La carezza di Dio esplora le relazioni e il rapporto con l'Altro, dall'interno del monastero Dominus Tecum: habitat sociale e spirituale, mondo pieno di fascino e mistero.
a cura di Andrea Dall¹Asta SJ e Denis Curti
È possibile documentare con la fotografia il dato visivo, sociale e
culturale, e allo stesso tempo esprimerne e interpretarne le poetiche legate
all'uomo e al suo vissuto interiore?
E' questa la domanda che chiama in causa il rapporto tra immagine, documento
e segno antropologico, nel momento in cui la fotografia viene intesa non più
come traccia indicale di mondi lontani, ma come indizio e modello di un
reale possibile che si fa tramite tra immaginario e fenomeno. In questo
senso 'La carezza di Dio' di Maurizio Cogliandro esplora le relazioni e il
rapporto con l'Altro, lì dove il paradigma antropologico dell' 'osservare
partecipando' prende corpo in immagini piene di evocazione, misticismo e
sospensione, dall'interno di un monastero come habitat sociale e spirituale,
mondo pieno di fascino e mistero.
Si tratta di una fotografia che coglie il senso di un realismo magico che, a
partire dall'esplorazione e dalla conoscenza della vita, dai luoghi e dai
contesti delle persone che osserva, si fa interprete delle loro emozioni e
della loro spiritualità.
La chiave di lettura di queste immagini risiede nel contrasto tra due
distinti piani di rappresentazione che, se da un lato esaltano la dimensione
reale e terrena dei luoghi, dall'altro interpretano e danno voce alla
dimensione eterea e vibrante, tutta interiore, della vita monastica. Ecco
allora che, negli scatti di Maurizio Cogliandro, gli interni e gli esterni
del monastero Dominus Tecum, ripresi con grande nitidezza e senso materico,
si alternano alle immagini in cui i monaci, e gli attributi della loro fede,
appaiono come sospesi, evanescenti, volti e oggetti che affiorano come
visioni silenziose e immateriali.
La terra e i luoghi, le architetture e le luci, le persone e le atmosfere,
seppur narrati con estremo realismo, assumono un ruolo simbolico per
trasformarsi in veicoli di spiritualità, volgendosi come radice storica e
culturale alla serenità e alla contemplazione divina. Il monastero appare
così come un luogo dove si annida la bellezza.
In questo senso, il modo con cui Maurizio Cogliandro si relaziona con
l'alterità e lo studio di un preciso e circoscritto modello sociale e
culturale, porta a interrogarsi sulla nostra identità e su quella
dell'Altro. Il suo metodo basato sull'osservazione e la condivisione,
all'interno di una logica di riferimento del suo sguardo, conduce a
un'analisi e a una profonda riflessione sulla società contemporanea, la sua
storia e le sue radici, in un continuo scambio di visioni e interpretazioni
sul mondo e le sue molteplici realtà.
Denis Curti, critico della fotografia
Inaugurazione: 4 Dicembre ore 18.30
Galleria San Fedele
Piazza San Fedele, 4 - Milano
Orario: mar-sab 16-19
Ingresso gratuito