Fabio Paris Art Gallery
Brescia
via Alessandro Monti, 13
030 3756139 FAX 030 2907539
WEB
Armida Gandini
dal 3/10/2003 al 8/11/2003
030 3756139 FAX 030 2907539
WEB
Segnalato da

Fabio Paris




 
calendario eventi  :: 




3/10/2003

Armida Gandini

Fabio Paris Art Gallery, Brescia

Gli asini non volano. I protagonisti dei suoi lavori sono bambini che desiderano comunicare piu' che un messaggio una decisione, una presa di posizione. ''Le immagini sono tratte sfogliando gli album di famiglia (a partire da quelli personali), un modo di rendere pubblico il privato allargandolo. Fotografie che erano destinate alla sola visione familiare cosi' diventano immagini di una memoria collettiva, come se si aprissero delle porte su dei mondi interiori'' spiega l'artista.


comunicato stampa

Catalogo in galleria con il racconto ''La negazione'' di Luciana Littizzetto e il testo ''Gli asini non volano'' di Valentina Costa

Gli asini non volano
Uno scroscio d'acqua si riversa sulla testa di Andrea, ma lui imperterrito è pronto a dire ''non mi bagno''; Valentina si nasconde dietro un'ingombrante sedia bisbigliando la frase ''non ci sono''; Vezio si sottrae con la sua giacchetta blu all'incontro con un gruppo di uccelli pensando ''non siete miei amici''. Sono bambini che desiderano comunicare più che un messaggio una decisione, una presa di posizione quelli che Armida Gandini rende protagonisti dei suoi lavori. Sempre presenti come personaggi principali, non sono simpatici pargoletti che possono intenerire un pubblico facile al sentimentalismo e alla nostalgia per l'infanzia. Sono piccoli protagonisti che hanno già sviluppato un proprio modo di pensare e di porsi di fronte al mondo, pronti a far vedere chi sono, a voler avere la possibilità di decidere. Infatti Gandini sceglie di rappresentare un'età, quella pre - adolescenziale, intesa come momento di crescita, di passaggio, in cui la persona comincia a sviluppare la propria individualità e a capire cosa significano indipendenza e autonomia. Per questo la maggior parte delle volte ci troviamo di fronte a personaggi soli, calati in contesti che, se in un primo tempo erano il bosco delle fiabe o il labirinto, simboli delle difficoltà che si incontrano nella vita e della scelta, ora sono luoghi vuoti, privi di una reale connotazione, dove la matita nera dell'artista disegna ambienti irreali, direi surreali. Sfondi metaforici che evocano lo strato più profondo, il pensiero, l'immaginario, realizzati con una calligrafia spoglia, ma nello stesso tempo raffinata, lineare, ma contemporaneamente spiazzante, lontana dalle formule più frequenti del disegno contemporaneo. Sono i luoghi mentali che vivono in rapporto con le azioni dei protagonisti, sottolineando che si tratta più di movimenti emotivi che fisici, perché tutto avviene nella loro testa o nella loro pancia.

''Le immagini sono tratte sfogliando gli album di famiglia (a partire da quelli personali), un modo di rendere pubblico il privato allargandolo. Fotografie che erano destinate alla sola visione familiare così diventano immagini di una memoria collettiva, come se si aprissero delle porte su dei mondi interiori'' spiega l'artista. Sfogliando gli album Armida si è resa conto di quanto in fondo gli scatti si assomigliassero, perché esistono degli episodi, delle azioni, dei gesti comuni che appartengono a tutti e che vengono immortalate dalla macchina fotografica nel corso degli anni. Sono le esperienze che attraversiamo nella vita e che incidono sulla definizione della nostra identità; sono gli incontri, le relazioni che abbiamo instaurato, le situazioni che ci hanno commosso.
Ma queste immagini private, che rappresentano il vissuto soggettivo, vengono trasferite in una dimensione più generale mediante l'ulteriore sovrapposizione di un breve frammento di testo, che svincola la memoria da una stretta autobiografia, da un quotidiano ordinario e indifferenziato. Nei lavori più recenti i brevi periodi declinati rigorosamente al presente assumono un tono imperativo, di negazione, di non accettazione: Non gioco più, Non sono una Signora, Non ci casco. Sono espressioni di dissenso legate alla situazione evocata nell'opera: i personaggi si ribellano a ciò che è convenzione, che spesso diviene sinonimo di conformismo, di ovvietà. Un negarsi qui rappresentato nella maniera goffa e giocosa dei gesti tipici dei bambini, ma che va ben oltre nella riflessione di Gandini, perché quello che i protagonisti difendono è il loro spazio, il loro pensiero. Negano qualcosa per affermare se stessi. E l'unica maniera per tutelarsi è quella di inventarsi delle gabbie, delle scatole rassicuranti, ma anche autoingannevoli.
E' quella di bendarsi gli occhi e tapparsi le orecchie, ostinarsi a non sentire e non vedere, arrivando a negare l'evidenza.
Valentina Costa

VERNISSAGE: sabato 4 ottobre ore 18.00

fabioparisartgallery
ARTE ACCESSIBILE, ARTE POSSIBILE
via Alessandro Monti 13 - 25121 Brescia
dal lunedi al sabato 15/19 - festivi su appuntamento

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