Vetri d'arte 1932/1973. L'esposizione racconta, attraverso circa 200 realizzazioni - tra cui prototipi e pezzi rari - la storia di una delle eccellenze produttive del XX secolo: la Seguso Vetri d'Arte.
Frutto di un lungo lavoro di ricerca dello studioso belga Marc Heiremans,
grande esperto di storia del vetro muranese contemporaneo, la mostra
promossa dal 18 maggio al 29 settembre dalla Fondazione Musei Civici di
Venezia al Museo del Vetro di Murano, racconta, attraverso circa 200
capolavori - tra cui prototipi e pezzi rari - la storia di una delle eccellenze
produttive del XX secolo: la Seguso Vetri d’Arte.
Attraverso una carrellata d’opere di straordinaria qualità viene focalizzata la
vicenda di un’imprenditoria familiare, vera e propria “dinastia della
lavorazione del vetro” (già citata in un documento del 1397), che ha
contribuito in modo determinante allo sviluppo di quest’arte durante il
Novecento.
Le sorti e i percorsi personali della famiglia - come emerge anche dagli archivi
della vetreria, studiati dal curatore e pubblicati a fine 2013 - s’intrecciano infatti
alle vicende più complesse di un comparto fondamentale dell’artigianato
artistico italiano che è espressione della nostra creatività e abilità manuale nel
mondo, alle azioni di valorizzazione attuate dai governi nazionali e regionali, alla
situazione economica e politica che ha interessato l’Italia nel cosiddetto
“secolo breve”.
La fucina di famiglia, in cui lavorarono Antonio Seguso e i figli Archimede ed
Ernesto, insieme ad altro soci, diventa azienda nei primi anni ’30 in un periodo
di forte innovazione e grande progettualità manifatturiera.
I decenni immediatamente precedenti avevano visto una situazione economica
difficilissima per Murano: i maestri vetrai lavoravano per lo più conto terzi, le
piccole vetrerie restavano chiuse per molti mesi e raramente contavano più di
un forno. Il problema era soprattutto la distribuzione. Solo Salviati aveva un
negozio a Venezia e molte delle fornaci e dei soffiatori producevano
direttamente per i grandi stabilimenti locali come lo stesso Salviati, Pauly,
Buoncompagni. È in questo contesto che acquistano rilievo le prime azioni di
valorizzazione e di promozione dell’artigianato italiano e della produzione
vetraria muranese: dall’istituzione nel 1914 dell’Associazione per il lavoro e le
piccole industrie - divenuta poi Istituto Veneto per il Lavoro - all’apertura a
Milano nel ’20 della Fiera campionaria, su ispirazione di quelle di Lipsia e Parigi;
dalle attività dell’Ente Nazionale per l’Artigianato e le piccole industrie (e in
seguito dell’Istituto Nazionale per il Commercio Estero) che dal 1930 organizza
anche la partecipazione italiana alla fiera di Lipsia, includendo il vetro di
Murano, fino all’inaugurazione della prima Fiera Nazionale dell’Artigianato a
Firenze e di un padiglione “Venezia” alla Biennale Internazionale d’Arte del
1932, dedicato al design e alla produzione artistica manifatturiera.
L’avventura imprenditoriale e creativa dei Seguso inizia proprio in questo
clima di fervore nel ‘33 con l’Artistica Soffieria e Vetreria Barovier Seguso Ferro
fondata da Antonio Seguso, con i figli Archimede ed Ernesto, da Napoleone
Barovier e Luigi “Olimpio” Ferro.
Nella mostra curata da Heiremans - con il coordinamento di Chiara Squarcina -
le creazioni della storica vetreria accompagnano i visitatori nei passaggi
salienti, a cominciare dal sodalizio fondamentale con Flavio Poli che entra in
azienda come disegnatore nel ’34.
Poli ha una mentalità aperta, innovativa, spinge a sperimentare, stimola la
vetreria a partecipare alle prime Triennali a Milano e alla Biennale di Venezia.
Dal dialogo e dal confronto tra Flavio Poli, Archimede Seguso e Alfredo
Barbini, nascono pezzi straordinari e assolutamente innovativi per tecnica e
forma, che eccezionalmente questa esposizione permette al pubblico di
vedere.
Ci sono Grigio oro e Pesco oro due delle creazioni con le quali nel ’36 la vetreria
ottiene il Diploma d’Onore alla IV Triennale di Milano (uno strato colorato tra
due pareti di opale); ci sono i vasi dalle forme irregolari che solo Seguso
produce nettamente all’avanguardia per l’epoca; i primi ”fazzoletti”, allora
chiamati “cartocci” e appena introdotti da Pietro Chiesa per Fontana Arte,
realizzati però con il guizzo personale dell’orlatura a incalmo o con
un’asimmetria precorritrice.
