"Tutti i soggetti raffigurati sono impregnati di un limite della conoscenza al punto che le forme, elaborate in digitale, diventano relitti sospesi della sua storia immaginata".
Testo di Manuela Vannozzi
Una storia raccontata per immagini, ogni quadro può avere la funzione di un capitolo che si connette a l'altro, con logica e coerenza. Ora l’impressione che si ha di fronte ai quadri di Luciano Fastelli assomiglia molto all'impressione del silenzio che sovrasta le cose e dell’attesa che ne consegue.
Fastelli nasce a Roma e si forma sia culturalmente che artisticamente sulla scena internazionale. Sin dalla sua infanzia, comincia a respirare l’aria delle “Arti pittoriche” affiancandosi a Pierluigi Cesarini, il quale a sua volta era stato l’allievo del grande Maestro Giorgio De Chirico (Volos, luglio 1888 – Roma, novembre 1978).
Iniziando una carriera artistica legata al mondo della pittura, Fastelli dopo svariati anni, si cimenta e si appassiona alla pittura digitale, soddisfacendo e colmando così la sua bramosia di conoscenza verso nuovi orizzonti stilistici.
Tormentato tra la seduzione di una rappresentazione legata al terreno e un’anima in bilico tra un luogo immaginario fatto di incertezza divina, sceglie i suoi temi, come momenti di una storia che non ha trama e che ricostruisce dai magazzini della memoria. Asseconda la natura delle cose e la altera con la tecnica dell’elaborazione digitale, ne modifica la resa finale elegantemente mistificata tramite i pixel, conferendo loro una particolare dignità estetica.
C’è in lui e nelle sue rappresentazioni il senso di un’avventura attraverso lo spazio e il tempo che ha. In realtà la sua spinta iniziale è quella della preoccupazione inerente al verismo, passione e sentimento apprezzato e temuto nello stesso tempo. Non si tratta della solita storia del contatto tra naturalismo ed astrazione, presente in molti e scontato dal dopoguerra ad oggi per chiunque si ponga a fare pittura.
Fastelli, più che altro, pensa alle conseguenze che un’arte, orientata verso la rappresentazione di qualunque cosa possa essere chiamata “vero”, trascina con se. Il "vero" a cui pensa è la verità della visione, secondo un orientamento ideologico che sublima la forma e al contempo si diversifica con un filone pittorico legato al Surrealismo o alla Metafisica.
La sua rielaborazione digitale delle immagini, appare chiara sulla meditazione e sulle idee figurative primigenie, tra cui spicca, attraverso il suo mondo immaginario, l’isola felice a cui l’artista si aggrappa come luogo fantastico di nuova scoperta, dove l’idea dell’immagine prescinde l’immagine stessa.
Gli approdi negli Universi lontani senza tempo, nei quadri di Fastelli, non sono altro che “vere” realtà distorte, sono luoghi dell’immaginazione dove è possibile scendere nel profondo delle cose. Luciano Fastelli, ha bisogno di uno spazio indagatore, deve pensare sulla larga concezione del suo veduto perché è grande la volontà del suo pensiero.
Sembra implicito il suggerimento espresso delle sue immagini, ed è l’idea dell’ “andare oltre”, superando ogni concezione del veduto e del visibile, come se il mistero (ma di mistero dinamico, in movimento nella forma del quadro stesso) contenesse una specie di quintessenza che rifugge da qualunque inquadramento in una didascalia o in una spiegazione.
Fastelli, in alcune sue opere intitolate “Oblio liquido” (60x90cm, stampa a getto d’inchiostro, anno 2010), “Graffiti di vita in un futuribile virtuale” (100x70cm, stampa a getto d’inchiostro, anno 2011), sa dove fermarsi e lo lascia ben intendere all’osservatore. Qui il fine, è un’idea della contemplazione che sembra fatta di paesaggi annegati nell’oblio di colori forti e lucenti, questi nuovi mondi inesplorati potrebbero essere il deserto oppure un pianeta lontano, scrutato in avvicinamento.
Tutti i soggetti raffigurati dall’artista sono impregnati di un limite della conoscenza al punto che le forme, da lui elaborate in digitale, separate da un loro possibile e remoto utilizzo, divengano relitti sospesi della sua storia immaginata.
La vita dei suoi molteplici universi, veri ed evidenti ma incomprensibili come in un libro di fantascienza (e tanto più veri appunto perché incomprensibili e lontani), hanno senso solo se contemplati come un trampolino di lancio alla meditazione.
Fastelli, concepisce lo spazio in generale ed in particolare in alcune sue opere intitolate “…E il Verbo si fece Uomo” (70x50cm, stampa a getto d’inchiostro, anno 2009) e in “Ecce Ancilla Domini” (70x50cm, stampa a getto d’inchiostro, anno 2008), come una funzione trascendentale della psiche, rispecchiandosi in quella teoria Kantiana di spazio-forma, nel quale un determinato soggetto figurativo, pur essendo determinato dalla mente, non può essere pensato in sé, in astratto, ma solo concretizzato in qualche possibile forma. Così l’artista romano, nel tentativo di raggiungere una dimensione legata all’astrattismo attraverso la rielaborazione digitale, riesce a descrivere uno spazio a priori prima di essere articolato in forme o in oggetti attraverso la radicale negazione del mimetismo.
L’apertura alle arti visive applicate alla non-figuratività, ha significato per Fastelli un enorme ampliamento dei confini della pittura, non più imitazione del mondo, ma libera rappresentazione dell’immaginario.
Nelle opere intitolate “Fantasmi della Coscienza” (78,5x54cm, stampa a getto d’inchiostro, anno 2010) e “Parossismo sensoriale” (80x60cm, stampa a getto d’inchiostro, anno 2012), la perdita del tradizionale rapporto tra immagine pittorica e realtà è così evidente, che si nota come il “reale” per Luciano Fastelli sia semplificato in maniera così profonda, tanto da non riconoscerne più la fonte originaria d’ispirazione. Mentre la rappresentazione di puri soggetti fantastici, come pure produzioni autonome della psiche e del tutto indipendenti dal mondo naturale, assumono involontariamente una “forma” che non è più generata dalla sensazione visiva ricevuta dal mondo esterno, ma dalla sua stessa volontà interiore.
Svincolato da ogni funzione rappresentativa, Fastelli, attraverso il segno delle sue rielaborazioni digitali, rende vive le sue creazioni, dove le forme e le linee che si divincolano l’un l’altra, creano rapporti emotivi puramente onirici e simbolici.
Anche il colore contenuto nelle superfici e nelle immagini, non descrive più alcunché di naturale, esso materializza lo spazio in toni brillanti e fluorescenti, dal quale attraverso di esso l’artista raggiunge uno “spazio-luogo” che non è un ambiente riempibile da qualsivoglia materia, ma è una struttura dinamica e diversificata, disomogenea e differenziata al suo interno, al contempo capace di scegliere, condizionare e influire sui corpi che contiene.
Fastelli varca la soglia e va oltre, supera la concezione del dipinto e approda nella pittura digitale trasformando i suoi soggetti in simulacri possenti, meri simboli del tempo.
Il tutto è contemplato e accuratamente studiato dal maestro con quella specie di amore universale verso le cose, anche infime, che può fare dell’arte un’attività veramente degna e grata alla meditazione e alla fantasia di ciascuno.
Inagurazione 9 Novembre alle ore 19:30
Galleria Il collezionista
Via Rasella 132 - Roma
Apertura al pubblico: 10:00/12:30-16:30/19:00 (chiuso sabato e festivi)