Doppelganger. Per questa esposizione, la terza del ciclo Itinerari per viaggiatori distratti, l'artista ha declinato con raffinata intelligenza il tema che attraversa il suo lavoro fin dagli anni '70: l'io e il suo doppio.
La mostra è il terzo appuntamento di Itinerari per viaggiatori distratti, ciclo di approfondimento, ideato dal critico Loredana Rea con l’intento di riflettere sul ruolo dell’arte, sul suo valore e sul suo campo d’azione.
Nell’arco di tempo compreso tra febbraio e giugno sette artisti – Maurizio Cesarini, Rita Mele, Margherita Levo Rosenberg, Enzo Cursaro, Riccarda Montenero, Grazia Sernia e Immacolata Datti – differenti per formazione e scelte operative, si confrontano per evidenziare l’importanza di una pratica di continuo e ricercato sconfinamento, strettamente connessa alle metodologie di lavoro e agli strumenti di espressione, suggerendo un itinerario complesso nella sua multiforme articolazione.
Per questa esposizione Maurizio Cesarini ha declinato con raffinata intelligenza il tema che attraversa il suo lavoro fin dagli anni ’70: l’io e il suo doppio.
L’indagine sulle problematiche dell’identità è, infatti, il centro dell’azione creativa, intesa come possibilità di conoscersi più a fondo grazie a un complesso processo di introspezione e di riflessione.
Il termine Doppelgänger scelto come titolo è preso in prestito dal tedesco. Nella letteratura e nelle antiche leggende indica una copia spettrale o anche reale (una sorta di sosia) di una persona e non può morire o sparire mai. È intraducibile alla lettera in italiano, composto da doppel, che significa “doppio”, e gänger che significa “che va”, “che passa”, indicando quindi presenza transeunte eppure persistente. Proprio sull’idea di andare sono costruiti il video e le immagini fotografiche, intese come doppio e come frammento, che rafforzano la proiezione facendola rimbalzare dallo schermo alle pareti: un attraversare per arrivare e nello stesso tempo per conoscere se stesso e attraverso sé gli altri. Tutto ruota intorno alla riflessione su uno stadio identitario inteso in senso analitico, nel quale il problema è la duttilità dell'io che diviene elemento caratterizzante, eppure fluido tanto da non poter essere definito.
L’intento è suggerire un’unità di identità che è continuamente interdetta e negata, perché non può mai dirsi completamente. La certezza dell'essere e dell'esserci diviene la forma di un’immagine che è costantemente metamorfica e non trova forma definitiva in cui concretarsi.
Inaugurazione 12 marzo ore 18
Studio Arte Fuori Centro
via Ercole Bombelli, 22- Roma
dal martedì al venerdì dalle 17,00 alle 20,00
Ingresso libero