Upside-Down Sottosopra. Quando il mare diventa cielo. Approfittando dei lavori in corso nel canale che attraversa Chioggia, il fotografo ha ritratto i palazzi cosi' come si riflettono nell'acqua.
Un mondo sottosopra, uno sguardo nuovo e affascinante dedicato a Chioggia. Negli scorsi mesi il fotografo Alessandro Boscolo Agostini ha lavorato a un progetto unico e irripetibile di un mondo sottosopra: approfittando dei lavori in corso nel canale che attraversa la splendida città lagunare ha fotografato i palazzi che si affacciano sulla riva così come si riflettono nell’acqua. La sensazione straniante è quella del mare che diventa cielo, una vera e propria vertigine.
Dopo la prima tappa la mostra, già accolta negli spazi del Museo Civico di Chioggia e visitata da oltre mille persone in un solo mese, giunge a Mantova, collegando idealmente le rive del Mincio a quelle dell’Adriatico.
La mostra “Upside-Down Sottosopra” sarà inaugurata sabato 2 febbraio alle ore 17.00 negli spazi della Galleria Errepi Arte di Mantova che, per l’occasione, si aprirà alla luce della laguna presentando una ventina di scatti stampati in altissima definizione e in grande formato.
La presentazione critica in occasione del vernissage di Mantova sarà curata dallo storico dell’arte Paolo Bertelli che narrerà il filo conduttore delle opere in mostra. Come ha avuto modo di scrivere nel testo pubblicato nel raffinato volume edito da Il Leggio per l’occasione “Cosa c’è di più vero di un’immagine riflessa? E cosa più affascinante della vertigine, per chi muove lo sguardo verso il basso, bramando ciò che è meraviglioso?1 L’indagine di Alessandro Boscolo Agostini sull’immagine di Chioggia esce dagli schemi del tradizionalismo pur non dimenticando la propria storia, e propone una nuova lettura dell’immagine al di là del divertissement, del colpo d’occhio e della possibilità di manipolare agevolmente le immagini utilizzando il digitale. È un viaggio culturale attraverso il mito, la sensibilità degli artisti che tra Sette e Ottocento hanno delineato la gloria delle città italiane in occasione dei loro itinerari attraverso il Bel Paese, la storia della fotografia degli ultimi decenni, l’evoluzione della stessa rappresentazione iconografica di Chioggia”.
Così Bertelli spiega il progetto di Boscolo Agostini: “Illustrare il volto di Chioggia è narrare la bellezza senza fraintenderla, cogliere un istante evitando lo stereotipo, raccontare la vita quotidiana tra le antiche pietre senza riproporre vedute ormai banalizzate dall’uso commerciale. Quello che il progetto Upside-down ha percepito è la possibilità di raccontare per immagini l’essenza di una città, dalle nobili architetture al vociare della gente al mercato, dall’odore profondo e caratteristico della laguna alla luce che ritaglia ombre perfette e gioca con i riflessi dell’acqua. L’occasione offerta dai lavori per il “Piccolo Mose” ad Alessandro Boscolo Agostini è stata preziosa: descrivere il vólto della città riflesso nelle acque del canal Vena (ma non solo) reso quasi immobile e sgombro da buona parte delle imbarcazioni”.
Alessandro Boscolo Agostini chioggiotto, è un fotografo professionista attivo da circa dieci anni. È socio Tau Visual.
Ha all’attivo numerose pubblicazioni e campagne pubblicitarie. Ha lavorato e lavora per importanti catene alberghiere nazionali e all’estero.
Collabora con marchi come Porsche Italia e Listone Giordano.
Tra i suoi progetti si ricordano i reportage dedicati al food e al mondo del vino su riviste nazionali (come A Tavola, Monsieur, Spirito di Vino, Live In, Suite, DHD) e campagne pubblicitarie su testate come Vogue o AD.
Nella sua produzione si ricorda una campagna nazionale per la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Tra le sue pubblicazioni si ricordano le foto di Kitchen in love di Valeria Benatti (Gribaudo-Feltrinelli), il reportage Chioggia città della pesca (editore Canova), Chioggia città d’arte, il catalogo della Quadreria del Comune di Chioggia (edito Il Leggio), il catalogo delle opere di Walter Pregnolato (Canova).
Nell’ambito della sua ricerca fotografica personale ha pubblicato il volume Attimi di Danza, in collaborazione con il Centro Formazione Danza di Chioggia.
