Storie rosse. In questa mostra personale si puo' apprezzare la profondita' dell'arte concettuale e comprendere ulteriori rimandi sia alla poesia visiva che all'arte concreta.
Scrive Carla Maria Arienti:
Il Liceo Artistico di Brera continua il percorso di mostre storiche per essere al passo con la storia
dell'arte del nostro tempo e, soprattutto, per offrire agli studenti l'opportunità di conoscere autori, artisti e
intellettuali che hanno animato, attraverso linguaggi diversi, la vivace scena artistica internazionale.
Con questa mostra di Emilio Isgrò si può apprezzare la profondità dell'arte concettuale e comprendere
ulteriori rimandi sia alla poesia visiva che all'arte concreta.
Occasione storica, ma anche occasione di crescita culturale per una scuola milanese che crede veramente
nella cultura e nell'arte.
Scrive Carlo Franza:
Il Liceo Artistico di Brera a Milano nel quadro delle grandi mostre che annualmente presenta da anni ai
suoi studenti, ha trovato indicativo ora proporre un nome e un artista come Emilio Isgrò, figura capitale
dell'arte contemporanea. E lo fa con una mostra che non abbraccia l'intero percorso dell'artista meglio
conosciuto per le sue “cancellature”, ma con un capitolo che più s'avvicina anche allo studio della storia,
ovvero agli interessi storico-sociali e ideologici che animano le nuove generazioni. Da qui la scelta delle
“Storie rosse”. Ha scritto Gilles Deleuze: “Tutti i contenuti vanno bene, a condizione che ne forniscano
un'interpretazione del libro, ma riguardino l'uso e che lo moltiplichino, che creino un altro linguaggio
all'interno del suo linguaggio”. Alla luce di ciò per l'intero lavoro dell'artista Emilio Isgrò è stato
impossibile separare la storia dell'arte dal suo sfondo sociale e ideologico.
Nel caso delle “Storie rosse” si
vede come esse siano andate a certificare l'analoga volontà di rivelare le strutture invisibili dell'apparato
ideologico, abbiano decostruito sistemi di rappresentazione, e abbiano girato intorno a una definizione
dell'arte come informazione visiva. Le Storie rosse sono una cartella di dieci tavole uscite nel 1974 in
un'edizione Studio Nino Soldano a Milano. Le Storie rosse sono una metafora forte, tradotta
graficamente,di quelle che sono state le rivoluzioni socialiste, all'interno del grande piano delle
rivoluzioni novecentesche. Si leggono attraverso grandi rettangoli rossi, colore emblematico delle lotte
del proletariato. Gli eroi delle lotte popolari non ci sono, ovvero sono stati “cancellati”, di essi rimane
solo una didascalia che ne racconta le gesta, una frase minima che ne indica un riferimento storico. Ecco,
Trotskij cade, Fidel Castro sale, Rosa Luxemburg passeggia, Mao Tse-tung dorme, ecc.
Lo spazio rosso
in Isgrò riprende l'importanza dello spazio bianco nella poesia e nel gioco di Mallarmè, come silenzio
circostante a un componimento nel suo insieme. E' una metafora visiva, grafica, oggetto anche di un
guardare assai poco codificato, e dunque insolitamente libero per davvero in quanto guardare, di cogliere
ogni dettaglio dell'organizzazione visiva e di interpretarlo nei propri termini, che sono poi diversi da
quelli del leggere. Queste storie rosse ci paiono possano essere lette in quella traiettoria tra poesia visiva
e poesia concreta così estremista e così apocalittica, cui Isgrò si è rivelato negli anni grande artista
concettuale. Quelle frasi calate all'interno delle tavole rosse sono un leggere che rimane di solito
leggermente preminente ,dato che esso definisce il contesto di senso in cui anche le componenti più
schiettamente visive vanno interpretate. Anche il contesto, in questo caso rosso, in cui un testo si presenta
al mondo fa la sua parte nel deciderne le modalità prevalenti di lettura. Il guardare poi rimanda a una
logica sequenziale, giacchè il rosso di ogni lavoro rimanda a quella frase contaminante, a una lettura che
rimette in gioco il guardare, e diventa qui pertinente anche la visione d'insieme, e dunque il rapporto fra la
visione d'insieme e la fruizione sequenziale. Le storie rosse sono un'unità visiva, un'opera il cui senso
deriva tanto dal leggere quanto dal guardare,indissolubilmente. E' un'immersione visiva nel colore, il
rosso rivoluzionario fatto di passione e di sangue, all'interno di una fascinazione il cui tono si regge
proprio sulla frase collimante.
Sicchè il suo “io cancello le parole per custodirle, è un gesto di salvezza”, è stata una fortemente lucida e
ideologica riflessione sulla storia passata e presente.
Breve biografia dell’artista
Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) ha cominciato a produrre nel 1964 le prime Cancellature,
subito accolte da gallerie e musei di tutto il mondo.
Più volte invitato alla Biennale di Venezia (1972, 1978, 1986 1993), nel 1977 ha ricevuto il primo
premio alla Biennale di San Paolo.
Risale al 1985 l'opera multimediale La veglia di Bach, allestita su committenza del Teatro alla Scala
nell'ex Chiesa di San Carpoforo. Nel 1998 ha donato alla città natale la gigantesca scultura Seme
d'arancia come segno di rinascita dei paesi mediterranei, mentre nel 2008 il Centro Luigi Pecci di Prato
gli ha reso omaggio con la retrospettiva Dichiaro di essere Emilio Isgrò.
Tra le mostre più recenti sono da ricordare Fratelli d'Italia (Gallerie del Credito Valtellinese, Milano-
Acireale, 2009), Disobbedisco. Sbarco a Marsala e altre Sicilie (Convento del Carmine, Marsala, 2010),
Var ve yok (Taksim Sanat Galerisi, Istanbul, 2010), Codici ottomani (Boghossian Foundation, Bruxelles,
2011).
Nel 2011 ha presentato La Costituzione cancellata (prodotta dalla Boxart) alla Galleria Nazionale d’Arte
Moderna di Roma, realizzando nel maggio dello stesso anno, all’Università Bocconi di Milano, l’opera
pedagogica Cancellazione del debito pubblico, inaugurata da Mario Monti.
Attualmente una sala del Mart di Rovereto è riservata all'opera Cancello il Manifesto del Futurismo,
mentre le Gallerie d'Italia ripropongono a Milano L'ora italiana (1985-1986) e la Gnam di Roma
annuncia per il prossimo giugno una grande antologica.
La sua attività di poeta, narratore e drammaturgo, è testimoniata da numerosi libri, scritti e pubblicazioni,
nonché dalla trilogia siciliana L'Orestea di Gibellina (1983-1985), che ha segnato una svolta epocale
nel teatro degli anni ottanta e alla quale sono oggi intitolate le annuali "Orestiadi".
IL DIRIGENTE SCOLASTICO
Prof.ssa Carla Maria Arienti
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO D’ISTITUTO
Monica Casali
LA COMMISSIONE SPAZIO HAJECH
Walter Angelici, Matteo Cannata, Gianluca Canesi, Pompeo Forgione, Rossella Guida,
Francesca Pensa, Laura Puglisi, Marisa Settembrini
Inaugurazione: Mercoledì 10 aprile 2013, ore 18.00 (Ingresso via Marcona, 55)
Presentazione: Carlo Franza
Spazio Laboratorio Hajech
via Camillo Hajech, 27, Milano
Orari: Da lunedì a venerdì ore 9.30-14.30
Sabato ore 9.30-12.30
Ingresso libero