Ci sono i vetri di pasta colorata – bellissimo il vaso corallo opaco e rosso -
ricoperti di uno strato di cristallo incolore, invenzione della vetreria Seguso per
contrastare i rischi d’instabilità.
Il 1937 è un’altra data importante per l’azienda muranese, perché segna la
decisione di decuplicare il capitale, l’entrata come socio di Poli (se ne va Luigi
“Olimpio” Ferro) e la nuova denominazione della vetreria, divenuta “Seguso
Vetri d’Arte”. Di quell’anno sono anche il capolavoro con il quale la Seguso
partecipa all’Esposizione Universale di Parigi ottenendo il Gran Prix - un
grande vaso di vetro fumé a bollicine metalliche - e il famosissimo pesce in
vetro verde nord a massello, iridato, che, realizzato in un unico blocco
(assoluta prerogativa di Archimede) sarà esposto alla XXI Biennale.
Entrambi pezzi unici presenti in questa mostra rivelatrice.
Risale al medesimo periodo anche il rapporto con Veronese, mercante parigino
che facilita l’affermazione internazionale della vetreria, mentre prende corpo -
accanto alla produzione artistica - l’attività legata a progetti architettonici sia
per l’illuminazione che per l’arredo: il Grande Hotel Savoy a Cortina nel ’36, il
Cinema Astra e il Cinema Smeraldo a Milano nel ’40-’41, l’Hotel Bauer
Grünwald a Venezia, il Gerorge V a Parigi, per citarne alcuni.
Seguono - anche dopo la fusione nel ’36 con la Zecchin-Martinuzzi - fasi di
grande creatività e sperimentazione, fino alle tensioni pre-belliche e alle gravi
crisi, in pieno conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra.
La serie del Piton d’oro, presentata nel ’42 alla XXIII Biennale d’Arte di
Venezia, nasce dall’invenzione di una nuova materia sviluppata da Flavio Poli
designer e Archimede Seguso maestro vetraio, già tre anni prima: una massa
ambra/giallo bullicante, nel quale i due riescono ad inserire “finestre” in vetro
trasparente. È il segno della voglia di innovare, di arrivare all’estremo, di
tentare nuove strade.
Ma la sorte non aiuta. Il primo giorno di esposizione alla Biennale la serie viene
venduta a un americano e l’unico pezzo rimasto in mostra viene rubato dalla
vetrina.
Poli non avrà pace: non riuscirà mai più a riprodurre vetri analoghi e quello
stesso anno Archimede Seguso lascia la vetreria, vendendo la sua quota al
fratello Ernesto.
Si avviano nuove partnership anche per sviluppare un’attività di tipo industriale,
ma la Seguso Vetri d’Arte nonostante le difficoltà di esportazione, gli embarghi
ecc. continua la sua produzione d’arte grazie alla personalità di Poli, di Angelo
Seguso divenuto primo maestro vetraio e a maestri vetrai eccellenti come
Francesco Martinuzzi, Plinio Pustetto, Giusto Nichetto e altri.
La Seguso viene riconosciuta a livello internazionale ed entra nel panorama
dell’arte contemporanea. Nel ’48 la vetreria esporta le sue creazioni in tutti i
continenti; dall’anno successivo i più grandi Musei internazionali cominciano
ad acquistare i vetri artistici usciti dalla sua fornace e disegnati da Flavio Poli:
dal Victoria & Albert di Londra al “Landesgewerbemuseum” di Stoccarda, dal
Neue Sammlung Museum di Monaco, al Royal Ontario Museum di Toronto, fino
al MoMA di New York.
Vanno ricondotte agli anni Cinquanta le difficilissime Valve, di cui in mostra
sono esposti esemplari rarissimi: forme ottenute con una lunga lavorazione a
freddo e per le quali la vetreria Seguso ha sperimentato il riutilizzo della tecnica
a incalmo. Di altissimo pregio soprattutto i vasi n.9324 e n.9325: “valve
siderali” oppure “astrali” con murrine verde giallo o ametista verde, un’opera
realizzata con due ciotole unite a incalmo: una murrina sulla fronte, un cristallo
per il dorso. Un impareggiabile lavoro di mola.
Quindi i Sommersi – talvolta anche sfumati e corrosi - in cui spessi strati di
vetro di colori diversi vengono sovrapposti, con alchimie uniche, per arrivare
a nuove colorazioni, fluttuazioni di arte e poesia: notte boreale, sayonara, fumo
di Londra; grigio acciaio e violetto; verde, rosso cinese e giallo; rubino leggero e
giallo resina; grigio, rosso cinese e ancora grigio.
Nel ’54 il Compasso d’Oro, alla sua prima edizione, viene assegnato proprio a
un grande vaso in vetro sommerso blu rubino e cristallo disegnato da Poli per
Seguso.
Ci sono in realtà, in questi anni, cambi societari (viene liquidata formalmente la
società esistente e costituita una nuova società prima “Seguso srl” poi “Seguso
Vetri d’Arte di Ernesto Seguso, Flavio Poli & C.”) ma i soci rimasti - Ernesto,
Isidoro, Angelo e Bruno Seguso, Flavio Poli, Napoleone Barovier, Plinio Pustetto
e Giusto Nichetto - continuano ad esporre nei maggiori appuntamenti
internazionali come “Seguso Vetri d’Arte”. Fino agli ultimi passaggi proprietari
e di direzione.
Nel ’63 Poli si stacca e direttore artistico della vetreria diventa Mario Pinzoni,
suo allievo fin dal ’53. Pinzoni disegna fra il resto anche due vasi in vetro
bulicante per la Biennale di Venezia del ’64, che possiamo vedere esposti, in
questa importante occasione, al Museo del Vetro di Murano, insieme ad altri
prototipi come il Picchio ametista pagliesco e rosso, opera troppo complicata
per essere riprodotta.
Negli anni seguenti anche Antonio Seguso si ritira ed Ernesto lascia la società.
Saranno Angelo e Bruno, ora a capo della vetreria, a portare avanti la tradizione
di famiglia.
Nel ’71 lascia anche Pinzoni e nel ’72 la famiglia si divide e l’azienda con lo
storico marchio viene venduta.
Il percorso espositivo termina qui ma ovviamente i Seguso hanno continuato a
mantenere vivo il loro ruolo imprenditoriale nel campo del vetro artistico
muranese e dal 2008 Seguso Vetri d’Arte è rientrata nelle mani della famiglia
con direttore artistico Pierpaolo Seguso, riprendendo il cammino là dove era
stato interrotto, con uno sguardo alla tradizione e uno alla sperimentazione
contemporanea: una delle realtà produttive artigianali che rendono l’arte del
vetro di Murano tra le principali tradizioni artistiche di Venezia e dell’Italia, nel
mondo.
Sullo sfondo della mostra risplende il Museo del Vetro di Murano, sorto
grazie alla geniale intuizione dall’Abate Vincenzo Zanetti 152 anni fa, come
luogo di memoria e archivio ma anche punto di riferimento istituzionale con
la realtà produttiva muranese: capace di raccontare e valorizzare il ruolo
dell’isola nella peculiare lavorazione e creazione di nuove scoperte chimico-
tecnologiche vetrarie e il fervore creativo dei suoi maestri e designer, oggi
come ieri.
Un ruolo che la Fondazione Musei Civici di Venezia e il Comune di Venezia
intendono perseguire e rafforzare anche con l’avvio dei lavori per il recupero
delle adiacenti Ex Conterie e l’ampliamento degli spazi museali destinati al
vetro contemporaneo e agli eventi, ribadendo il valore intrinseco dell’isola ma
soprattutto la vitalità di una produzione che, pure, sta affrontando un difficile
momento di crisi.
Informazioni per la stampa
Fondazione Musei Civici di Venezia - Ufficio Stampa
Riccardo Bon T +39 028 7334951, T +39 041 2715921, press@fmcvenezia.it
Vernice stampa venerdì 17 maggio, dalle 11 alle 12.30
Inaugurazione venerdì 17 maggio, ore 17 (esclusivamente su invito fino a esaurimento dei posti disponibili)
Museo del Vetro
Fondamenta Giustinian, 8 Murano
Orario: tutti i giorni 10/18 (biglietteria 10/17.30)
Biglietti
Intero 8,00 euro
Ridotto 5,50 euro
ragazzi da 6 a 14 anni; studenti* dai 15 ai 25 anni; accompagnatori (max. 2)
di gruppi di ragazzi o studenti; cittadini ultrasessantacinquenni; personale*
del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; titolari di Carta Rolling Venice; soci FAI
Gratuito
residenti e nati nel Comune di Venezia; bambini 0/5 anni; portatori di
handicap con accompagnatore; guide autorizzate; interpreti turistici* che
accompagnino gruppi; 1 gratuità ogni 15 biglietti previa
prenotazione;membri I.C.O.M.
*è richiesto un documento
Vaporetto: linea 4.1/4.2/3 - fermata Murano Museo