Galleria Trebisonda
Perugia
via Bramante, 26
075 5725014

Love me do
dal 3/7/2003 al 27/7/2003
075 5730631 FAX 075 5730632

Segnalato da

Trebisonda




 
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3/7/2003

Love me do

Galleria Trebisonda, Perugia

'Love me do' e' una mostra eterogenea di artisti della medesima generazione. Eterogenea in senso letterale: dal greco heteros 'altro, diverso; e genos' stirpe, razza. Dalla diversita' che distingue ogni singolo essere umano, qui emerge, in particolare, quella tra generi, la' dove il femminile si connota con estrema limpidezza.


comunicato stampa

'Love me do' è una mostra eterogenea di artisti della medesima generazione. Eterogenea in senso letterale: dal greco héteros ' altro, diverso; e génos ' stirpe, razza.
Dalla diversità che distingue ogni singolo essere umano, qui emerge, in particolare, quella tra generi, là dove il femminile si connota con estrema limpidezza. Segno forse che un dato va cambiando: le artiste non sentono più la necessità di affrancarsi dalla leggibilità dell'appartenenza al proprio genere, celandosi dietro opere stilisticamene neutre. Anzi, mostrano con franchezza e semplicità la propria esperienza di detentrici privilegiate della corporeità.
Ecco allora che l'eterogeneità di questa mostra ci conduce attraverso differenti indagini su materia e spirito, corpo e mente, generi elettivi per l'opera d'arte.

VALERIA AGOSTINELLI (Bergamo 1970)
Corpi chiedono occhi
per esibire anime
I corpi femminili, evidenziati nell'opera di Valeria Agostinelli hanno una comunicazione diretta, esplicita con il fruitore. Affrontano un nodo alla gola: la differenza sta nel modo di gestire l'ostacolo. Agostinelli si aggrappa alla parvenza esteriore, l'abito carico di valenze comportamentali: scarpe con tacchi da vertigine, lunghi guanti, stivali, labbra pronunciate, il tutto acceso da un rosso che si stempera nella fragile materia di cui compone le sue figure allungate. Che sovente, non a caso, assumevano una posizione accovacciata, quasi fetale, dichiarando un bisogno nascosto: Love me do. Persino ora, che appaiono più sicure, acquistano una testa e assumono atteggiamenti più maturi, dichiarano quel bisogno primario con maggior consapevolezza.

ANTONIO MARCHETTI (Torre Pallavicina 1964)
Ombre velate, per non turbare,
s'aggirano sottopelle
Sulle prime l'opera di Antonio Marchetti dà effetti minimal. Non solo per la monocromia apparente delle superfici cromatiche. Ma anche per la volontà di uscire dalla bidimensionalità, con la creazione di parallelepipedi, forme lineari e aggettanti, tavolta accostate a due, a tre, così da comporre sculture da parete, che appaiono pure geometrie solide. Ma l'effetto apparente, si sa, non è la sola realtà. Al di là della superficie, la verità chiede uno sguardo sensibile: così le opere, che sembrano costruite con materiali rigidi, sono tele tese su telai ben costruiti; e la monocromia lascia trasparire un lavoro paziente di-segni che muovono visivamente la superficie con fare ondulato. Love me do dicono quei riflessi di un groviglio interiore, che escono per l'effetto traslucido della grafite e giocano con l'opacità del tono monocromo, risaltando sotto la luce radente.

CHIARA PAVESI (Milano 1966)
Ehi soldato! Alle 13
diffida di un bacio spiaccicato in cucina
I lavori di Chiara Pavesi raccontano fiabe alla rovescia con il supporto delle parole, scritte all'interno dell'opera stessa, o all'esterno, nei titoli che ne sono parte integrante. Il suo quotidiano narra quello dei bambini sottoposti dal mondo adulto alla dittatura dell'apparenza, attraverso frasi fatte che l'artista pone sotto i nostri occhi ripetutamente, per sfatare la vuotaggine dei luoghi comuni. È un gioco sottile, che vuole svegliare la parte bambina sopita in ciascuno di noi, il cui sguardo innocente sa vedere il re nudo. È così che l'adulto, ormai con gli occhi ben aperti su una realtà troppo spesso negata, si trova a dover riconoscere quel suo bisogno primario: love me do.

GIUSEPPE RUMI (Palazzolo sull'Oglio 1963)
Differenti sedimenti
di pensieri persistenti
Le velature che Giuseppe Rumi stende sulla tela raccontano un tempo lento, meditativo, dove la storia lascia sedimenti, incrostazioni di colore dai toni organici, simili a muffe affiorate su vecchi muri. Le opere celano frammenti biografici che si rivelano apertamente nei titoli. Così lavori come 'Miraggio', 'Oltre le pagine' e altri, chiedono sguardi silenziosi, battono istanti rallentati secondo il ritmo sentito dall'artista. Le immagini che ne scaturiscono indicano sottili reminiscenze, saldamente ancorate nei recessi di memorie perdute. Come certe idee non ben manifeste, di cui forse non si è ancora del tutto consapevoli, ma capaci di affiorare in certi momenti, con un 'Respiro piccolo e invisibile' e un Love me do.

Laura Gelmini.

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