13/13. Una serie di appuntamenti alla cui base c'e' la necessita' dell'incontro e della corrispondenza. Il primo appuntamento "Vedetti, credetti" e' con Lucia Pescador & Antonio Marras.
A cura di Francesca Alfano Miglietti
13|13 è una rassegna, curata da Francesca Alfano Miglietti nello spazio Nonostante Marras,
in via Cola di Rienzo, 8 - Milano.
Un progetto alla cui base c’è la necessità dell’incontro, un progetto che mira a cre-
are contestualmente, in una continua corrispondenza, il mondo esteriore e quello
interiore, un incontro tra persone, opere, libri, oggetti, voci e movimenti, in una serie
di visioni e sensazioni.
L’orizzonte poetico è il progetto comune di Francesca Alfano Miglietti e Antonio
Marras, un orizzonte che diventa a volte letteratura, arte, danza, sapere, non-sapere, a
volte assentandosi: l’orizzonte poetico come amico clandestino.
E allora un dialogo, una conversazione, una presentazione, una esposizione. Una
serie di appuntamenti come una serie di domande: domande che si costruisco-
no con elementi raccolti, con pezzi presi da qualsiasi parte, domande tese verso un
futuro o verso un passato. Un tipo di divenire che opera in silenzio, come un
orientamento, una direzione, una via d’uscita. Un orizzonte di molteplicità.
Nella riflessione sulla contemporaneità, appaiono significative alcune opere e alcuni
discorsi, tracce, anche affascinanti, di un pensiero che può segnare in qualche mi-
sura l’orizzonte, o una possibile interrogazione da parte delle presenze poetiche e
artistiche in atto: c’è il dato di illuminazione, lo scatto emotivo, una disposizione etica
ed estetica dove le cose sono sorprese in uno strato profondo, invisibile.
Una fuga dalla sensazione di abbandono.
Antonio Marras/Lucia Pescador: Vedetti, credetti...
è il primo appuntamento.
Un appuntamento visto come una magica relazione in cui l’incontro tra questi due
artisti, nella serie di opere realizzate a quattro mani, così come nelle opere realizzate
individualmente, creano una partitura: tra loro due, tra opere e ambiente, tra mate-
rie e spazio, tra opere e testimoni. Vedetti, credetti..., infatti, non vuole ‘spettatori’
ma testimoni, confidenti, complici. Emerge, opera per opera, l’esigenza di proiettare
su ogni immagine e oggetto, i propri sentimenti, i propri ricordi, i propri pensieri
nella possibilità di colmare un vuoto e di raccontare una storia.
Accomuna i due artisti
l’istinto di accumulazione, il bisogno d’assicurarsi una saturazione materiale fino al
gusto dell’eccesso: carte, cartoline, lettere, polvere, abiti, tele, oggetti di memoria, libri,
cornici. Una serie di opere come testimonianza dell’esistenza.
“Vi sono momenti della storia, nei quali tutto quello che si può fare è tenere accesi
piccoli fuochi nella notte, proteggendoli dalla tempesta e da chi li vuole spegnere a
colpi di prepotenza, di avvocati e di leggi, perchè, a notte e bufera finite, il villaggio
dovrà pur ricominciare a cuocere e scaldarsi.” (Gilles Deleuze)
Un ambiente quasi privato al cui interno si dispongono le opere per un dialogo che
diviene raccolta di frammenti temporali, frammenti di istanti e di giorni e di incontri e
di visioni. Per costruire un mondo nuovo Antonio Marras e Lucia Pescador utilizzano
gli avanzi del vecchio mondo: tracce dell’esistenza propria e altrui lasciata su mate-
riali carichi di storia, e così ogni oggetto e ogni opera si carica di ricordi. In tal modo
ogni opera suggerisce un processo che costituisce una sorta di autobiografia dell’opera
stessa, in una poetica del prelievo.
Questa pratica è suggerita dalla realtà medesima,
guardandosi attorno non si può fare a meno di vedere cumuli d’oggetti: si traducono
così in opere anche le inquietudini sorte dalla riduzione degli spazi e delle relazioni.
