Permanent Vocation. La sua pittura e' basata su intersezioni e stratificazioni di linguaggi diversi, indifferentemente attinti dalla storia dell'arte come dalle suggestioni visual della club culture: elementi antitetici costretti alla complementarita'.
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A cura di Eugenio Viola
PERMANENT VOCATION
Venerdì 24 maggio inaugura Permanent Vocation, progetto site specific concepito da Mariangela Levita per
gli spazi della Voice Gallery di Marrakech.
Mariangela Levita ha ingaggiato, nel corso degli ultimi anni, un percorso coerente e solitario all’interno
dello statuto del medium pittorico, ne ha scandagliato con cura gli elementi costitutivi, spingendosi fino alla
ricerca, estrema, delle radici stesse della percezione. La pittura per Levita è soprattutto pratica auto-
riflessiva, analisi di un codice, dove l’artista elabora criticamente il rapporto con la tradizione e allo stesso
tempo affina gli strumenti per ridefinire il presente di questo medium. Citazione meta-stilistica e
collegamento intertestuale sono gli elementi che informano la sua teoria e la sua pratica, sempre basata su
elaborazioni articolate, intersezioni e stratificazioni di linguaggi diversi, indifferentemente attinti dalla
tradizione aulica della storia dell’arte come dalle suggestioni visual che appartengono alla club culture.
Permanent Vocation è un progetto emblematico di questo modus operandi affascinante, composto da una
serie di elementi apparentemente antitetici, costretti a diventare complementari.
Griglie ottiche ispirate a
segni, forme e colori appartenenti alla tradizione visiva islamica, sono trasfigurate dall’intervento
dell’artista in pattern serializzati e virati in chiave lisergica che formano una serie di wall-paper, il cui
modello di partenza ricorda gli interni delle tipiche case marocchine, i riad. Su questo sfondo si accampano
alcune opere su tela, a loro volta realizzate con tecniche e materiali appartenenti alla tradizione locale,
dalle polveri dei colori alle tele stesse, trattate seguendo i procedimenti ancora oggi utilizzati dai tessutai
nella medina per colorare le stoffe e qui riproposte in maniera simbolica, circoscritte e assolutizzate nella
cornice apparentemente rassicurante dell’opera. Questi quadri sotto il profilo formale adottano una visione
minimale e astratta, che contrasta con l’aggressività viralmente propagatoria dell’intervento su carta
sottostante. Levita volutamente cortocircuita il confine che separa lo spazio della rappresentazione con lo
spazio circostante, costringendo lo sguardo dello spettatore a schiantarsi sulla messa in scena di una
deflagrazione sensoriale che esplode, rilanciando amplificate le inquietudini dell’optical.
Mariangela Levita in Permanent Vocation opera un viaggio metatemporale, riattualizza modelli diversi,
defunzionalizzandoli a favore di una nuova percezione della natura dell’opera, propone un’indagine sulla
realtà stessa della rappresentazione e sulla propria realtà sensoriale. La pittura in quanto medium diventa
un mero ipertesto atto a suggerire contesti interpretativi molteplici, all’interno dei quali Levita rielabora
consapevolmente e in maniera spregiudicata i codici linguistici, delineando un percorso coerente che
individua, a mio avviso, uno dei discorsi più interessanti, oggi, sulla cosiddetta “meta-pittura” e sulle sue
molteplici, inevitabili, ibridazioni e sconfinamenti.
Permanent Vocation in questo senso si presenta come un’indagine condotta sulla struttura della
rappresentazione pittorica, sulle sue condizioni di possibilità e sulle sue modalità di presentazione. Levita
riflette sui destini dell'immagine in una cultura sempre più caratterizzata dalla sua sclerotizzazione, la
svincola dall'appartenenza a un luogo, un tempo o un supporto determinato e sceglie una prassi che si
propaga nello spazio circostante, nel fuori-scena, nel fuori-quadro, ma sempre oltre la cornice».
Eugenio Viola
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Curated by Eugenio Viola
PERMANENT VOCATION
Friday, May 24 will see the opening of Permanent Vocation, a site-specific project conceived by Mariangela
Levita for the spaces of the Voice Gallery in Marrakech.
Over the past few years, Mariangela Levita has undertaken a coherent and solitary research path within the
framework of the painting medium, carefully perusing its essential elements, pushing her research to the
extreme in her quest for the roots of perception. For Levita, painting is especially a self-reflexive practice,
the analysis of a code, where the artist critically explores the relationship with tradition and at the same
time refines her tools in order to redefine the present of this medium. Meta-stylistic quoting and
intertextual connection are the elements which inform her theory and practice, always based on complex
elaborations, intersections and layering of different languages, either drawn from the tradition of courtly
art history or from the visual suggestions which belong to the club culture.
Permanent Vocation is an exemplary project of this fascinating modus operandi, consisting of a series of
seemingly antithetical elements which are forced to become complementary. Optical grids inspired by
signs, shapes and colors belonging to the Islamic visual tradition, are transfigured by the artist into
serialized-turned-lysergic patterns to form a series of wall-papers which recall the interior of the typical
Moroccan house, the riad. Against this background dwell a few works on canvas, which in turn are made
with techniques and materials belonging to the local tradition, from the color powders to the canvas itself,
treated following the procedures still used today by the fabric weavers in the medina to color fabric and
here reproduced in a symbolic manner, limited and absolutised in the seemingly reassuring frame of the
work. From a formal point of view, these pictures take on a minimal and abstract appearance, which
contrasts with the aggressive virus-like spreading performance taking place on the underlying paper. Levita
deliberately short-circuits the boundary which separates the representational space from the surrounding
space, forcing the viewer’s gaze to crash into the staging of a sensory explosion, thus amplifying the
concerns of the optical.
In Permanent Vocation, Mariangela Levita creates a metatemporal trip, revisits different models and
defunctionalizing them in favor of a new perception of the nature of the work, proposes an inquiry into the
reality of representation and her own sensorial reality. Painting as a medium becomes a mere hypertext
which suggests multiple interpretive contexts, inside of which Levite reworks consciously and recklessly the
codes of language, outlining a coherent path that identifies, in my opinion, one of today’s most interesting,
i.e. the so-called “meta-painting” and its multiple, unavoidable hybridizations and trespassing.
Permanent Vocation in this sense appears like a survey on the structure of pictorial representation, the
possibilities which this offers and the ways with which it may be presented. Levita reflects on the fate of
the image in a culture increasingly characterized by its own sclerotization, releases it from belonging to one
place, one time, or one specific medium, and chooses a practice which propagates into the surrounding
space, the off-stage, the “out of frame”, but still always beyond the frame.
Eugenio Viola
Vernissage: Friday, May 24, 7:00 pm
Voice Gallery
66, Z.I. Sidi Ghanem, Marrakech
Admission free