Redazione Musei Comune di Genova
Le opere di Tadiello nascono dalla manipolazione di oggetti di uso comune trasformati in macchine utopiche. In 'High Gospel' l'artista presenta una serie di nuovi disegni e grandi sculture sonore. Mendez Blake propone in 'Tutti i libri di Calvino (e altre storie)' un intervento di 'attivismo letterario' che coinvolge le biblioteche in quanto istituzioni pubbliche della conoscenza.
a cura di Ilaria Bonacossa
High Gospel rivela una profonda ossessione per la Natura e uno sguardo sempre radicato e volto ai suoi funzionamenti.
Il titolo della mostra nasce dall’accostarsi di due universi differenti. _ Nelle parole dell’artista, "High sta per alto, intenso, elevato, acuto; Gospel, usato come termine tecnico musicale, traccia un credo. È una coralità di pensieri, di suggestioni, di temperature che si sono addensate e condensate, aggregate intorno a grumi ferrosi, trazioni e rotolamenti. High Gospel è una linea che scorre molto in alto; uno skyline dolomitico. Ha qualcosa della musica celestiale, del salmo, e gioca in dialettica con l’energia tellurica che accomuna i lavori".
È interessante il fatto che, benché Alberto Tadiello sia nato nel 1983, i meccanismi e i materiali industriali al centro del suo linguaggio non siano fantascientifiche mostruosità digitali, ma al contrario si compongano di agglomerati elettromeccanici, di chilometri di cavi elettrici, di sistemi audio e scarti di metallo. Diventa importante il fatto che queste installazioni non siano il frutto di un processo di produzione semi-industriale, ma vengano create in prima persona dall’artista attraverso ore di lavoro in cui taglia, piega, monta e salda materiali diversi.
Questo è insolito visto che Tadiello fa parte di una generazione cresciuta nell’era post-digitale, in cui le macchine non sono più il prolungamento del sistema muscolare, ma del sistema nervoso, dematerializzando la percezione dei limiti del corpo e offrendo la possibilità di vivere sospesi fuori dal tempo e dallo spazio.
Erede della tradizione "poverista" nell’uso dei materiali e nel rapporto tattile, e non solo concettuale, con gli oggetti di cui si appropria, Alberto Tadiello crea sculture classiche nel loro uso dello spazio, vitali nella loro capacità di catturare energia e inquietanti nell’infiltrarsi fino a sotto la pelle di chi sta loro di fronte.
Alberto Tadiello è un artista che attraverso installazioni ambientali, sculture e disegni indaga il rapporto con lo spazio e con il tempo, analizzando le relazioni tra dimensioni sonore e visive.
Le sue opere nascono dalla manipolazione ingegneristico-poetica di materiali d’uso comune trasformati in macchinari utopici che, attraverso il loro funzionamento dis-funzionale, sembrano prendere vita. Esordisce nel 2005 rielaborando le frequenze sonore delle maree veneziane in una partitura musicale astratta e ipnotica; nel 2008 crea una scultura minimale a parete di piccoli carillon motorizzati la cui accelerazione, oltre a consumarli entropicamente, trasforma le loro melodie in una stridente cacofonia ambientale; nel 2009, montando insieme un trapano con un compasso e una biro, realizza uno strumento per disegni frattali che paiono catturare la casualità programmata del moto delle particelle; nel 2011 ordina all’interno di alcune campane di mdf una fioritura di campanelli quasi a ridisegnare la configurazione elettronica di un atomo e a diffondere nello spazio una vigorosa radiazione sonora.
A Genova l’artista presenta una serie di nuovi lavori creati in dialogo con gli spazi classici della villa.
