A12
Alessandra Ariatti
Micol Assael
Anna De Manincor
Diego Perrone
Patrick Tuttofuoco
Massimiliano Gioni
Realizzata da A12, a cura di Massimiliano Gioni. Un territorio attraversato da tensioni opposte, uno spazio di confronto e una piattaforma di dialogo nel quale sperimentare una nuova immagine dell'arte contemporanea italiana. Progettato dagli architetti A12, che da tempo lavorano sul confine tra arte e architettura, La Zona e' sia installazione sia spazio espositivo, contenitore e contenuto: un edificio temporaneo che si apre a ospitare le ricerche dei giovani artisti italiani. Gli artisti invitati: Alessandra Ariatti, Micol Assael, Anna De Manincor-ZimmerFrei, Diego Perrone e Patrick Tuttofuoco.
The Zone
Giardini della Biennale
realizzata da A12
a cura di Massimiliano Gioni
LA ZONA è un territorio attraversato da tensioni opposte, uno spazio di confronto e una piattaforma di dialogo nel quale sperimentare una nuova immagine dell'arte contemporanea italiana.
Nato dall'iniziativa del direttore delle arti visive, Francesco Bonami, che ne ha affidato la realizzazione al gruppo di architetti A12 e la supervisione al curatore Massimiliano Gioni, LA ZONA è innanzitutto un nuovo spazio per l'arte italiana. Progettato dagli architetti A12, che da tempo lavorano sul confine tra arte e architettura, LA ZONA è sia installazione sia spazio espositivo, contenitore e contenuto: un edificio temporaneo che si apre a ospitare le ricerche dei giovani artisti italiani.
Posizionato nello spazio aperto di fronte al Padiglione Americano e alle spalle della libreria di Stirling, LA ZONA è una costruzione effimera, che non altera il tessuto originale dei Giardini, pur misurandosi con gli esempi architettonici che lo circondano. Al contempo piazza e punto di passaggio, territorio dai confini precisi ma anche spazio aperto e attraversabile, l'architettura progettata dal gruppo A12 può essere letta come una metafora del ruolo che l'Italia ha svolto sia nella storia europea sia, più specificatamente, nell'avventura Biennale - un catalizzatore di identità diverse, una città nella quale si affacciano nazioni distanti, accomunate dal linguaggio dell'arte contemporanea.
Il carattere temporaneo dell'edificio rispecchia una nuova visione dell'identità nazionale: mentre l'Unione Europea, i movimenti migratori e la fine della Guerra Fredda hanno tracciato nuovi confini tra i paesi, la geografia dei Giardini è rimasta insensibile ai cambiamenti. I padiglioni nazionali ancora conservano un'impostazione ottocentesca dello stato-nazione, il cui ruolo rimane prevalentemente celebrativo e diplomatico. Imponenti come castelli e monumentali come ambasciate, i padiglioni dei Giardini sono istituzioni che confermano e sanciscono l'identità nazionale, di rado la rimettono in discussione.
LA ZONA, invece, delimita un luogo di partecipazione: una geografia da costruire, piuttosto che da celebrare - un'identità mobile, fai da te.
Anche la scelta degli artisti invitati riflette un'idea flessibile dell'arte contemporanea e della cultura del nostro paese. Piuttosto che affidarsi a unico artista, come è consuetudine nei padiglioni stranieri, LA ZONA è sia uno spaccato dell'arte italiana di oggi, sia un osservatorio dal quale seguire le trasformazioni che investono la società italiana.
Mescolando lavori che parlano una molteplicità di linguaggi, LA ZONA amplifica i segnali di una generazione di artisti cresciuta in Italia ma con le antenne satellitari puntate sull'Europa e sul mondo, per creare nuove connessioni tra luoghi fisici e mentali. Una generazione instabile, per scelta o per forza, che in tasca - tra euro e telefoni cellulari - si porta anche il ricordo di una tradizione antica, di un gesto scaramantico o di una frase in dialetto, mentre cerca una nuova collocazione per il bagaglio della storia, sottoposta alle accelerazioni improvvise del presente. LA ZONA diventa così un territorio inquieto, ricco di temporalità e stratificazioni diverse: un paesaggio che è al contempo foresta, radice, casa, strada, fabbrica e labirinto. Un paesaggio rumoroso e caotico, ma anche lento e distante, che preserva le differenze e acuisce le contraddizioni del nostro presente.
