L'apertura del Giardino Melampo all'interno del progetto Mandela Garden diventa insieme alla mostra "I luoghi del mutamento (1988/2012)" di Andrea Abati, una occasione di riflessione sul rapporto fra arte/fotografia e territorio.
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L’apertura del Giardino Melampo all’interno del progetto Mandela Garden diventa insieme alla mostra I luoghi del mutamento (1988/2012) di Andrea Abati una occasione di riflessione sul rapporto fra arte/fotografia e territorio e sul ruolo dello spazio d’arte all’interno del contesto urbano.
Questa volta abbiamo invertito i ruoli: invece di presentare un intervento artistico che promuove azioni positive, lo spazio d’arte aderisce ad un progetto di riqualificazione del territorio nato dal basso da un’abitante del quartiere che desidera rendere migliore il contesto nel quale vive.
Mandela Garden è un progetto che si ispira alla esperienza di Nelson Mandela quando era in carcere e auspicava di creare un giardino, un orto, in ogni angolo degradato della città. Noi abbiamo accolto il suo appello e ci siamo presi cura di uno spazio abbandonato posto sul retro della nostra sede facendone un giardino aperto a tutti.
“…a Pollsmoor, dove impiantai un orto che sarebbe diventato uno dei miei passatempi preferiti, e un modo per evadere dal monolitico mondo di cemento nel quale eravamo rinchiusi. Dopo aver osservato per qualche settimana lo spazio vuoto sul terrazzo dell’edificio, che era inondato dal sole tutto il giorno, decisi di impiantare un orto e ne ebbi il permesso dal comandante del carcere. Richiesi che mi fossero forniti sedici barili vuoti dell’olio da centocinquanta litri, che tagliai a metà e riempii con terriccio fertile, ricavandone così trentadue vasi di proporzioni gigantesche.
Coltivavo cipolle, melanzane , cavolfiori, lattuga, pomodori, peperoni, fragole e altri ortaggi . Nel momento di massimo splendore la mia azienda agricola contava quasi novecento piantine ed era molto più grande dell’orto che avevo a Robben Island. Una parte dei semi la acquistavo e altri – per esempio quelli dei broccoli e delle carote – mi venivano forniti dal comandante Munro, che apprezzava particolarmente i miei ortaggi. Anche i guardiani mi davano i semi delle verdure che preferivano, insieme con ottimo letame che utilizzavo come fertilizzante.
Al mattino mi mettevo un cappello di paglia, un paio di guanti robusti, e andavo a lavorare nell’orto per un paio di ore. La domenica portavo verdure in cucina perché le usassero per preparare un pasto speciale per i detenuti. Ne davo molte anche ai guardiani, che portavano apposta delle borse per riempirle di verdura…”
Lungo cammino verso la libertà, autobiografia, Nelson Mandela, Feltrinelli, 1995.
Dryphoto accoglie questa proposta, Andrea Abati se ne fa carico in prima persona e la sua opera Giardino Melampo è la costruzione del primo Mandela Garden nella nostra città.
Per questo in occasione dell’apertura di Giardino Melampo/Mandela Garden 1 abbiamo deciso di esporre anche uno dei lavori fra i più significativi di Abati: I luoghi del mutamento.
Una serie iniziata nel 1988 e ancora in corso, indubbiamente il suo progetto di maggiore complessità e anche il più noto: una serie di immagini di grande formato dove urgente è l’attenzione al paesaggio industriale contemporaneo e ai mutamenti della realtà sociale. In questo lavoro Abati ha voluto come luogo d’indagine Prato, la sua città natale, nella quale l’intrusione e, ora, esclusione dell’industria nel contesto cittadino è forte e evidente.
Ha fotografato la demolizione e ricostruzione di edifici industriali dandone una visione lucida, serena, talvolta apocalittica, quasi rovine di guerra, creando immagini dai colori stridenti, che fanno emergere i contrasti dei volumi e danno nuova linfa agli spazi industriali. “Abati applica [..] il disagio del colore, dalle acidità virate in toni ansimanti e perplessi…”, afferma il critico d’arte Flaminio Gualdoni, sono infatti proprio i colori a caratterizzare i luoghi del mutamento. Colori notturni, acidi e abbaglianti, apparentemente artificiali.