Installazioni sonore, grandi sculture, disegni, cingoli prigionieri della loro inutile arcaicità meccanica, sembrano manifestare una forma di luddismo al contrario. Esemplare è Tarantolata, una grande scultura rotante composta da una betoniera portatile e da una raggiera di stecche metalliche e liste di mdf, che girando si trasforma in un cardo ferroso che avvolge e risucchia lo spazio circostante. La bellezza e la brutalità di questa scultura ipnotizza attraverso una sorta di contrazione spaziale. Similmente, le due installazioni sonore realizzate attraverso la rielaborazione digitale di alcune campionature audio modificate, torturate, capovolte e rallentate dall’artista, danno vita a esperienze sonore magnetiche e avvolgenti, insistenti e incombenti in cui il suono diventa scultoreo e tridimensionale. Le due serie di disegni sembrano esperimenti per il rilascio di forza pura, tracce di un segno feroce, buchi neri composti dall’ostinazione compositiva dei loro molteplici strati. I lavori presentati in mostra sono degli organismi attivi, che inesorabili, minacciosi e stridenti, restano prigionieri di processi inutili che li trasformano in enigmatiche presenze che girano, muovono, suonano, disegnano o tagliano cariche di melanconica energia.
Alberto Tadiello (Montecchio Maggiore, Vicenza, 1983) laureato all’Università IUAV di Venezia nel 2007, ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero tra cui:
- "T2 –Triennale Torino. 50 lune di Saturno", Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, 2008;
- "X Initiative", New York, 2009;
- "Science versus Fiction", Bétonsalon Centre d’art et de recherche, Parigi, 2009;
- "SI - Sindrome italiana", Le Magasin, Centre National d’Art Contemporain de Grenoble, Grenoble, 2010;
- "Italian Art To Be Listened To", NCCA, Mosca, 2011;
- "Experimental Station", CA2M, Centro de Arte Dos de Mayo, Madrid, 2011;
- "Terre Vulnerabili", Hangar Bicocca, Milano, 2011;
- "Sound art. Sound as a Medium of Art", ZKM Centre for Art and Media, Karlsruhe, 2012.
Nel 2009 è stato vincitore della settima edizione del Premio Furla e nel 2011 del New York Prize.
Ha preso parte a diversi programmi di residenza organizzati da: Dena Foundation for Contemporary Art a Parigi, Gasworks International Residency Programme a Londra, Villa Arson a Nizza, HIAP ad Helsinki, Viafarini a Milano, ISCP a New York. I suoi lavori sono stati presentati alle sezioni "Present Future", Artissima Torino 2008 e "Art | 41 | Basel, Art Public", Basilea 2010 dalla galleria T293.
In occasione della mostra verrà prodotto il catalogo High Gospel edito da Mousse Publishing con testi di Ilaria Bonacossa e Francesco Stocchi
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Jorge Méndez Blake
Tutti i libri di Calvino (e altre storie)
a cura di Anna Lovecchio
La ricerca dell’artista messicano Jorge Méndez Blake esplora le relazioni invisibili fra letteratura e architettura, sapere e memoria, cultura e democrazia in un lento percorso che, nel tempo, va tracciando una mappatura poetica della letteratura del Novecento e delle frontiere del sapere contemporaneo. In un sottile gioco di rimandi fra Borges, Kafka, Calvino, Melville - autori del labirinto, dell’invisibile, dell’impenetrabile - Méndez Blake realizza epifanie fisiche di canoni letterari ai quali consacra monumenti temporanei, installazioni di forte impatto ambientale ed emozionale che suscitano nel visitatore reazioni di stupore e inquietudine destabilizzando certe aspettative rispetto alle fondamenta della cultura moderna.
POETRY IS IRRELEVANT è lo statement con cui Méndez Blake introduce i visitatori negli spazi espositivi del Museo. Posizionata di fianco all’ingresso principale, questa scritta al neon ferisce la facciata del prestigioso edificio neoclassico e insinua una crepa simbolica nella percezione del museo come tempio della cultura. In gesto provocatorio, il linguaggio delle insegne commerciali viene appropriato per scolpire nella luce una dichiarazione di poetica mentre la precisa scelta cromatica segnala uno stato di allerta e emergenza. È l’inizio dell’azione di corrosione delle forme costituite del sapere che l’artista persegue nelle sue installazioni.