È l’orizzonte di quello che George Perec definisce del pensare/classificare, perfetta per
descrivere la modalità operativa di Lucia Pescador e di Antonio Marras in cui niente
viene scartato, ogni prelievo conferisce nuova vita ad oggetti e visioni, una raccolta di
presenze e storie legate a visioni e sensazioni e desideri e domande intessute come ine-
dite trame narrative. Una mostra sulla sparizione e sull’apprendimento, un’immagine
ben precisa, oggetti e immagini d’ombra nel rifiuto di una forma statica a vantaggio
di una forma fragile e instabile che introduce la tematica dell’assenza.
Ogni opera è la
rappresentazione di un’assenza, di una mancanza: sedie, letti, scarpe, cappotti, venta-
gli, armadietti, rami e libri disposti a creare una composizione narrativa con immagini
e oggetti carichi di storia, e così ogni singolo oggetto e ogni immagine ma anche ogni
spazio è un ricordo della sua assenza.
I due artisti si appropriano di ogni testimonianza animata da una forte presenza, invisibile ma al contempo tangibile. Le opere dei
due artisti oscillano costantemente tra due poli opposti: una struttura caotica dove
compare un ordine assoluto, una precisione millimetrica nell’incastro di segni, reperti,
parole, colori e pensieri.
Un processo di accumulazione, vestiti, librerie, pellicole, fotografie; e ancora inven-
tari di vari oggetti, perfettamente catalogati, dunque: identità, memoria, assenza e
poesia.
Le opere in mostra raccontano un vedere come fragile e instabile relazione. Il linguag-
gio artistico di entrambi è concettuale: un sistema di segni e di visioni per dare forma
al flusso del tempo e alla relazione tra il tempo e l’esistenza. E’ la sensazione del pas-
saggio, la necessità di una domanda.
Nell’ambiente volutamente carico di mobili e oggetti, del Circolo Marras, si dispongo-
no i disegni e i segni di Antonio Marras e Lucia Pescador, un dialogo di luci e ombre
che ricostruisce i frammenti di una storia, di un’esistenza, di un racconto, ma anche
di un gioco irreale sospeso fra presente e ricordo, tra stasi e viaggio, tra pensiero e
sensazione.
Un viaggio che allude a un punto di contatto tra le dicotomie del pubblico e del priva-
to, della solitudine e dell’incontro con l’altro. Ed è proprio in quest’intreccio di storie
differenti che si dispongono le opere, a metà tra la malinconia e l’austerità, dove ogni
opera è quasi sempre una traccia, un dettaglio, un’apparizione.
Francesca Alfano Miglietti
ANTONIO MARRAS: UNA BIOGRAFIA
Antonio Marras è sardo di Alghero, borgo di mare e vento, di porto e mura, comunità di catalani
che quì hanno messo radici, secoli fa, in questo avamposto di Sardegna proprio di fronte alla
Spagna, dove da sempre si incrociano popoli e culture, sassaresi in cerca del mare, contadini con
i gambali, pescatori dalla pelle segnata dal sole.
Antonio Marras è un sardo viaggiatore di cinquant’anni, figlio di commercianti di tessuti, diplomato alla ragioneria. Ha sempre curiosato nel
negozio del padre, giocato con combinazioni di colori e materiali, studiato in silenzio le gonne e
gli scialli di quelle mute, decise donne di paese che arrivavano ad Alghero a compare buoni vestiti,
per la festa e per il lavoro, roba che durasse nei decenni, resistente a usura e intemperie.
Antonio Marras è stilista dal 1987, quando viene chiamato da una ditta romana a disegnare col-
lezioni di prêt à porter. Nel 1996 è invitato a presentare nella Capitale una collezione che porti il
suo nome. Il suo linguaggio è da subito molto riconoscibile, il suo stile è artigianato rigorosissi-
mo, cura per ogni dettaglio, per gli inserti e le sovrapposizioni di forme e colori. Il suo lavoro è
carico di echi di Sardegna: l’isola come punto d’ispirazione, sempre, con la massima attenzione
ad evitare qualunque caduta nel folklore.
Alla prima collezione di Alta Moda ne seguiranno altre
tre, lungo un percorso che continuamente si arricchisce nei contrasti: garze stramate e ricami
sontuosi, orli sfilacciati e broccati rari, bruciature e applicazioni complesse, sempre con un ligazo
rubio, un legaccio rosso, un filo di colore forte e vivo, a fare da firma a tutte le sue creazioni.
