Francesca Cavalca - Ella Studio
Fucinus Lacus. Un'installazione di tele monocromatiche, alcune tessute tanto da apparire come un immenso reticolato geometrico frutto del volonta' umana.
A cura di Alberto Mattia Martini
Fucino! chi è costui? Inizio questa mia riflessione riguardo l'ultima fatica di
Ester Grossi in modo volutamente ironico e con un palese riferimento
manzoniano, perché devo ammettere che venni a conoscenza del territorio del
Fucino, una volta visto il progetto presentato da Ester in occasione dell'ultima
edizione del 13° Premio Cairo.
Tuttavia dopo aver osservato il lavoro di Ester e
dopo essermi confrontato con lei, è scaturito in me un desiderio di capire e
comprendere meglio questo luogo affascinante per la sua anomala e remota
storia, per le incredibili vicissitudini e trasformazioni che l'hanno visto
protagonista nel corso dei secoli.
Sarà stata forse la mia curiosità, che da sempre mi "perseguita" e senza la
quale sarebbe stato impossibile dedicarsi all'arte, o il tremendo piacere misto a
rabbia, che ogni volta mi assale al collo come un morso di un cane rabbioso,
quando i miei occhi scoprono le bellezze della mia amata Patria. Vi starete
chiedendo del perché di questa ambivalenza di sentimenti, uno l'opposto
dell'altro.
La risposta è molto semplice e forse scontata, ma purtroppo
tremendamente reale: l'incapacità e il menefreghismo della maggior parte
delle istituzioni e quindi dei nostri politici, nei confronti del territorio e di
conseguenza per il patrimonio artistico ed architettonico nel quale viviamo.
In
questo periodo di campagna elettorale, con enorme sdegno e tristezza, il mio
ottimo udito ha percepito una sola volta, proprio per essere buono forse un
paio, le parole: cultura, territorio, arte e turismo. Trovo tutto ciò terrificante!
Scusate la mia digressione, ma ritengo anch'essa necessaria al fine di
comprendere meglio la sensibilità artistica di Ester Grossi e quindi per poter
disporre degli strumenti atti a valutare la ricerca messa in atto dall'artista
abruzzese.
Tutto ha origine qualche milione di anni fa; allora, in quello che è l'attuale
altopiano del Fucino, muoveva le sue trasparenti acque il lago carsico del
Fucino.
Un luogo a quanto pare magico e di straordinaria bellezza, tanto da essere
anche descritto da Virgilio all'interno dell'Eneide, esattamente nel libro VII al
verso 759: " Te nemus Angitiae, vitrea te Fucinus unda, te liquidi flevere
lacus".
Il suo nome, da antiche testimonianze sembra essere stato: lago Forcone e
successivamente Celano, mentre il termine Fucino dovrebbe pervenire da
un'alga che, in periodi ben precisi della stagione diffondeva di vermiglio le
acque del lago, facendole apparire come una fucina.
Il riferimento ad Angizia che anche Virgilio declama, fa riferimento alla foresta
che si estendeva nelle vicinanze dello stesso lago e che prende il nome dalla
divinità Angitiae, adorata dagli abitanti del territorio e associata al culto dei
serpenti, venerata come guaritrice, in special modo proprio dai morsi delle
aspidi.
Un territorio come è facilmente identificabile, affascinante, magico, intrigante e
come si può riscontrare nei testi a noi pervenuti, di straordinaria bellezza,
tanto da essere anche meta di villeggiatura degli antichi romani.
Un'area se non unica certamente anomala, che non poteva lasciare indifferente
Ester Grossi, originaria di questi luoghi e che la stessa artista motiva con
queste parole: "Come accade spesso, la voglia di conoscerne meglio la storia,
riemerge con il tempo e la lontananza".
La famosa nostalgia di casa, estremamente reale ed emozionante, che coglie
ognuno di noi quando ci troviamo lontani dal nostro paese natio, ma
soprattutto la voglia di indagare e ripercorre, riscoprire e quindi comprendere
le nostre origini e quelle di un luogo a molti sconosciuto.