All’interno del Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce l’artista ripropone, a breve distanza dalla presentazione nella Scala Cantoni del Palazzo Ducale di Genova, Tutti i libri di Calvino un intervento di “attivismo letterario” che coinvolge le biblioteche in quanto istituzioni pubbliche della conoscenza. Se per vocazione strutturale e funzionale, la biblioteca unifica, organizza e cataloga una quantità di sapere che riflette la storia e gli interessi della sua comunità di riferimento, l’azione di Méndez Blake non può che produrre, attraverso il prelievo simultaneo di tutte le pubblicazioni di Calvino dalle biblioteche civiche genovesi, un effetto carsico di sgretolamento dell’ordine del sapere. Attraverso il “rapimento” di Calvino dal sistema bibliotecario urbano, l’artista genera uno stato diffuso di “cecità temporanea”, un vuoto da colmare con la riflessione, la memoria e, forse, l’indifferenza.
Se Tutti i libri di Calvino sigilla il potere dell’immaginazione in una cassa semisepolta nella sabbia carica di valenze entropiche e sepolcrali, l’opera ispirata al racconto Bartleby lo scrivano di Herman Melville riflette invece sul potere “edificante” della letteratura e sulla sua capacità di resistenza. Quasi una trincea, un muro di mattoni si erge nella prima sala del Piano Zero proprio come Bartleby che “ultima colonna di un tempio in rovina, rimase ritto, muto e solitario, nel bel mezzo della stanza altrimenti deserta”. Riagganciandosi alla riflessione sui depositi del sapere, la costruzione è posizionata in maniera tale da ostruire l’accesso alla biblioteca specializzata in arte contemporanea del Museo. L’artista utilizza il muro non cementato per dare forma fisica e pregnanza visuale al sistema di costruzione della conoscenza il quale si delinea come un fragile conglomerato di relazioni, un rapporto instabile di pesi che, al tempo stesso, visualizza la potenza dell’insieme e restituisce consistenza materica al celebre “I would prefer not to” di Bartleby, emblema estremo di resistenza. La mostra Tutti i libri di Calvino (e altre storie) si svolge in concomitanza con la personale High Gospel di Alberto Tadiello ed è realizzata in collaborazione con il Sistema Bibliotecario Urbano del Comune di Genova con il contributo di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura.
Jorge Méndez Blake (Guadalajara, Messico, 1974) si laurea in architettura presso la ITESO University di Guadalajara nel 1997 per poi sviluppare la sua pratica nel mondo delle arti visive. Il suo lavoro è stato esposto in numerose mostre personali e collettive fra cui “Resisting the Present”, Musée d’Art Moderne, Paris, 2012, “Crisis. America Latina: Arte y confrontación (1910-2010)”, Museo del Palacio de Bellas Artes, Mexico City, 2011, “All the Poetry Books”, Museum of Latin American Art, Los Angeles, 2010, “Twenty First Century”, Queensland Art Gallery, Australia, 2010, “Where Do We Go From Here?”, Bass Museum of Art, Miami, 2009, “México: Expected/ Unexpected”, Maison Rouge, Paris, 2008, “Isla Negra’s Treasure”, Sala de Arte Público Siqueiros, Mexico City, 2005. È stato artist in residence presso A+D, LABoral Centro de Arte a Gijon (2009), Art Omi International Artist's Residence a New York (2007), ArtLab San Servolo Artist Residence a Venezia (2006).
Sponsor Villa Croce
Con questa mostra Villa Croce inaugura un innovativo modello di gestione pubblico privato grazie alla collaborazione tra il Comune di Genova con il contributo di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e un gruppo di privati Fondazione Edoardo Garrone, Gruppo HOFIMA (Holding Finanziaria Malacalza), Costa Crociere, Banca CARIGE, Villa Montallegro, COE&CLERICI il cui supporto finanziario permette la programmazione artistica del museo.
Ufficio stampa
Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura telefono +39 010.5574012/4047/4826 ufficiostampa@palazzoducale.genova.it - staffmostre@comune.genova.it
Anteprima stampa: venerdì 30 novembre, ore 11.30-13.30
Inaugurazione e presentazione venerdì 30 novembre, ore 18.30
Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce
via Jacopo Ruffini 3, 16128 Genova
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì 9-18.30;
sabato e domenica 10-18.30;
lunedì chiuso
chiuso 8, 25 e 26 dicembre 2012