Le ragioni dello spazio. La rarefazione della materia apre inediti scenari dentro un l'ascolto delle forme, delle luci e delle emozioni geometriche che lo spazio gli suscita.
“Le ragioni dello spazio” è il titolo di una mostra-intervento in cui l'opera non è un “oggetto” preesistente allo spazio ma nasce dal suo ascolto. Non si tratta di installare un dipinto, o una scultura, dentro un luogo dedito alla contemplazione estetica. Si tratta innanzitutto di ascoltare una voce, un sospiro, una razionalità e una forza. Questo fascio di identità rappresentano in parte ciò che lo “spazio” è, nella sua essenza più profonda, secondo Filippo Manzini (Firenze, 1975. Vive e lavora tra Empoli e Los Angeles). Egli porta la scultura, l'installazione e il disegno ad grado elementare, dove la rarefazione della materia apre inediti scenari dentro un l'ascolto delle forme, delle luci e delle emozioni geometriche che lo spazio gli suscita. Operando secondo le regole di quello che potremmo definire come un “minimalismo lirico”, Manzini costruisce i suoi interventi materici in dialogo con lo spazio puro, con la sua essenza corporea. Gli aspetti culturali o storici di un luogo diventano per Manzini talvolta utili, quando ne hanno influenzato lo spazio e il proprio volume formale, dando avvio al processo creativo.
Manzini possiede una sensibilità spiccata per la “corporeità” effimera dello spazio. Un angolo, un'ombra o una variazione di luce gli bastano per entrare dentro un discorso nel quale le opere giocano il ruolo di catalizzatori, di suoni, di eco e suggestioni che vengono riportati non alla ricerca insensibile delle forme pure a priori, ma un attento scandagliamento delle emozioni geometriche che l'occhio dell'artista gode a ricercare, producendo a sua volta visioni materiche.
Queste sono, a loro volta, delle presenze che assumono una loro autonomia. Il cubo bianco per lui non è mai soltanto un contenitore neutrale ma un campo aperto di infinite possibilità dentro cui cogliere gli aspetti più “effimeri”, leggeri ed invisibili ad un occhio comune, spesso abituato a leggere lo spazio come “luogo” e quindi come una dimensione prettamente “antropologica” ed “ergonomica” (fatta a misura d'uomo).
Manzini è l'alternativa a ciò: lui dà voce alle ragioni dello spazio puro e lo fa con installazioni che sono “anti- sculturee”, lontane dal voler imporre una forma ad una materia informe, che in fondo è il senso della scultura classicamente intesa. La trasformazione delle cose, e del mondo, ha un carattere molto più libero che segue una progettualità giocata sul dialogo con lo spazio e con il tempo, attivato nell'atto del costruire e subito abbandonato: in questo senso l'anti-scultura di Manzini riflette la anti-monumentalità di un atteggiamento volto a non trattenere il tempo, a non lasciare ai posteri un'affermazione estetica perentoria ma a giocare sull'equilibrio offerto da un sistema di forze in trazione reciproca che si scontrano fino a raggiungere una stabilità. Anche se talvolta appaiono esili, queste installazioni mostrano e dimostrano una grande forza strutturale, capace di aprire lo spazio attorno a loro e di chiamare in causa, volendo, anche un dialogo a distanza con una certa architettura.
Inaugurazione 20 aprile ore 18.30
C2 Contemporanea2
Via Ugo Foscolo, 6 (interno) - Firenze
Da martedì a sabato dalle ore 17 alle ore 19 o su appuntamento
Ingresso libero