Ecco che nasce anche da qui il progetto Fucinus Lacus, nel tentativo da parte
dell'artista marsicana di affrontare i trascorsi storici e le varie mutazioni
ambientali di questo territorio, un unicum dal punto di vista naturale,
archeologico e del suo sviluppo tecnologico.
Inizia così a prendere forma l'indagine storica, antropologica e geografica da
parte di Ester Grossi, che individua e affronta la sua analisi facendo riferimento
a tre momenti salienti di vita e di cambiamento verificatisi e succedutesi in
questi luoghi: la presenza del lago, il terzo per estensione in Italia, la
trasformazione in pianure finalizzata primariamente all'agricoltura ed infine la
realizzazione del Centro Spaziale "Piero Fanti". Tre cicli, o meglio tre età, e
quindi tre elementi differenti: acqua, terra e aria.
Volutamente l'artista abruzzese ha impostato la sua indagine orientandola
come abbiamo detto su più fronti come quello scientifico e storico, facendo
riferimento alle fonti e alla documentazione, dando tuttavia ampio spazio
all'aspetto più creativo ed immaginifico e quindi ad una reinterpretazione
personale del reale.
Il primo aspetto riguarda la presenza dell'acqua, del lago che se da una parte
restituiva al sito un fascino prezioso ed atipico, dall'altro a causa delle continue
variazioni di livello e di estensione, straripava molto frequentemente,
inondando lo spazio e quindi arrecando alla popolazione danni irreparabili,
tanto da instaurare tra abitanti e questa immensa distesa d'acqua un rapporto
di amore/odio.
Da qui prende il via la volontà di prosciugare il lago, che vede i primi tentativi
già in epoca romana: prima sotto Cesare e poi con Claudio, che riesce a creare
un canale sotterraneo di circa 5 Km per fare in modo che le acque confluiscano
nel fiume Liri. Un parziale prosciugamento nel quale vengono impiegati
numerosissimi uomini, sforzi immani e che richiede ben undici anni di lavori.
Purtroppo gli sforzi si rivelano vani ed in epoca medievale il Fucino torna ad
essere il padrone indiscusso della Marsica. Trascorrono diversi secoli, quando
nel 1855 Alessandro Torlonia, divenuto unico proprietario del territorio, inizia i
lavori di bonifica e totale prosciugamento, che giungono a compimento nel
1878.
Il Fucino è così predisposto per una nuova vita, che non vede più l'acqua
protagonista nel bene e nel male, ma la concretezza e la floridezza della terra.
Il primo passo che Ester Grossi compie è quello di documentare ed interpretare
questo anomalo ed importante passaggio, che non solo modifica il territorio dal
punto di vista della sua conformazione geologica, ma anche strutturale dello
spazio, che vede gli abitanti confrontarsi con la spartizione della terra e quindi
un cambiamento radicale che coinvolge direttamente la quotidianità e
l'esistenza dell'uomo, che da pescatore deve reinventarsi agricoltore.
Da dove iniziare? L'argomento è chiaramente molto vasto e complesso.
Ester decide di inoltrasi improntando le proprie ricerche iconografiche vertendo
e spaziando dalle varie illustrazioni realizzate dall’inglese Edward Lear a metà
dell’‘800, alle incisioni di Giovan Battista Piranesi, i rari dagherrotipi rinvenuti
sino a noi, i disegni di Jules Gourdault, le carte dello storico Raffaele Fabretti,
fino alle litografie poste a corredo del grande atlante ottocentesco di Brisse &
De Rotrou.
Una visione quindi che parte da testimonianze, naturalmente non totalmente
veritiere come invece può essere una fotografia, ma che lasciano spazio anche
alla libera interpretazione e che bene si coadiuvano con la visone soggettiva
che Ester Grossi ha voluto restituire e consegnare al fruitore, come per
esempio nell'opera In posa.
Il come era prima e il come è ora, stimola la nostra curiosità, il desiderio di
conoscere come era il Fucino prima di quella che possiamo definire: una vera e
propria metamorfosi morfologica e paesaggistica.