Tutti gli artisti invitati - Alessandra Ariatti, Micol Assael, Anna De Manincor-ZimmerFrei, Diego Perrone e Patrick Tuttofuoco - sono alla prima apparizione alla Biennale di Venezia.
Cresciuta quasi in totale isolamento, l'opera di Alessandra Ariatti (1968, Reggio Emilia) getta le radici in una tradizione impastata di realismo magico, coltivata nelle campagne dell'Emilia Romagna. Frutto di una disciplina maniacale, i dipinti di Alessandra Ariatti sembrano nati all'incrocio tra la solitudine di Giorgio Morandi e la precisione iper-realistica della pittura di oggi. Anziani, amici e parenti sfilano in questi ritratti di precisione glaciale: l'album di famiglia di una nazione a crescita zero. Voci lontane, sempre presenti.
Gli spazi immaginati da Micol Assael (1979, Roma) sono ambienti spogli, a volte gelidi, ostili. Paesaggi vuoti nei quali campeggiano oggetti domestici circondati da scariche magnetiche, trasformatori, lampi. Campi di forza e linee di tensione che trasformano la percezione dello spazio, sottoponendola a una sottile violenza fisica e psicologica. Al contempo intime e distanti, le stanze e le installazioni di Micol Assaël sono mappe per viaggi mentali tra paesaggi siderali e geografie immaginarie.
La ricerca di Anna de Manincor (1974, Bologna) e del collettivo ZimmerFrei si articola in un'analisi critica dei generi dello spettacolo, dal teatro alla danza, dal cinema alla radio. Narrazioni che procedono per scarti, frammenti e digressioni, i video di Anna De Manincor e di Zimmerfrei sono partiture per drammi scarni, ruvidi e aggressivi.
L'opera di Diego Perrone (1970, Asti) si nutre di atmosfere sospese, di presagi e minacce. Sovrapponendo i paesaggi dell'Italia rurale alla memoria dell'arte povera, accostando i silenzi del cinema russo alla violenza degli horror, le fotografie e i video di Diego Perrone danno forma a creature paralizzate in rituali incomprensibili: vecchi che trascinano corna di animali esotici, coppie dedite ad aggressioni efferate, bambini intrappolati in assurdi esercizi di sopraffazione. Comparse di un nuovo medioevo, i personaggi di Perrone vivono in un mondo regolato da leggi spietate e imperscrutabili.
L'universo di Patrick Tuttofuoco (1974, Milano) è una bolla di plastica scintillante, che assume forme hi-tech per poi sfasciarsi in costruzioni precarie. Mescolando seduzioni che provengono dal design, dall'architettura e dalla cultura pop, Tuttofuoco lavora alla creazione di strutture intricate che combinano il sogno di un mondo tecnologico con la foga bislacca di un branco di eterni adolescenti inquieti. Le installazioni di Tuttofuoco sono protuberanze cresciute sotto la spinta di energie incontrollate: proiezioni di desideri e frustrazioni, che tradiscono una radicale insoddisfazione nei confronti della realtà .
Collettivo di architetti nato a Genova nel 1993, e attivo tra Genova e Milano, il Gruppo A12 lavora attorno ai temi dell'architettura, dell'urbanistica e dell'arte contemporanea con strumenti e modalità espressive sempre diverse, affiancando alla progettazione architettonica e urbana, attività didattiche e di ricerca. Composto da Nicoletta Artuso, Andrea Balestrero, Gianandrea Barreca, Antonella Bruzzese, Maddalena De Ferrari, Fabrizio Gallanti, Massimiliano Marchica, il Gruppo A12 è un'entità flessibile che utilizza l'architettura come un linguaggio aperto, poroso, capace di invischiarsi in una molteplicità di contesti e scenari.
La Zona
Gruppo A12
Nicoletta Artuso, Andrea Balestrero, Gianandrea Barreca, Antonella Bruzzese, Maddalena De Ferrari, Fabrizio Gallanti, Massimiliano Marchica,
Alessandra Ariatti
1974, Reggio Emilia.
Micol Assael,
1979, Roma
Anna De Manincor - ZimmerFrei,
1974, Bologna
Diego Perrone
1970, Asti
Patrick Tuttofuoco
1974, Milano
Giardini della Biennale
Venezia
Nell'immagine: Patrick Tuttofuoco
Progetto per Brazil, 2003,Rendering.