Nel marzo ’99, a Milano, la prima volta del suo prêt à porter: la collezione, dedicata alla scrittrice
Annemarie Schwarzenbach, racchiude tutti gli elementi che da quel momento in poi i suoi esti-
matori, in tutto il mondo, impareranno a riconoscere nei brevi eventi/spettacoli che sono le sue
sfilate e nelle boutique che ospitano le creazioni Marras.
Suggestioni di costumi sardi portate a
confrontarsi con la contemporaneità, il vestire delle campagne come ispirazione per uno stile me-
tro-etnico, elementi di grande ricchezza decorativa che si innestano su abiti dalle linee essenziali,
mix-match di ricco e povero, maschile e femminile, decorazione e struttura, forma e funzione.
È
una donna, quella vestita Antonio Marras, che si pensa forte e fiera, lo è, e non ha paura di sem-
brarlo: tenera e guerriera, romantica e coraggiosa: come le migranti sarde in Argentina, Eleonora
Giudicessa d’Arborea, le lavoratrici delle miniere di carbone, la principessa Adelasia di Torres. Le
donne di Marras portano sul loro abito storie e memorie, non soltanto preziosismi d’atelier.
In parallelo alle collezioni persiste la sperimentazione della linea Laboratorio e Serie Limitata
non proprio prêt à porter, non proprio couture.
Abiti realizzati a mano nella grande casa-studio-
laboratorio del designer algherese, lavori che conservano il carisma dell’autenticità perché con-
fezionati a tiratura limitata e, contemporaneamente, possono servire come punti di partenza per
modelli che confluiranno nella prima linea. Nel 2003 viene invitato dal gruppo francese LVMH a
diventare direttore artistico della maison Kenzo: una grande occasione, di vita e professionale, per
un isolano di provincia chiamato così a esibirsi su un palcoscenico internazionale. Kenzo rimarrà
compagno di viaggio di Antonio per otto anni, sino al 2011.
Nel febbraio 2005 apre a Mosca, in Petrovskji Passage, il primo flagship store Antonio Marras,
realizzato in collaborazione con Bosco di Ciliegi. Seguono nel luglio 2006 un secondo mono-
marca questa volta nella sua città natale, Alghero, in un palazzo storico nel cuore della città. Nel
Settembre 2007, il Bosco di Ciliegi inaugura un altro monomarca a Mosca, questa volta all’inter-
no dello storico grande magazzino GUM sulla Piazza Rossa. A Febbraio 2008 è la volta di Milano:
in Via Santo Spirito, nel cuore del quadrilatero della moda. Nel Marzo 2009 apre un nuovo mo-
nomarca in Kuwait, in collaborazione con il gruppo AL-OSTOURA.
Nel maggio 2007, con il riacquisto del 40 per cento, Antonio Marras torna ad essere posses-
sore della totalità del marchio che porta il suo nome. Contestualmente, sigla un accordo con
Interfashion, Società del Gruppo Stefanel, per la produzione e commercializzazione su licenza
della seconda linea I’M ISOLA MARRAS che esordisce con la stagione A/I 2008 /2009.
Non proprio una seconda linea ma piuttosto un mondo marras più immediato e decodificato. Nel gennaio
2010 Antonio Marras presenta un tris di licenze che ampliano ulteriormente il suo mondo. Le
calzature, borse e foulard.
Nuova licenza anche per quanto riguarda la maglieria: la produzione è affidata a LOMA Spa,
l’azienda di Reggio Emilia.
In tutti questi anni Marras farà però una scelta importantissima, sentimentale ma anche artistica:
non rinuncerà a vivere dove è cresciuto, da Alghero spostandosi verso Milano e Parigi, ad Alghero
sempre tornando a cercare creatività, ispirazione, materiale per il suo universo espressivo.
LUCIA PESCADOR: UNA BIOGRAFIA
Lucia Pescador è nata a Voghera e lavora a Milano. Si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di
Brera a Milano. Artista di notevoli suggestioni propone le sue opere come in una installazioni in
una casualità di accostamenti tra molteplici tecniche: disegni, pittura, ceramica, come sul banco
di un mercato raccoglitore di storie vissute attraverso gli oggetti.
Le sue carte disegnate solo su
fogli già usati diventano appunti di un viaggio tra architetture e design. L’originalità di questa
artista la portano ad essere una tra le più apprezzate artiste conosciute internazionalmente.
