Artisti che si esprimono attraverso un linguaggio figurativo con esiti molto diversi e che mostrano, paradossalmente proprio attraverso la loro aderenza al vero, la permeabilita' tra realta' e immaginazione.
a cura di Licia Spagnesi
Metafisica del quotidiano
Nel 1937, Salvador Dalí dipinge Le sommeil: una grande testa, sostenuta
in equilibrio precario dalle grucce della realtà. Dietro alle sue
palpebre chiuse si nasconde il regno dell'immaginazione, del sogno. Ci
sono stagioni artistiche che non esauriscono la loro carica innovativa,
ma rimangono paradigma per molte generazioni a venire. Il surrealismo è
una di queste. Con la nascita della psicanalisi, in Europa a partire
dagli anni Venti si configura un vasto movimento di pensiero che
coinvolge le arti e la letteratura. I suoi seguaci scandagliano il
subconscio per dare vita a mondi fantastici, non retti dalla ragione.
Mentre alcuni artisti (Joan Miró, Man Ray, André Masson) perseguono
l'astrazione e sfruttano i meccanismi dell'inconscio e della casualità
per influenzare la struttura formale dei loro lavori, un'altra corrente
sviluppa un immaginario figurativo libero dalle censure della logica e
della ragione, mantenendo però le radici nella pittura tradizionale
(Salvador Dalí, René Magritte, Giorgio de Chirico, Max Ernst).
Non stupisce che molti artisti della scena artistica internazionale
contemporanea sentano di appartenere più al mondo del sogno che alla
realtà: da Neo Rauch a William Kentridge, da Kiki Smith a Wangechi Mutu,
da Robert Gober a Nathalie Djurberg, da Inka Essenhigh a Glenn Brown. La
rivoluzione telematica, i nuovi orizzonti dischiusi da Internet, le
fantasie sempre più realistiche offerte dai videogame, la possibilità di
plasmare l'immagine del reale attraverso Photoshop, l'abitudine a creare
collage con frammenti delle nostre vite sui muri di Facebook, tutto
questo ha cambiato la percezione del reale, assottigliando di fatto i
confini tra vero e fittizio. A questo si aggiungano gli effetti sulla
coscienza collettiva della crisi economica e delle guerre, che rendono
la nostra epoca per molti versi assimilabile a quella del primo
Novecento: un clima di profonda incertezza alimenta il desiderio di fuga
nella dimensione consolatoria del sogno, della fantasia.
David Bowes, Claus Larsen, Antonio Sofianopulo e Claus Vittur: questa
mostra vede riunite alcune delle voci più originali della
contemporaneità, artisti che si esprimono attraverso un linguaggio
figurativo con esiti diversissimi e che mostrano, paradossalmente
proprio attraverso la loro aderenza al vero, la permeabilità tra realtà
e immaginazione. Il surrealismo è per loro una via per liberarsi dai
modi convenzionali di guardare e i loro dipinti funzionano non come
enigmi, ma come batterie che rilasciano lentamente la loro energia.
Continuano a esercitare nel tempo il loro fascino, senza esaurirlo alla
prima occhiata.
La ricerca dell'immagine stupefacente è una sfida che accomuna la
pittura del triestino di origini greche Antonio Sofianopulo (1955) e del
danese ormai di casa a Milano Claus Larsen (Copenhagen, 1954).
Attraverso inconsueti abbinamenti, pur presentando soggetti rassicuranti
tratti dal mondo della natura, i due artisti riescono a rendere estraneo
ciò che è familiare, radicando il sogno nel quotidiano. La disposizione
degli elementi segue logiche mentali, in un'allegra anarchia in cui sono
sovvertite tutte le regole: sotto e sopra, grande e piccolo, giorno e
notte, terra e acqua, terra e aria. Dettagli fuori posto, asimmetrie nei
formati e capricciosi contrasti di scala precipitano la composizione
nell'onirico, come in una tela di Magritte o di de Chirico.
