Wonder objects. Ceramiche, piatti, bicchieri, posate: il materiale recuperato nei mercatini assume nuovi significati attraverso un processo di assemblage.
Il lavoro che Chiara Bettazzi propone per la sua personale allo spazio MOO (Mud Object Oriented) di Prato è emblema di un percorso artistico che da sempre si basa sull’analisi del binomio organico-inorganico e si sviluppa secondo un processo ossessivo di ricerca e accumulazione di oggetti. Il materiale di recupero acquisito presso i mercatini dell’usato è composto principalmente da ceramiche, bicchieri, zuppiere, piatti, posate, contenitori chimici, cofanetti portagioie e, talvolta, reperti ossei. Depositati nello studio, tali oggetti assumono nuovi significati, dialogando tra loro. È dunque all’interno di questo spazio, più precisamente in un angolo ben determinato, che l’artista decide di riutilizzare il campionario di oggetti selezionati per dare vita al suo processo di assemblage. L’angolo, che diviene così luogo di creazione, rimanda a episodi celebri della storia dell’arte, su tutti alla disposizione angolare del Quadrato nero su sfondo bianco di Malevič nell’Ultima Esposizione Futurista 0,10 tenutasi a San Pietroburgo nel 1915. Qui infatti la critica dell’epoca aveva letto tale scelta alla luce del valore sacro dell’angolo orientale, che simboleggiava la direzione verso la quale di norma sono orientati gli altari delle chiese bizantine e ortodosse. Nel caso della Bettazzi tale luogo assume un carattere sacrale, quasi mistico, in quanto incarna lo scenario prediletto per la costruzione dell’opera.
Wonder Objetcs è un progetto inedito che per la prima volta viene proposto nella sua interezza. Il titolo allude volontariamente alla Wunderkammer (in italiano: camera delle meraviglie), che a partire dal Cinquecento diviene un ambiente nel quale vengono conservate raccolte di oggetti che rimandano ad una dimensione meravigliosa a causa della loro straordinarietà. Se queste raccolte erano suddivise in naturalia e artificialia, in base alla loro appartenenza da un lato al mondo naturale e dall’altro a quello della produzione dell’uomo, nelle sale del MOO l’artista ha congiunto le due antiche categorie. Chiara Bettazzi, infatti, lavorando sia con resti animali che con oggetti d’arredo, crea delle installazioni oggettuali nelle quali l’organico, come ad esempio ossa e muffe, viene inserito all’interno di contenitori inorganici, ampolle e portagioie, nel tentativo di creare una nuova idea di camera delle meraviglie. «Ho come un’immagine stampata nella memoria: il cassettone di mia madre, strapieno di cofanetti portagioie appoggiati sul piano in marmo davanti allo specchio. Ricordo come questi oggetti avessero un odore ben preciso, un profumo intimo, femminile, carnale, organico». Così l’artista descrive i ricordi che le suscitano alcuni oggetti appartenenti alla madre e che ora fanno parte dell’installazione. Riuniti sopra lastre di marmo, tali composizioni rimandano inoltre all’urna funeraria, fonte di fascino per l’artista. La paura nei confronti della morte e la disperazione provata di fronte alla coscienza della fragilità e deperibilità organica del corpo umano hanno portato Chiara Bettazzi a riflettere incessantemente sull’idea di sarcofago nella sua accezione di contenitore che serve a separare il corpo decomposto dal contatto con la terra. Wonder Objects tenta quindi di riunire questa serie di stimoli all’interno di oggetti ibridi che rimangono pur sempre meravigliosi.
Alessandro Gallicchio
inaugurazione giovedi 6 giugno ore 19.00
Moo
via San Giorgio, 9a - Prato
Aperto dal lunedi al venerdi pomeriggio