Ha esposto in gallerie private, fiere e musei dal 1965 (galleria Arte Centro) con esposizioni collet-
tive e un ottantina di personali in Italia, Francia, Belgio, Olanda, Austria, Inghilterra, Germania,
Stati Uniti, Egitto, India e Cina.
Sono degli anni ‘90 una serie di disegni molto piccoli e molto
grandi dedicati al pittore Kasimir Malevic, che vengono esposti nel 1992 a Milano nel Refettorio
delle Stelline in una mostra documentaria degli ultimi suoi 10 anni di lavoro, intitolata: Una nave
per Kasimir, curata da Lea Vergine.
Alla fine del 1992 inizia l’Inventario di fine secolo con la
mano sinistra, un inventario che progredisce per temi, (Arte, Natura, Artefice, Vasi, Hotel del Nord,
Africa, Decorazione, Enigmistica, Hotel Meuble Berlin e Bauhaus), formati da coppie d’immagini
della cultura del nostro secolo, eseguiti con la mano sinistra su carte già usate. Nel novembre
1996 inizia i Crucivia: aggregazioni di disegni ed oggetti dove le voci dell’Inventario formano del-
le composizioni corali. Ne scaturisce un nuovo rapporto, quello di relazione e di insieme. Dal 2000
lavora sul tema Ambulanti tra Occidente e Oriente e nel 2009, inizia un nuovo percorso intitolato:
Wundermachtkammer, che viene esposto per la prima volta a Palazzo Te a Mantova nel 2010.
Nello stesso anno propone al Castello di Trezzo d’Adda, un allestimento dal titolo: Lowestein
Suite- Notturno. Del 2011 è invece la Wundermachtkammer Sogno Smarrito, proposta al Museo
del Carale di Ivrea. Nel 2012 La cucina di Olivia, costa de Rile-Pavia- Wundermachtkammer per
Ettore Sottas alla Lithos di Como.
FRANCESCA ALFANO MIGLIETTI: UNA BIOGRAFIA
Francesca Alfano Miglietti, teorico dell’arte contemporanea e critico è docente di Teorie e
Metodologie del Contemporaneo all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Curatore di mo-
stre, rassegne e convegni, ha incentrato la sua ricerca sull’aspetto Live dell’arte contemporanea,
riuscendo a creare momenti di presentazione con varie formule, dai festival ai convegni, dalle
sfilate alle mostre. Autrice di numerosi saggi sul rapporto arte-vita nel contemporaneo si occupa
prevalentemente di contaminazioni di linguaggi (arte, teoria, moda, design, cinema. etc.), nuove
tecnologie, il corpo e le sue modificazioni, visibile/invisibile.
Ha pubblicato i volumi (molti dei quali tradotti in altre lingue): Arte in Italia 60/85, Arte Peri-
colosa, Identità Mutanti, Nessun tempo, nessun corpo, Virus Moda, Virus Art, La valigia senza
manico- Convers. Con Enzo Mari, Fabio Mauri: Scritti in mostra, Manuale delle Passioni,
Per-Corsi di Arte Contemporanea. Dall’impressionismo a oggi.
Ha ideato e diretto la rivista VIRUS Mutations, e attualmente dirige il magazine free press
Re-Voir.
Tra le mostre curate si ricordano: “Rosso Vivo”, PAC- Padiglione di Arte Contemporanea, Milano;
– “Rudolf Schwarzkogler” , Milano, - “Pierre Molinier,” Milano – “Orlan”, Milano – “Erwin Olaf”,
Museo del Man, Nuoro – “Della ferita: Corpi e Volti dell’Azionismo Viennese”, Milano – “Fabio
Mauri- Schermi 1957 fino ad oggi”, Milano – “Mimmo Rotella”, Milano – co-curatore “Anniset-
tanta”, Triennale, Milano – “Franko B, Zhang Huan: Deposizione e Posizione”, Milano – “Fabio
Mauri. L’universo d’uso”, Auditorium, Roma - “Sull’invisibile”, Milano - “I Still Love: Franco B” al
Pac, Milano – “Fabio Mauri: The End”, Palazzo Reale Milano.
Inaugurazione: 13 Dicembre ore 19
Circolo Marras
via Cola di Rienzo, 8 (cortile interno) , Milano
Orari: 10-19
Ingresso libero