La rete di assonanze che unisce il composito insieme di tecniche, temi e approcci, in un itinerario che attraversa metropoli del Nord e del Sud, tra New York, Parigi, Beirut e Palermo.
a cura di Sara Boggio
Le opere esposte in Femminile Plurale sono come le personalità delle quattro
artiste cui la mostra è dedicata: ciascuna spicca nella propria diversità, in apparenza
irriducibile a comuni denominatori - fatto salvo il vigore del rispettivo impatto.
La rete di assonanze che unisce il composito insieme di tecniche, temi e approcci,
in un itinerario che attraversa metropoli del Nord e del Sud, tra New York, Parigi,
Beirut e Palermo, va cercato al di sotto della superficie, laddove un intreccio di
«corrispondenze» sotterranee fa dei quattro immaginari, così distintamente concepiti,
una sola «foresta di simboli».
Femminile è lo spirito guida di questo percorso, senza
alcun riferimento alle questioni di genere, ma alla pluralità di suggestioni e valenze
simboliche di cui il termine è misterioso ricettacolo e le opere manifesta espressione.
Kathe Burkhart, artista multidisciplinare, scrittrice, storica portavoce delle istanze meno
conformiste e più profondamente liberatorie del pensiero femminista e delle tematiche di
genere, presenta estratti della serie di dipinti dedicati a Liz Taylor - suo indomito alter ego,
immortalato in centiania di pose a partire dal 1982, a formare una galleria di ritratti, tuttora in
progress, che non avverte il passaggio del tempo.
Di tutt’altro segno la pittura di Ann Craven,
che pur muovendosi nel solco della più classica tradizione figurativa - prediligendo soggetti
semplici e stereotipati come fiori, cerbiatti e uccellini - è in realtà motivata da una ricerca
concettuale, condotta intorno al tema della ripetizione: i suoi quadri, replicati in decine di copie
con variazioni minime, sono un’ininterrotta riflessione sui meccanismi percettivi che regolano
il processo pittorico. Michela Forte è un’artista che lavora con la fotografia, rigorosamente
analogica, dando vita a un mondo in bianco e nero fatto di oggetti, dettagli minimi del proprio
corpo e nitide geometrie, occasionalmente scalfite da intrecci di linee nervose, incise sulla
superficie della fotografia per mezzo di forbici, bisturi o altri strumenti chirurgici.
Lamia
Ziadè, già fashion designer per Jean Paul Gaultier e autrice della graphic novel Bye Bye
Babylon (dedicata alla guerra civile in Libano, suo paese d’origine), crea collage fatti di stoffa
che rappresentano interni sontuosi, carichi di languore erotico e reminescenze letterarie, dove
le influenze pop si fondono a un’atmosfera tipicamente mediorientale, per accogliere, al
centro della scena, nudi femminili che recano omaggio sia al lavoro di Tom Wesselman che
alle liriche di Baudelaire.
Inaugurazione 3 maggio 18
In Arco
piazza Vittorio Veneto 3 10124 Torino