Ester con l'opera Lucus Angitiae ci immerge in questo spazio, tra i colori a
campiture piatte, direi quasi volutamente e marcatamente presenti e continui
pur creando all'interno della loro uniformità una sorta di "frastagliamento", di
interruzioni nette, marcate, che prese singolarmente vivono di loro vita
propria, ma che unite, avviluppate, intersecate e coordinate si "incastrano"
perfettamente le une con le altre. Vivono all'interno della tela differenti piani
visivi, livelli ed atmosfere che, confluiscono all'unisono dando vita all'opera
stessa.
Anche in Chiare, fresche e dolci acque prevale questa sensazione che ci
conduce attraverso un luogo di tempo assente, dove domina l'atmosfera
onirica di un istante bloccato in eterna attesa. In questi lavori stranamente non
appare nessuna presenza umana o nessun altro essere, se non una
predominante forza naturale, nonostante la figura dell'uomo sia una costante e
un peculiare punto di rifermento nella ricerca di Ester Grossi.
L'uomo fa nuovamente il suo rientro in scena nel dittico Fucinus Lacus, nel
quale alcuni uomini osservano e si confrontano riguardo ad un reperto
archeologico rinvenuto nel territorio: un teschio che ci riconduce
inevitabilmente alla storia ma anche alla morte. In lontananza appare uno dei
paesi che sorgevano e sorgono tutt'ora nel Fucino, mentre al centro domina
ancora la presenza lacustre.
Vicino al Giaggiolo o Iris marsica, un endemismo
floreale di questa zona, è rappresentata una presenza femminile che "culla" tra
le braccia un ceppo di legno. Il serpente accanto a lei ci riconduce alla figura di
Angiza, di cui ho accennato sopra e che Ester Grossi ha rappresentato in
chiave contemporanea.
Un'interpretazione che rievoca la cinematografia, non
solo una passione per Ester, bensì parte fondamentale della sua formazione
artistica. La "Signora Ceppo" è un chiaro riferimento alla nota serie televisiva
dei primi anni'90: I segreti di Twin Peaks. La Signora Ceppo, così come la
divinità di Angizia, vive un intenso rapporto e connessione con la foresta; il
legno e quindi il ceppo oltre essere per la Signora Ceppo la trasposizione del
marito morto in un incendio all'interno del bosco, diviene, così come per la
divinità marsicana, elemento sacro, fonte d'ispirazione e di magia, che le
consente addirittura di prevede il futuro.
Lo spirito ed il linguaggio sia narrativo
che di contenuti dell'opera di Ester Grossi, rimandano alle atmosfere create da
David Lynch, regista del serial TV: il surrealismo che pervade gli ambienti e la
vita dei protagonisti, quell'inquietudine e il turbamento che avvolgono i
pensieri, una forte sensazione di straniamento che ci conduce per mano in un
mondo altro, in quella sottile linea di confine tra reale e sovrannaturale, il tutto
attenuato ed ovattato con il sapore agrodolce del grottesco e dell'ironia.
La trasformazione del luogo del quale ci stiamo occupando, come accade
spesso quando l'uomo interviene sulla natura imponendo il proprio pensiero e
volere, ha modificato drasticamente l'intera area. Se da un lato la bonifica ha
permesso una riqualificazione agraria, uno sviluppo industriale e il sorgere di
centri agresti, dall'altro ne ha stravolto l'originaria conformazione, imponendo
una presenza costante ed imponente.
Questa "umanizzazione" e
"civilizzazione" ha comportato una sostanziale modifica climatica e
un'inevitabile mutamento della vegetazione e della fauna.
Una notizia di qualche giorno fa apparsa sui media affronta il problema del
rischio d'estinzione dell'orso marsicano, ormai ridotto a circa 40-50 esemplari.
