Ufficio stampa Palazzo Pigorini
Nancy Goldring e Giovanni Greci. La Goldring e Greci arrivano alla fotografia tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 del Novecento in modo completamente diverso: lei - come sostiene Barbaro – da ''interessi legati all'architettura in senso ampio, come fatto della condivisione sociale, lui da un percorso strettamente autoanalitico e dall'attenzione alla fotografia implicata nella ricerca concettuale''.
Nancy Goldring e Giovanni Greci
Testi critici di Paolo Barbaro
Venerdì 12 settembre 2003 si inaugura a Parma, presso la prestigiosa sede di Palazzo Sanvitale, un’importante mostra fotografica intitolata “Duetâ€, che proporrà scatti dell’artista newyorkese Nancy Goldring e dell’artista parmigiano Giovanni Greci. L’esposizione, che si concluderà il successivo 3 ottobre, è organizzata dall’Assessorato alle Attività Culturali e Teatrali del Comune di Parma e dalla Fondazione Monte di Parma e con il patrocinio della Montclair State University, New Jersey.
I due artisti hanno già esposto in vari luoghi del mondo e tenuto conferenze sulla loro ricerca: Nancy Goldring è tra l’altro insegnante di disegno dal 1972 presso la Montclair State University, università in cui proprio Giovanni Greci ha tenuto nei mesi scorsi una lezione agli studenti del corso di fotografia su invito della stessa Goldring.
La ragione per la quale però l’Assessore Stefano Spagnoli ha fortemente voluto questa mostra – proseguendo nel filone di una politica culturale particolarmente attenta alla fotografia – è la possibilità di mettere a confronto due modi di fotografare che per lo storico della fotografia Paolo Barbaro (autore del testo di presentazione del catalogo della mostra) rendono gli autori “così similiâ€. La cosa assume una valenza quasi sorprendente se si pensa che i due si sono conosciuti personalmente e artisticamente soltanto un anno fa in occasione di una mostra di Greci nel Connecticut.
La Goldring e Greci arrivano alla fotografia tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 del Novecento in modo completamente diverso: lei - come sostiene Barbaro – da “interessi legati all’architettura in senso ampio, come fatto della condivisione sociale, lui da un percorso strettamente autoanalitico e dall’attenzione alla fotografia implicata nella ricerca concettualeâ€. E’ particolarmente curioso che sia Greci che la Goldring “abbiano in passato corredato la pubblicazione di loro fotografie con mappe, con indicazioni topografiche. In un caso era la fotografia del viaggio fisicamente compiuto dalla fotografa per distillarne serie di opere, nell’altra era l’immaginaria planimetria di un’esposizione che comprendesse l’intera opera del fotografo, i nessi e le sequenze. Basterebbe questo – continua Paolo Barbaro – questa necessità di dare un ordine descrittivo grafico a descrizioni di un mondo interno quanto esterno per collocare l’opera di Goldring e Greci in uno spazio comune che inizia forse con i fotomontaggi delle avanguardie degli anni Venti e Trenta del Novecento per quanto riguarda la negazione di una vocazione rappresentativo-realistica della fotografiaâ€.
Nancy Goldring ha scelto per questa esposizione parmigiana otto serie (sintesi della sua ricerca del periodo 1990-2003) che mostrano come la foto-proiezione sia “un atto fondante di tutta la sua fotografiaâ€, che attinge come spazio privato e intimo alla finestra del suo studio, situato a Manhattan. Come scritto in una recente pubblicazione americana, per la Goldring “la fotografia iniziale del luogo è una specie di appuntoâ€. La stessa autrice a proposito di “Isurumunija†(1997) ci spiega come “la serie intenda evocare il luogo studiato [un antico tempio scavato nella roccia in Sri Lanka], esperito, e infine, ricordatoâ€. Come per le altre serie, le immagini di Isurumunija precisano “il senso delle sue ri-costruzioni fotografiche†con la presenza di un doppio percorso: “dall’approccio razionale-scientifico ad altre razionalità , quella dell’esperienza immediata e quella della memoria (del lavoro onirico, anche) entro cui la fotografia ha una funzione completamente reinventata. Non è la traccia mnemonica e immediata dell’esperienza attraverso un teatro istantaneo ma è luogo di scritture sovrapposte e stratificate. La forma delle cose non è semplicemente ‘trovata’ ma è ricondotta a schemi simbolici o evocativa, in una linea che arriva da Miinor White, da Paul Caponigro†(Paolo Barbaro).
