Im-permanenza, mujo. Nelle sue tele, attraverso il contrasto tra la sagomatura, i tagli, le interruzioni e l'evidente tensione pittorica che si svolge nervosa sulla trama, si esprime l'idea del flusso e il divenire stesso.
“Ogni cosa esistente è impermanente”.“Qualsiasi cosa è, sarà, era”.
Queste asserzioni esprimono in maniera incontrovertibile lo spirito di Mujō ovvero dell’Impermanenza. Troviamo traccia della dottrina dell’Impermanenza nello Shōbgōenzō e in altri testi i del XIII secolo ascrivibili al monaco giapponese Dōgen Kigen (1200-1253); lo Zen deriva dalla tradizione Chan cinese che a sua volta si rifà alla consuetudine indiana e si sviluppa in Giappone intorno al IX secolo sebbene il Buddhismo avesse già raggiunto l’arcipelago in epoca precedente.
Nella dottrina canonica Buddhista l’ esistenza dell’uomo si dipana intorno a tre aspetti fondamentali:
L’impermanenza o continuo divenire, la sofferenza o insoddisfacibilità delle cose legate al mondo, il Non sé o insostanzialità della personalità.
La personale che dal 21 Novembre 2012 si terrà negli spazi della Galleria Paraventi Giapponesi- Galleria Nobili è una riflessione puntuale su questo aspetto fondante del Buddhismo. La consapevolezza di Mujō anima i lavori di Tetsuro Shimizu; il nucleo di opere presentate è stato studiato appositamente per l’occasione di questa mostra e concepito tenendo conto degli spazi in maniera specifica ma non vincolante. Il rapporto tra l’opera e lo spazio circostante, sia esso la parete che la accoglie o il vuoto che la circonda, risponde a delle attitudini squisitamente orientali; lo spettatore si sente compreso in quel che i giapponesi chiamano Ma. Parafrasando Giancarlo Calza il Ma è “un periodo, un intervallo di spazio e di tempo; una posizione, una distanza, un vuoto”. Esiste un Ma della vita quotidiana, dello sport e dell’arte. Il Ma artistico dipende strettamente dal Ma religioso; esso irrompe nella quotidianità e nel senso comune stravolgendo ciò a cui siamo usi: la simmetria e la perfezione.
Nelle tele di Shimizu, attraverso il contrasto tra la sagomatura, i tagli, le interruzioni e l’evidente tensione pittorica che si svolge nervosa sulla trama, si esprime il flusso, il divenire stesso; esso non si conclude sulla tela ma si espande al di fuori di essa modificando la circostanza di partenza; in questo senso si può dire che le opere proposte da Shimizu non siano state pensate con un intento site-specific: esse sono in grado di far scaturire l’interruzione dello spazio- tempo laddove vengano ubicate. L’osservazione attraverso il Ma si fa esperienza per lo spettatore; l’interruzione del tempo quotidiano che ne deriva permette il riconoscimento e l’adesione da parte di chi guarda al flusso evolvente di Mujō. Il procedimento pittorico di Shimizu si è orientato su un intervento simultaneo che coinvolgesse tutti i pezzi in modo che anche una sola pennellata determinasse riflessi sensibili su tutte le tele coinvolte, registrando la comunione dell’atto creativo col concetto stesso di Impermanenza e contemporaneamente creando un’apparente contraddizione nella creazione di oggetti che permangono fisicamente come opere ubicate nello spazio. Non c’è da parte dell’artista, come si può intuire, la ricerca di una certa piacevolezza estetica facilitata dal ricorso a colori accesi ma al contrario l’inasprirsi talvolta violento della tavolozza negli esempi dei giallo-verdi acidi o dei viola-blu lividi, rimanda di continuo alle dottrine dell’incompletezza, dell’imperfezione e dell’asimmetria e più in particolare a Yojō, il sovrappiù del sentimento. Esso è perpetrato attraverso la presenza di vuoti palpabili lasciati volutamente insoluti da Tetsuro. L’incompletezza genera quindi dinamismo attraverso rapporti evocativi.
Conferenza sul tema Mujo a cura di Rossella Marangoni, Gennaio 2013 ore 18.00
Paraventi Giapponesi - Galleria Nobili
via Marsala, 4 - Milano
lun 15-19, mart e sab 11-13 e 14-19