La tematica e a mio avviso il dramma ogni volta che si presenta una notizia
come questa, non ha risparmiato a maggior ragione Ester Grossi, che
nell'opera Orso bruno marsicano, sottolinea la straordinaria bellezza e la
indispensabile presenza della natura, in antitesi troppo spesso con la
disarmonia e mostruosità dell'uomo, intesa come puro egoismo e drammatica
indifferenza.
L'artista, facendo riferimento alla visione aerea proposta da Google Earth e per
fare in modo che il fruitore possa comprendere visivamente l'attuale
conformazione territoriale del Fucino, presenta un'istallazione di tele
monocromatiche, alcune tessute e sinonimo del reale appezzamento del sito e
della suddivisione del suolo, delle differenti coltivazioni, tanto da apparire come
un immenso reticolato geometrico ancora una volta frutto del volontà umana.
Il passo successivo ora è quello di affrontare "l'avvento" della tecnologia nella
piana del Fucino. Una presenza insolita per questi luoghi, ancora più anomala
se ad insediarsi nel territorio giunge un centro telespaziale.
Siamo nel 1961 e questa area viene scelta come sede per l'innovativo e
avveniristico centro Piero Fanti, un luogo unico nel suo settore essendo il più
grande teleporto al mondo con circa novanta antenne paraboliche attive.
Impossibile per Ester Grossi resistere alla curiosità e al desiderio di improntare
la sua ricerca iconografica anche sul centro telespaziale. Un luogo che non può
lasciare indifferenti, soprattutto se osservato dall'alto, dove la visone più che
alla terra ci rimanda ad un'avveniristica e futuribile base spaziale da qualche
parte nell'universo.
Anche qui Ester non tradisce ne le attese, ne se stessa, ne
la sua arte e il suo linguaggio ideale; muovendo la ricerca da immagini reali,
ne reinterpreta la percezione, accentuandone alcuni aspetti, sottolineando
come l'uomo tecnologico spesso si impossessi della natura, come se essa fosse
una "cosa" di sua appartenenza, sulla quale egli è in diritto e in potere di
determinarne la destinazione, il futuro e quindi la vita.
Significative le opere nelle quali l'artista ritrae un dipendente del centrospaziale
mentre è intento a lavorare su alcuni computer degli anni '80; qui però l'azione
dell'uomo paradossalmente e in modo surreale avviene all'esterno, in contatto
diretto con la natura, come a voler sottolinearne l'invasione e l'aggressione
umana.
L'illustrazione a braccetto con l'ironia e l'immaginazione crescono a tal punto
nell'opera Slancio. Scoppio impeto improvviso, da permettere ad un satellite di
prendere il volo per lo spazio, nonostante il centro Piero Fanti non sia
predisposto per tale scopo.
Ester Grossi ci vuole infine condurre non con la memoria ma in questo caso
con la realtà e la fantasia, al giorno dell'inaugurazione del centro Piero Fanti. In
posa tra cielo e terra, ritrae alcuni dipendenti posizionati in fila e in attesa dello
scatto che ne testimoni la presenza; in questa opera, così come
In visita nel Centro Spaziale del Fucino, nella quale è palese il riferimento ad
Aldo Moro, l'allora Presidente del Consiglio in visita in quei luoghi, emerge
chiaramente la commistione di elementi e riferimenti a cui il linguaggio
espressivo di Ester Grossi fa riferimento.
In queste tele il cinema diviene protagonista, nello specifico quello anni '50
dell'America hollywoodiana, passando per la cultura Pop, alla rappresentazione
grafica, che tracima nell'idioma fumettistico pur mantenendone un solido
profilo narrativo, all'interno del quale l'artista ci "trascina", facendoci approdare
in una dimensione atemporale dove il coinvolgimento emozionale si confronta
arditamente con l'estraneità e l'indifferenza.
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Prorogata fino a Sabato 29 Giugno 2013
Inaugurazione Sabato 9 Marzo 2013 dalle 18,30 alle 22,00
Spazio Gianni Testoni La 2000+45
via d'Azeglio, 50, Bologna
Orari: al martedì al venerdì dalle 16.00 alle 20.00
sabato dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00
domenica, lunedì e altri orari su appuntamento
Ingresso libero