Per Greci la foto-proiezione qualifica solo parte della sua opera “anche se con implicazioni che riguardano anche la sua fotografia ‘diretta’ che non è mai soltanto straight photography. Per Greci la proiezione avviene in uno spazio privato, sul divano della propria abitazione, in modo speculare alle proiezioni della Goldring. Nella vicenda fotografica di Greci, questa operazione ha avuto un ruolo centrale di affermazione di una continuità percettiva tra esperienza fisica e rievocazione interioreâ€. La serie del 1991 del sofà (scelta quale inizio dell’esposizione) intitolata ora “Like a film like a dreamâ€, riprende immagini di un viaggio nel west “da cui viene eliminata ogni traccia di avvenimenti, di fatti contingentiâ€: si tratta, insomma, di una tipica “idea di antireportage che ha più di una parentela con la fotografia di Robert Frank†o derivante, “prima, dalle American Photographs di Evans. L’anamorfosi, la deformazione dovuta alla proiezione sulle superfici curve del divano e sulle textures di tessuti domestici, rende il paesaggio in termini surreali (…) A tale prologo seguono le fotografie raggruppate sotto il titolo di ‘Along the Border’ (2002/2003). Il confine a cui il titolo allude non è (non è soltanto) un confine geografico, altro grande tema dell’immaginario della frontiera statunitense. Si tratta spesso del confine tra interno ed esterno, strettamente connesso a quello tra immagine e ricordo delle proiezioni di ‘Like a film…’. Ed è proprio con le ultime proiezioni di un viaggio americano avvenuto nel 2002 che si chiude la mostra. La proiezione sembra riprendere le ultime immagini di ‘Along the Border’ suggerendo il continuo rinvio tra visione del luogo come veduta e visione di un paesaggio come prodotto fantastico, elaborazione del ricordo†(Paolo Barbaro).
In sintesi, si tratta di una mostra che susciterà non solo forti emozioni ma anche profonde riflessioni sull’uso del mezzo fotografico e sul senso dell’esperienza del viaggio.
La mostra, che è stata realizzata grazie al contributo di Banca Monte Parma e di Fondazione Monte di Parma, sarà aperta dal lunedì al venerdì fino al 3 ottobre a Parma presso Palazzo Sanvitale (in P.le Sanvitale 1) con orari 9-19. I testi critici del catalogo sono curati da Paolo Barbaro. L’ingresso è libero. L’inaugurazione è prevista per venerdì 12 settembre alle ore 18, alla presenza anche di Elizabeth Barker, curator del Metropolitan Museum of Art, N.Y., di una rappresentante della Montclair State University e di altre personalità universitarie americane.
INAUGURAZIONE: Venerdì 12 Settembre ore 18
ORARI DI APERTURA:
h. 9-19 dal lunedì al venerdì
Ingresso gratuito
Informazioni sulla mostra: Patrizia Ferrari
Ufficio Iniziative Culturali (Comune di Parma)
Tel. 0521/218041 Fax 0521/231142
e-mail p.ferrari@comune.parma.it
ORGANIZZAZIONE:
Comune di Parma - Pal. Pigorini
Strada della Repubblica, 29
43100 Parma
Patrizia Ferrari
tel. 0521/218041 fax 0521/231142
UFFICIO STAMPA:
Barbara Pecchini
Uff. Stampa Palazzo Pigorini
tel. 0521/218914 fax 0521/231142
Palazzo Sanvitale (P.le Sanvitale, 1) - 43100 Parma