Ad esempio, in un dipinto di Antonio Sofianopulo, nel cielo color
pastello nuotano enormi piovre, i cui tentacoli rimandano ai gambi di
fiori recisi in vaso, anch'essi fluttuanti in cielo; ma ricordano anche
le radici dei cipressi che paiono aver attecchito, chissà come, nelle
nuvole. In un'altra tela, grandi pesci di tutte le specie abbandonano le
acque placide di una laguna per librarsi nella notte rischiarata dalla
luna; sotto di loro alberi e arbusti si fingono alghe. In un altro
lavoro uno stambecco solitario dal manto color arancio come il cielo al
tramonto, osserva pensoso le evoluzioni di uno stormo di uccelli
turchesi: anche lui vorrebbe unirsi al volo, come il favoloso uccello
marino cantato nella lirica del poeta greco Alcmane:
"Non più, fanciulle dal canto soave e d'amabile voce,
non piú le membra mi reggono: oh se cerilo, cerilo fossi
che sul fiore dell'onde con le alcioni trasvola,
placido in cuore, divino uccello colore del mare".
Per Claus Larsen il dipinto è una finestra aperta sull'inconscio, che
offre un'immagine del reale destabilizzante, ma non inquietante. Del
surrealismo l'artista ha infatti preso soprattutto la capacità di
pescare a piene mani dal mondo dell'inconscio. La sua stralunata poetica
ricostruisce la realtà sotto forma di fiaba: l'artista si inserisce nel
filone di una pittura che, attraverso la metafora dell'infanzia, dei
suoi simboli e dei suoi riti, dunque in forma lieve, leggera, talvolta
giocosa, vuole spingere a riflettere sul mondo in cui stiamo vivendo. Le
sue buffe, fantasiose raffigurazioni sono popolate da una fauna irreale
di pinguini, anatre e tucani e da una vegetazione lussureggiante.
Descritti meticolosamente attraverso colori squillanti e contorni
nitidi, i suoi universi bizzarri ci ricordano le stranezze del nostro mondo.
Rifugiarsi in una dimensione di sogno, ignara degli stravolgimenti della
storia, è possibile anche per David Bowes (Boston, 1957), americano di
recente trapiantato a Torino. Con colori brillanti e un tratto rapido e
sensuale, l'artista dipinge paesaggi dai soggetti pastorali e
dall'atmosfera sognante, e nature morte di suggestione metafisica. Belle
"come l'incontro fortuito su un tavolo di dissezione di una macchina da
cucire e di un ombrello" - per usare un'espressione del Conte di
Lautréamont molto amata dai surrealisti - le sue nature morte sono
teatrini su cui sfilano elementi improbabili, stravaganti, spesso di
gusto kitsch. Nelle sue tele può capitare, ad esempio, di entrare in un
cantiere sui generis, dove tra i palazzi in miniatura rivestiti da
impalcature sorgono una mano-polifemo, sul cui palmo si apre un grande
occhio, e un libro altrettanto occhiuto; o di vedere una statuina cinese
accostata a una piccola renna di Babbo Natale e a una scatola decorata
con forme di elefanti africani. Souvenir di terre lontane si incrociano
e si mescolano come le diverse razze nelle strade delle grandi metropoli
contemporanee. I soggetti delle sue vite silenti si animano, raccontano
storie, parlano delle persone cui appartengono o cui sono appartenuti. I
quadri diventano una sorta di diario cifrato, ma non ermetico: la sfida
è creare un quadro che stuzzichi la curiosità dello spettatore e liberi
il significato nel tempo.
Atmosfera magica ed enigmatica anche nella pittura di paesaggio e negli
interni di Claus Vittur (Brunico, 1967). L'artista altoatesino
rappresenta la vita usando il suo contrario, il silenzio, la quiete, la
sospensione temporale che è l'incanto di molti suoi quadri. Come nella
pittura di Edward Hopper, investe oggetti e spazi di una forte carica
simbolica, oggettivando sulla tela stati d'animo, sensazioni, impulsi
inconsci. Partendo da fotografie e immagini rubate a internet, Vittur
procede per sottrazione, modificando la messa a fuoco e la prospettiva e
smorzando i colori, fino a trovare l'ossatura del soggetto. I suoi
interni, i suoi paesaggi sono luoghi sconosciuti, deserti, desolati,
solitari, freddi, sintesi del mistero silenzioso che dietro la natura si
cela. L'ambientazione è indeterminata, il dipinto non rappresenta la
natura, ma la evoca, lasciando alla fantasia dello spettatore la
possibilità di immaginare personaggi e situazioni per questi teatri
della solitudine. L'intento è quello di invitare lo spettatore a
proiettare sull'opera la propria soggettività, così che l'immaginazione
di chi dipinge e di chi guarda si possano incontrare.
Licia Spagnesi
Inaugurazione: 20 Ottobre ore 18
Duetart Gallery
Vicolo Santa Chiara, 4-Varese
mar-sab 15.30-19.30
Ingresso gratuito