Una carrellata fotografica arricchita da manifesti originali per rievocare quel "feeling magico" che lega il jazz a Bologna. La mostra, dedicata a Massimo Mutti, e' anche arricchita dalla proiezione del documentario "My main man".
In occasione della settima edizione del Bologna Jazz Festival, per il
ciclo Jazz at the museum inaugura a Palazzo Pepoli. Museo della Storia di
Bologna, mercoledì 14 novembre 2012 a partire dalle ore 18.30, la mostra
Faces & Places. Uomini e luoghi del jazz a Bologna - un'inedita carrellata
fotografica arricchita di manifesti originali a ricomporre quel feeling
magico che lega il jazz a Bologna - seguita, in esclusiva, dal solo
recital di Franco D'Andrea, il racconto in musica di uno dei massimi
protagonisti del jazz italiano, dagli esordi a Bologna fino ai più
prestigiosi palcoscenici del mondo.In occasione della settima edizione del Bologna Jazz Festival, per il
ciclo Jazz at the museum inaugura a Palazzo Pepoli. Museo della Storia di
Bologna, mercoledì 14 novembre 2012 a partire dalle ore 18.30, la mostra
Faces & Places. Uomini e luoghi del jazz a Bologna - un'inedita carrellata
fotografica arricchita di manifesti originali a ricomporre quel feeling
magico che lega il jazz a Bologna - seguita, in esclusiva, dal solo
recital di Franco D'Andrea, il racconto in musica di uno dei massimi
protagonisti del jazz italiano, dagli esordi a Bologna fino ai più
prestigiosi palcoscenici del mondo.In occasione della settima edizione del Bologna Jazz Festival, per il
ciclo Jazz at the museum inaugura a Palazzo Pepoli. Museo della Storia di
Bologna, mercoledì 14 novembre 2012 a partire dalle ore 18.30, la mostra
Faces & Places. Uomini e luoghi del jazz a Bologna - un'inedita carrellata
fotografica arricchita di manifesti originali a ricomporre quel feeling
magico che lega il jazz a Bologna - seguita, in esclusiva, dal solo
recital di Franco D'Andrea, il racconto in musica di uno dei massimi
protagonisti del jazz italiano, dagli esordi a Bologna fino ai più
prestigiosi palcoscenici del mondo.
Bologna si è imposta fin dal dopoguerra come una delle capitali del jazz
europeo. È complesso in poche righe definire l'alchimia che ha generato
nel territorio felsineo un interesse così spiccato per il linguaggio
musicale afroamericano. Il punto di partenza è stato senza dubbio il
fertile ambiente culturale universitario, ma la diffusione del jazz a
Bologna è imputabile soprattutto al lavoro dei tanti e appassionati
promotori che negli anni, con il contributo delle istituzioni e di partner
privati, hanno promosso con competenza - e forse anche con la giusta dose
di incoscienza - una straordinaria quantità di concerti e rassegne, sempre
connotate da una eccezionale qualità artistica. Il concetto di jazz
festival ha preso forma proprio tra le mura di Bologna, per poi essere
esportato in tutta Italia: l'origine stessa di Umbria Jazz è legata a
doppia corda con l'esperienza jazzistica bolognese.
Tanti sono i celebri musicisti statunitensi ed europei che hanno deciso di
trascorrere periodi più o meno lunghi sotto le due torri, altrettanti sono
i musicisti che partendo da Bologna hanno mosso i primi passi per
costruire le loro prestigiose carriere. Tanti i locali, i circoli, i
teatri e le sale civiche che hanno respirato e continuano a respirare a
tempo di swing. Questa inedita carrellata di volti e di luoghi, arricchiti
dai manifesti originali dei numerosi festival organizzati dalla fine degli
anni Sessanta ad oggi, ricompone con efficacia e immediatezza quel feeling
magico che lega il jazz alla città.
La mostra è impreziosita dalla proiezione del documentario My main man.
Appunti per un film sul jazz a Bologna con il quale il regista Germano
Maccioni - attraverso l'uso di un ricco materiale di archivio e
testimonianze di musicisti e organizzatori - restituisce ai visitatori
un'ulteriore occasione di approfondimento.
Si ringraziano per la generosa concessione del materiale espositivo Gigi
Cremonini, Federico Mutti, Eurialo Puglisi, Achille Serrao, l'associazione
culturale Bottega Bologna e tutti coloro che in maniera più o meno diretta
hanno contribuito a scrivere questa meravigliosa storia.
Faces & Places è dedicata a Massimo Mutti.
