia della gestualtà, anche se Kline amava, come De Sensi, riuscire a “controllare” questa gestualità e dirigerla verso i suoi scopi.

De sensi lavora “impulsivamente”, concentrandosi sulle dinamiche del segno, cercando di ricavare il massimo dell'energia contenuta nel soggetto. Il suo lavoro è sì frutto di un pensiero ma la sua è una riflessione che avviene subito prima o subito dopo il suo operare, mai durante. Egli così acquisisce un metodo per poi riuscirlo a superare ricercando soluzioni diverse per capire come queste possan cambiare il carattere dei suoi lavori. Ciò che riesce a creare è un rapporto intimo con la comunicazione visiva, non si tratta più di stravolgere l’immagine dell’artista con interventi diretti sul suo corpo, come nell’azionismo o nella body art e neanche si vuol cambiare la figurazione tradizionale come nell’astrattismo di Kline, che l’autore comunque riprende.

De sensi pesca dal suo personale archivio che tiene da diversi anni e ne estrae immagini retrò, grafica punk degli anni ’70 e ’80, forme e colori psichedelici dei primi videogiochi; ambienta il tutto in fondi riempiti col collage o “svuotati”, bianchi e asettici, e poi li mischia, ci cola sopra altri colori, interviene graficamente, con tutto il suo entusiasmo, riportandoci una nuova figurazione, creando un “essere” che appartiene al suo tempo. Sono gli esseri che popolano il suo “Idola Park”; un posto aperto, fatto di architetture mobili, dove le immagini si incontrano e creano delle dinamiche fra loro, sempre disposte a mutar di significato per accogliere la crescita del percorso ironico dell’artista che affonda le sue radici in un terreno fertile e pregno di nuovi e non-noti significati e allora… per concludere con le parole del bravo Lou Reed: “ You’re going to reap just what you sow “ (Raccoglierai ciò che hai seminato). Chiara Messori

OPENING
Sabato 13 ottobre dalle ore 18
Sarà presente l’artista

Magazzini Criminali –Associazione Culturale
Piazzale Gazzadi, 4 – Sassuolo (Mo)
Orario di apertura: Sabato e Domenica dalle 16 alle 19 per appuntamento: 392 4811485

IN ARCHIVIO [43]
Max Papeschi
dal 15/11/2013 al 7/12/2013

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede