A 3 mesi dalla sua scomparsa, il museo dedica una mostra a Basilico, un omaggio sincero e affettuoso a uno dei riconosciuti maestri della fotografia contemporanea europea e a un grande amico. E' esposta una selezione di 110 opere, che datano dal 1969 al 1998, divise per ricerche e nuclei tematici.
A cura di Roberta Valtorta
A tre mesi dalla sua scomparsa, il Museo di Fotografia Contemporanea
dedica una mostra a Gabriele Basilico, un omaggio sincero e affettuoso a
uno dei riconosciuti maestri della fotografia contemporanea europea, e a
un grande amico del Museo.
Gabriele Basilico è stato un grandissimo artista della contemporaneità, un
intellettuale democratico, un uomo generoso. Ha lasciato un enorme
patrimonio di lavoro, di cultura, di umanità.
Come artista, si colloca in posizione centrale nel contesto della grande
fotografia documentaria internazionale. Grazie al rigore, alla vastità e
alla saldezza della sua ricerca totalmente dedicata, negli anni, al
difficile tema del paesaggio urbanizzato in continua trasformazione, egli
è uno dei maestri che hanno costruito la fotografia contemporanea e ne
hanno consentito l’ingresso nel mondo dell’arte.
Gabriele Basilico nasce a Milano il 12 agosto 1944. Dopo il Liceo
artistico, si laurea in Architettura al Politecnico di Milano. Inizia a
fotografare mentre è ancora studente, ed è la fotografia sociale il suo
primo interesse, nel momento della contestazione studentesca, delle lotte
operaie, delle manifestazioni di piazza, del desiderio di cambiare il
mondo. Ma, nonostante la gratitudine sempre dimostrata a Gianni Berengo
Gardin, suo maestro, o all’amico Cesare Colombo, nonostante la stima per
William Klein, il reportage non è il genere di fotografia che realmente
possa appartenere a Basilico, non del tutto interessato al racconto
dell’evento nel suo svolgersi, non portato a cogliere in velocità il
momento decisivo.
Altri diventano i suoi riferimenti, prima Bill Brandt e
le sue periferie urbane, Ugo Mulas con la sua cultura e la sua apertura
intellettuale, Paolo Monti, con il suo metodo severo e rigoroso; poi il
grande Walker Evans, maestro di democrazia dello sguardo, i coniugi Bernd
e Hilla Becher, che hanno dedicato la loro vita all’indagine sistematica
dei manufatti industriali, Lewis Baltz, fotografo delle aree più infime e
abbandonate del paesaggio postindustriale. Ma anche, sullo sfondo, le
diverse idee di città di Mario Sironi e De Chirico e le periferie dipinte
da Umberto Boccioni, o il cinema di Antonioni, Wenders, Tarkovskij.
Non solo la sua formazione di architetto ma anche la sua stessa indole
riflessiva lo portano molto presto verso ciò che sarebbe diventato
l’oggetto assoluto del suoi impegno: la forma e l’identità della città,
l’insieme complesso delle architetture, dei manufatti creati dalla storia
e dalla cultura degli uomini. E dalla città, poi, tutti i mutamenti in
corso nel paesaggio contemporaneo nel passaggio dall’era dell’industria
alla fase postindustriale, e poi, ancora, l’urbanizzazione tutta del
paesaggio, la metropoli, la megalopoli. In questo studio del legame tra
luogo e identità, avrà per compagni di strada i grandi maestri della
fotografia italiana di paesaggio, insieme a lui gli innovatori della
fotografia italiana , coloro i quali l’hanno resa arte e impresa di
impegno civile a un tempo: Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Guido Guido, Mario
Cresci, Francesco Radino, Giovanni Chiaramonte, e i più giovani Vincenzo
Castella, Olivo Barbieri, Vittore Fossati. Ma anche, in Europa, tanti
autori che come lui hanno fatto del paesaggio il centro del loro lavoro e
che con lui hanno partecipato a molti importanti progetti di committenza
pubblica, primo tra tutti quello della Mission Photographique de la DATAR.
Dopo il periodo sociale, la prima grande ricerca di Basilico è la
notissima serie Milano. Ritratti di fabbriche, 1978-80, nella quale
individua e cataloga la fabbrica come possibile emblema dell’identità
della città, proprio nel delicato momento in cui l’era dell’industria si
spegne. Svolta decisiva, nel 1984-85, la sua partecipazione alla Mission
Photographique de la DATAR, grande progetto di committenza pubblica voluto
dalla stato francese per una indagine dello stato del paesaggio di fine
secolo.
Con questa esperienza Basilico entra in diretto contatto con la nozione
complessa di paesaggio come fatto culturale, percettivo, esistenziale.
Sicuramente decisivo per l’evoluzione del suo lavoro un altro momento,
quando nel 1991 lavora sulla città di Beirut devastata dalla guerra:
un’esperienza molto importante che lo porta a riflettere sulla complessità
del corpo storico e fisico della città.
Mentre continua a lavorare in molte città e in molti progetti di
committenza pubblica, sia in Italia sia in Europa, affronta un’altra
ricerca di grande respiro metodologico con Sezioni del paesaggio italiano,
insieme a Stefano Boeri, presentato alla Biennale di Venezia del 1996: si
tratta del tentativo di individuare un metodo per descrivere le
trasformazioni del paesaggio italiano nel suo insieme stratificato, in
modo trasversale.
Con la seconda metà degli anni Novanta la sua opera procede su più
livelli: da un lato continua a lavorare su Milano, la sua città sempre
amata e sempre studiata, intrecciando le immagini di Milano con quelle di
altre città italiane ed europee, in cerca di una ”forma della città”;
dall’altro, costruisce anno dopo anno lunghe indagini di singole città, o
più vasti scenari nel quali confronta e fa convivere città diverse, sempre
studiando l’estrema complessità dello spazio urbano contemporaneo. E’ il
caso di Cityscapes, del 1999, o di Scattered City, del 2005.
Il lavoro di Basilico può senza dubbio definirsi possente: tra le
moltissime città generosamente e metodicamente affrontate vi sono Amburgo,
Barcellona, Bari, Beirut, Berlino, Bilbao, Francoforte, Genova, Graz,
Istanbul, Lisboa, Liverpool, Losanna, Madrid, Milano, Mosca, Nizza,
Palermo, Parigi, Rio de Janeiro, Roma, Rotterdam, San Francisco, San
Sebastian, Shangai, Torino, Trieste, Valencia, Zurigo.
Partito da Milano, la sua città, egli ha dunque allargato la sua
attenzione all’Italia, all’Europa e poi in modo compatto alle città del
mondo globalizzato, in un lungo percorso portato avanti per una vita.
La mostra proposta dal Museo di Fotografia Contemporanea e realizzata
grazie al sostegno di RS Components e degli Amici del Museo non è una
antologica del grande artista. Non ha pretese di completezza rispetto alla
vastità della sua opera, ma costituisce un'importante testimonianza del
peso che le sue fotografie hanno nelle collezioni del Museo, che ne
conserva quasi 1.000, una parte delle quali da lui donate, appartenenti a
ben 7 fondi fotografici: Archivio dello spazio, Milano senza confini,
Lanfranco Colombo, Il racconto del nostro presente, Collezione FINE,
Gabriele Basilico. Milano ritratti di fabbriche, Osserva.Te.R.
In mostra una selezione di 110 opere, che datano dal 1969 al 1998, divise
per ricerche e nuclei tematici. Molto rilevante e utile per capire le
origini del suo linguaggio, è la presenza di fotografie del primo periodo,
tra fotografia sociale, ritratto, prime indagini urbane, presentate nella
sala al primo piano del Museo: Glasgow, 1969, Milano. Quartieri popolari,
1970-73, Terni, 1976, Dancing in Emilia, 1978, Contact, 1978, In pieno
sole, 1978, Milano. Ambiente urbano, 1978-81.
Al secondo piano, invece, la notissima ricerca che rappresenta la svolta
definitiva verso l’analisi della città, delle sue strutture, della sua
identità: Milano. Ritratti di fabbriche, 1978-80; una serie di immagini
scattate a Napoli nel 1982; un importante nucleo di fotografie realizzate
nel 1984-85 nel Nord della Francia durante le campagne fotografiche della
Mission Photographique de la DATAR; esempi di fotografie dedicate alla
città di Beirut, 1991; immagini di alcune città italiane ed europee, tra
le quali Barcellona, Bilbao, Amburgo, Roma, Givors, Cahors, scattate tra i
primi anni Ottanta e i primi anni Novanta; una selezione delle molte
fotografie realizzate tra il 1987 e il 1997 in vari luoghi intorno a
Milano nell’ambito del progetto Archivio dello spazio promosso dalla
Provincia di Milano; alcune opere dalle serie dedicata alle
trasformazioni urbanistiche del quartiere Lorenteggio di Milano,
realizzate nell’ambito del progetto Milano senza confini, 1998.
"La mostra dedicata dal Museo a Gabriele Basilico - dichiara il Vice
Presidente, Assessore alla Cultura della Provincia di Milano e Presidente
della Fondazione Museo di Fotografia Contemporanea, Novo Umberto Maerna -
non ha affatto un significato nostalgico o il carattere di una sterile
commemorazione. Ci interessa parlare di Basilico per la sua attualità: per
ricordare gli studi di architettura che lo avvicinarono all'ambiente
dell'editoria di settore per cui realizzò, su commissione, un'ampia serie
di lavori. Per trasmettere il senso delle ricerche sulle aree urbane, sul
territorio, sull'architettura commissionate da privati ed enti pubblici.
Per diffondere gli intensi reportage sulle aree industriali milanesi.
Gabriele Basilico non si è mai fermato, e non ha mai fermato neppure la
sua voglia di guardare il mondo e raccontarlo, anche attraverso la
sperimentazione. Vogliamo condividere la vita, l'opera e il pensiero di
Basilico con chi non l'ha conosciuto o l'ha conosciuto solo negli ultimi
anni. Perché il messaggio di Basilico, come la cultura, non si esaurisce
col tempo. Ma si rafforza man mano che il tempo passa", conclude il Vice
Presidente.
In occasione dell'inaugurazione della mostra sarà presente l'Associazione
Amici del Museo per il tesseramento 2013 e si terrà alle ore 21
l'assemblea annuale degli iscritti.
Ufficio stampa: Fiorenza Melani, 02 66056633, ufficiostampa@mufoco.org
Inaugurazione: martedì 21 maggio ore 19
Museo di Fotografia Contemporanea
via Frova, 10 (Villa Ghirlanda), Cinisello Balsamo
Orari: mercoledì-venerdì 15-19; sabato e domenica 11-19
Ingresso libero