Presentazione critica a cura di Paolo Bertelli
Catalogo edito da Il Leggio
La mostra alla Galleria Errepi Arte proseguirà sino al 3 marzo 2013
Apertura al pubblico:
- dal martedì al venerdì dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30
- sabato e domenica dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 20.00
- e su appuntamento: cel. 347-2638068
Per informazioni: tel. 0376-366027, Fax 0376-310998,
www.errepiarte.com info@errepiarte.com
PREFAZIONE
Paolo Bertelli
Cosa c’è di più vero di un’immagine riflessa? E cosa più affascinante della vertigine, per chi muove lo sguardo verso il basso, bramando ciò che è meraviglioso? L’indagine di Alessandro Boscolo Agostini sull’immagine di Chioggia esce dagli schemi del tradizionalismo pur non dimenticando la propria storia, e propone una nuova lettura dell’immagine al di là del divertissement, del colpo d’occhio e della possibilità di manipolare agevolmente le immagini utilizzando il digitale. È un viaggio culturale attraverso il mito, la sensibilità degli artisti che tra Sette e Ottocento hanno delineato la gloria delle città italiane in occasione dei loro itinerari attraverso il Bel Paese, la storia della fotografia degli ultimi decenni, l’evoluzione della stessa rappresentazione iconografica di Chioggia.
Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d’arte per guardare la propria anima
(George Bernard Shaw)
Chioggia
e il suo doppio
Illustrare il volto di Chioggia è narrare la bellezza senza fraintenderla, cogliere un istante evitando lo stereotipo, raccontare la vita quotidiana tra le antiche pietre senza riproporre vedute ormai banalizzate dall’uso commerciale. Quello che il progetto Upside-down ha percepito è la possibilità di raccontare per immagini l’essenza di una città, dalle nobili architetture al vociare della gente al mercato, dall’odore profondo e caratteristico della laguna alla luce che ritaglia ombre perfette e gioca con i riflessi dell’acqua. L’occasione offerta dai lavori per il “Piccolo Mose” ad Alessandro Boscolo Agostini è stata preziosa: descrivere il vólto della città riflesso nelle acque del canal Vena (ma non solo) reso quasi immobile e sgombro da buona parte delle imbarcazioni. Un volto delineato dalla luce della tarda primavera e che ha trovato nel suo doppio un’immagine più vera dell’originale. Gli scatti, infatti, una volta raddrizzati, raccontano la città reale e viva; di più: le imperfezioni o le vibrazioni dell’acqua sono un effetto particolare che curiosamente trascende i filtri ottici o digitali e riporta, piuttosto, alla memoria la pittura tra Sette e Ottocento, quando, col risveglio dell’interesse per il paesaggio (come soggetto dotato di una propria dignità), e con l’uso da parte degli architetti e acquarellisti nordici, dei pittori d’oltralpe e degli artisti (siano essi veneti, specie sullo scorcio del XVIII secolo, sia provenienti anche dall’entroterra o da altre parti d’Italia) di tratteggiare il fascino della laguna, l’immagine di Chioggia è diventata una delle più note e richieste dai collezionisti.
Curiosamente la campagna fotografica realizzata in queste condizioni irripetibili da Alessandro Boscolo Agostini riassume in sé due secoli di ricerca pittorica, contempla l’uso di strumenti contemporanei e riesce a fornire una risposta innovativa in un contesto che parrebbe altrimenti troppo immobile ed identico a sé stesso, troppo gravato dalla consuetudine o dalla quotidianità. Ma è proprio la vita che, d’altro canto, irrompe in queste immagini portando un anelito di novità in un intreccio che altresì sarebbe la riproposizione di qualcosa già visto. Ha ragione il fotografo quando accenna alle vibrazioni dell’acqua e alla differenza della luce lungo il corso della giornata, che conduce ad esiti vicini ai dipinti del tardo Ottocento o del primo Novecento (quando l’intensità luminosa porta alla saturazione) o a immagini più alla Turner, sfumate e indefinite a causa della luce più dolce e alla particellarità dell’atmosfera. L’attenzione di quello che è, a questo punto, un “artista” a pieno titolo, è tale che l’immagine acquisisce un nuovo valore semantico e un significato metaiconico: il fattore di disturbo diviene un plusvalore che modifica
Il mito riflesso,
la città dipinta
Non inutile, ma perlomeno curioso, sarà ricordare, in ambito mitologico e percettivo, il valore dell’immagine riflessa, partendo dall’antichità, dall’utilizzo dei primi specchi (che avevano sia una valenza magica – con tanto di significati esoterici e di sanzioni per i possessori –, sia un grande peso economico), dalla simbologia duplice di veritas ma anche di vanitas, fino all’uso scenico e prestigioso come arredo nelle sale delle dimore signorili, per amplificare luce e immagini (e di tale pregio da dare talvolta il nome ad un intero ambiente: si vedano gli ambienti delle reggie più fastose, come il Palazzo Ducale di Mantova o il castello di Schönnbrunn). D’altra parte l’arte ha sempre versato particolare attenzione verso l’immagine riflessa: lo specchio, ad esempio, compare nel celeberrimo Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck, nella Donna allo specchio di Tiziano, nell’Autoritratto nello specchio di Parmigianino, nella Conversione di Maria Maddalena di Caravaggio (e come non ricordare il Narciso che si riflette nella fonte? ) o, tanto per giungere quasi alla soglia della contemporaneità, ne Il bar delle Folies Bergères di Manet, con quel riflesso (ammesso che sia un riflesso) così sottilmente “sbagliato”.