Bologna Jazz Festival
Introduzione alla musica e all'arte di Franco D'Andrea
Franco D'Andrea è un musicista che non ha bisogno di presentazioni. La sua
storia artistica è talmente ricca, intensa, coerente, che enumerare tutte
le sue collaborazioni, i suoi incontri, le opere significative non avrebbe
senso, se non in una pubblicazione allargata, che prendesse in esame con
serietà e precisione questa carriera formidabile nella sua totalità.
D'altra parte, per condensare in pochi tratti e in modo significativo il
suo temperamento, la sua originalità, la sua coerenza, ci vorrebbero forse
le parole di un poeta. Certo, un poeta che non usasse termini altisonanti
e astrusi, ma che parlasse il linguaggio della quotidianità disadorna,
ricca di senso, come hanno fatto i nostri migliori poeti. E come fa Franco
quando si esprime con il proprio strumento, sempre alla ricerca della
poesia più asciutta, scarnificata, ma profondamente vera, scaturita da un
linguaggio che sta mirabilmente sospeso tra la quotidianità e il
soprannaturale. Un linguaggio radicato nella tradizione della musica
afroamericana, a tal punto che spesso non è facile seguirlo fino in fondo
nei dettagli delle sue divagazioni ritmiche, dei suoi insistenti riff,
delle citazioni, che sono sempre appropriazioni alla ricerca di
un'autenticità. Il suo lavoro reclama dunque frequentazione, confidenza,
attenzione, disposizione alla scoperta e allo stupore.
Sono gli stessi atteggiamenti che lui stesso rivolge alla musica, in primo
luogo a quella degli altri, che pochi sanno ascoltare con tale acume. E
naturalmente alla sua, svezzata al contatto con Nunzio Rotondo nella Roma
degli anni Sessanta e poi folgorata dall'incontro con Gato Barbieri, che
per primo gli fa conoscere le possibilità della creazione libera e
dirompente. Lo coinvolge in avventure formidabili, come quella in cui
viene registrata la colonna sonora di Ultimo tango a Parigi.
Il periodo sperimentale, scaturito nel lavoro del Modern Art Trio insieme
a Franco Tonani e Bruno Tommaso, è stato ingiustamente rimosso, perché
troppo in anticipo sui tempi. Ma lo si ritrova, maturato e consapevolmente
strutturato, nelle pieghe del lavoro di oggi: nell'audace ricerca del
quartetto con Andrea Ayassot, Aldo Mella e Alex Rolle (cui ora è
subentrato Zeno De Rossi), nelle esplorazioni di Eleven, nelle poderose
riflessioni in solo, dove la sintesi è a tutto campo, e affronta le vette
eccelse di Ellington, Tatum, Monk, trovando il punto di intesa con il
proprio linguaggio. In tutti questi ultimi lavori si trova una tensione
continua e dialettica tra innovazione e tradizione, tra Africa e
Occidente. La si trova ancora approfondita e rivitalizzata nei recenti
trii: quelli atipici con tromba e trombone (Fabrizio Bosso e Gianluca
Petrella), con due contrabbassi (Ares Tavolazzi e Massimo Moriconi) e
quello classico con Massimo Manzi e ancora Tavolazzi, che trova un modo
geniale di visitare la storia del jazz senza doversi allineare né a Bill
Evans, né a Herbie Hancock, né a Bud Powell.
Giuseppe Segala
Piano Solo
Into the Mystery
ll piano solo rappresenta nel jazz una delle occasioni più adatte per
ricercare, improvvisando, nuove combinazioni musicali, con esiti
imprevedibili. In genere il musicista ha molti tasselli del mosaico
pronti. Nel mio caso possono essere composizioni originali o anche brani
dei miei autori preferiti (Kid Ory, George Gershwin, Duke Ellington, Billy
Strayhorn, Thelonious Monk, Lennie Tristano, John Coltrane) col profumo
che le varie ere del jazz a cui appartengono portano ancora oggi con sé.
Ma la trama finale è tutta da inventare, il racconto che ogni sera si
dipana sul palcoscenico sarà sempre diverso. Inoltre qualche volta
suonando può venire alla luce un elemento musicale nuovo, non conosciuto,
di cui non sono chiare le implicazioni. Accettare il confronto con questo
nuovo elemento significa, in un certo modo, aprirsi un varco verso il
mistero..."into the mystery".
Franco D'Andrea
Inaugurazione: 14 Novembre ore 18.30
Palazzo Pepoli Vecchio - Museo della storia di Bologna
Via Castiglione, 8- Bologna
Orario: mar-dom 10-19
Ingresso gratuito