Il mito, altresì, esaltando un fenomeno fisico talora non perfettamente intellegibile da parte degli uomini dei tempi antichi, cercava (e cerca) di tradurre in termini comprensibili e parzialmente favolistici un’esperienza, arricchendola di spunti morali. Ecco allora il riferimento, così affascinante per i pittori della modernità, a Narciso, giovane di straordinaria bellezza che, innamoratosi della propria immagine, si trasforma nell’omonimo fiore. Mito al quale ben si sposa quello di Eco, amante respinta da Narciso e condannata a ripetere le ultime parole pronunciate da altri.
Esiste poi un altro riferimento nascosto ma fondamentale per alludere alla fotografia di Alessandro Boscolo Agostini. È quello ai grandi vedutisti del Settecento, nobile stirpe di pittori attivi specie a Venezia (ma non solo) e capaci di “ritratti di città” tanto preziosi quanto straordinari. È noto, infatti, come una delle fasi principali del loro lavoro si avvalesse di una “camera” a specchio, che aveva la funzione di riflettere l’immagine direttamente sul supporto da dipingere, consentendo di tratteggiare le linee architettoniche con rapidità e precisione. Una sorta di “fotografia” (in senso letterale, s’intende!) ante litteram.
Il mito dipinto
nella città
riflessa
Il progetto Upside-down concentra la propria attenzione sull’espressività dell’immagine, affidandosi non solo al soggetto, ma anche al mezzo del gioco ottico e agli elementi di disturbo posti sull’acqua, che diventano, al contrario, fattori creativi. La serie delle immagini ottenute è affascinante per proporre un volto nuovo ad una realtà storica, nel quale l’antichità monumentale dialoga con l’impurità o l’occasione contemporanea generando una nuova realtà. Il ribaltamento tra riflesso ed esistente è un capovolgimento di senso e allusione molteplice. Ciò che è vero e tangibile diventa quello che sta sotto, quello che è il riflesso ne prende il posto, al di sopra (sottosopra, upside-down, appunto). Il fotografo aggiunge così un ulteriore spunto di riflessione, generando il nuovo da ciò che già è, arricchendo la serie di riferimenti che dal mito e dalla tradizione connettono senso con l’immagine riflessa (e dove il termine “riflessione” rimanda a sua volta ad un’altra molteplicità di significati). Gli scatti di Alessandro Boscolo Agostini trasfigurano l’essenza della città. Se questo è il volto di Chioggia, nello stesso tempo il sottosopra, il ponte tra terra (anzi, acqua) e cielo è un dialogo che avviene laddove esiste acqua e cielo (e, curiosamente, sembra quasi essere sottolineato quel rapporto tra commercio, comunicazione, cultura e arte, insomma “intelligenza”, e la presenza dell’acqua nelle città). Gli scatti di Upside-down raccontano una dimensione puntuale che nello stesso tempo è più ampia. Nella sua Chioggia trasfigurata il fotografo ritrae anche i palazzi moderni, le cui linee squadrate e precise si scompongono alla vibrazione dell’acqua e della luce. Luce che disegna la tersa serenità del Refugium peccatorum, tra i luoghi più amati dai pittori dell’Ottocento che sostavano in città, e (complici le sostanze sul pelo dell’acqua), vira parte delle immagini del Canal Vena come se vi fosse l’uso della pellicola, e questa fosse stata accidentalmente esposta per un istante alla luce diretta. Tra ponti e calli sorprende il gioco di una città viva ma riflessa, di elementi di disturbo che parrebbero difetti di stampa, ma che sono elementi della realtà, di linee mosse dove l’occhio negherebbe una vibrazione, ma proprio perché la Chioggia reale è sottosopra. Le allusioni sono molteplici: le alghe che galleggiano nel cielo dell’ex chiesa di San Francesco fuori le mura (edificio nel quale si trova il museo civico, con quell’attenzione peculiare al mare); le barche paiono elementi sospesi, forme curve senza gravità tra una città e il suo doppio, ancora elementi vegetali sul pelo dell’acqua che giocano con i fiori sui balconi dei solenni palazzi chioggiotti, mentre l’ombra del fotografo, quanto mai deus ex machina di questa finzione, si staglia nel “cielo” tra un ponte e un edificio nei pressi della porta civica. Barche “raddoppiate” dallo scatto fotografico sembrano elementi metafisici che sfuggono dalla logica delle cose, mentre, passando dai primi piani alle prospettive lunghe, si ritorna alla ricombinazione prospettica delle linee del Canal Vena. Uno degli elementi geometrici dello studio di Alessandro Boscolo Agostini, infatti, è il taglio obliquo dato alle immagini, cui si associa la ricomposizione quasi matematica dei vari elementi, come si nota negli archi, veri e riflessi, che disegnano ellissi precise cui tendono le linee dei canali.
Un discorso a parte merita la vibrazione dell’acqua che piega le linee delle architetture, le rende vibratili, quasi tratteggiate a colpi di pennello. Se i “paesaggi” così ritratti appaiono sospesi, realistici ma nel contempo metafisici (possono in questo alludere all’opera di Luigi Ghirri?) è chiaro il riferimento alla Chioggia dipinta dai pittori che tra tardo Ottocento e anni Venti del secolo scorso fecero della città lagunare uno dei soggetti principi della loro espressività. Emblematiche, in questo senso, paiono essere le vedute (chiamiamole così) della chiesa dei Filippini, i particolari dei campanili con linee sghembe, il tutto calato in una luce chiarissima, che si direbbe anche dovuta ad una leggera sovraesposizione, e che esalta contrasti decisi. E poi mura e portoni che nel riflesso paiono dipinti nella freschezza dell’impressione di due secoli fa, o archi di ponti che paiono svanire nell’infinito.
È poi curioso notare come il fotografo getti nel mare della sua illusione reale anche un aspetto ludico, sottile, poco appariscente ma particolarmente acuto: così visibile, il nome di una delle barche soggetto di alcuni scatti memorabili (ma contestualmente anche le insegne, o altre scritte), è leggibile nell’illusione riflessa in quanto l’immagine è stata ulteriormente ribaltata digitalmente; oppure giochi con la linea diagonale di un marciapiede, perfettamente delineata, sul quale un gabbiano, a testa in giù, guarda insensibile alla città che vibra, accanto a lui. E ancora archi di ponte che ribaltati creano ovali che abbracciano al loro interno alcune figure, elementi geometrici estrapolati dal loro contesto che sembrano assumere altre valenze (la prua di una barca, celeste, che penetra nel riflesso delle pietre di Chioggia, o cuspidi di altre prue, moltiplicate nello specchio, che paiono archi gotici nel cielo), palazzi che paiono rialzati al di sopra di un doppio portico, metà reale, metà riflesso, slavine di terra che sembrano sorreggere i pilastri del cielo, mentre gli edifici sembrano scorciati dalle profondità della terra e visti tra tubature e cavi, scale ribaltate e macchie nell’acqua, in immagini trompe l’oeil nelle quali non si intuisce più il confine tra reale e fittizio.
E ancora cassette di frutta rovesciate nel cielo sopra Sant’Andrea (novello Arcimboldo?), le torrette del palazzo comunale che paiono viste attraverso un vetro mosso, un cuneo di luce gialla che si insinua nel ponte prima del mercato del pesce mentre, quest’ultimo, rivela nella doppia geometria dei tendoni rossi un’immagine che sarebbe parsa cara a Mondrian. Una lattina nel cielo di un palazzo, non più rifiuto ma icona contemporanea dalla geometria perfetta, una figura sul ponte viene segnata dai cerchi concentrici delle onde che ne fanno aureola, mentre un riflesso pare un quasi un angelo tra le acque del canale. Davvero il nostro è un popolo di santi, navigatori e fotografi.
Inaugurazione Sabato 2 Febbraio 2013 ore 17.00
ErrePi Arte
Via dell'Accademia, 17 - Mantova
Orario: mar-ven 10-12.30 e 16-19.30 sab-dom 10-12.30 e 16-20
Ingresso libero