La rapidità che le necessità della società contemporanea impongono alla produzione e al ritmo del lavoro, fa sì che la realtà industriale diventi talvolta uno specchio fedele dei cambiamenti in atto. Gli stabilimenti, colti nella dimensione di cantieri aperti o di architetture allo stato di abbandono, acquistano in tal senso una valenza particolare, sono espressione di uno stato nel quale, velocemente, passato, presente e futuro si intrecciano e si danno il passo.
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The opening of the Giardino Melampo inside the project Mandela Garden offers, together with the exhibition I luoghi del mutamento (1988/2012) by Andrea Abati, an opportunity for reflection on the relationship between art/photography and the territory, and on the role of art spaces inside the urban context.
This time we have switched roles: instead of presenting an artistic intervention that promotes positive actions, the art space takes part in a project of territorial renewal, a project “from the bottom up” generated by a neighbor that wants to improve its living conditions.
Mandela Garden is a project that draws inspiration from the experience of Nelson Mandela when he was in prison, and urged the creation of a garden in every neglected corner of the city. We have responded to his appeal and taken care of an abandoned space behind our headquarters, making it into a garden open to everyone.
“…in Pollsmoor, I planted a garden that was to become one of my favorite pastimes, and a way to escape from the monolithic world of concrete in which we were imprisoned. After having observed the empty space on the terrace of the building for several weeks, flooded with sunlight in the daytime, I decided to plant vegetables there, and obtained permission to do so from the chief warden. I asked for sixteen empty 150-liter oil barrels, which I cut in half and filled with fertile soil, thus obtaining 32 very large pots.
I planted onions, eggplant, cauliflower, lettuce, tomatoes, bell peppers, strawberries and other things. At the height of its splendor my farm had almost 900 plants, and it was much bigger than the garden I had had on Robben Island. I purchased some of the seeds, and others – like those for the broccoli and the carrots – were supplied by Warden Munro, who particularly appreciated my produce. The guards also gave me seeds for their favorite vegetables, together with excellent manure which I used as fertilizer.
In the morning I would put on my straw hat and sturdy gloves, and go out to work in the garden for a couple of hours. On Sundays I brought the vegetables to the kitchen, to prepare a special meal for the inmates. I gave a lot of produce to the guards as well, who brought sacks to fill with vegetables”.
From Long Walk to Freedom. The Autobiography of Nelson Mandela, Back Bay Books, 1995.
Dryphoto embraces this vision, and Andrea Abati has taken responsibility for it; his work Giardino Melampo is the construction of the first Mandela Garden in our city. For the occasion of the opening of Giardino Melampo/Mandela Garden 1 we have also decided to show one of Abati’s most significant works: I luoghi del mutamento. This series began in 1988 and is still in progress. It is undoubtedly his most complex and also his most famous project: a series of large images that take an urgent look at the contemporary industrial landscape and changing social realities. In this work Abati has explored Prato, his native city, where the intrusion – and now the exclusion – of industry in the urban context is strong and evident.
Abati has photographed the demolition and reconstruction of industrial buildings, offering a lucid, serene, at times apocalyptic vision, almost like war ruins, creating images with strident colors that bring out the contrasts of the volumes and give new life to industrial spaces. “Abati applies [..] the discomfort of color, acid hues shifted into gasping, perplexed tones…”, says the art critic Flaminio Gualdoni; and indeed the colors are the characteristic features of these places of change. Nocturnal, sharp and glaring colors, apparently artificial.
The fast pace the needs of contemporary society impose on production and the rhythm of labor makes industrial reality, at times, become an accurate reflection of the changes in progress. The factories seen as open worksites or works of architecture in a state of abandon take on a particular value, in this sense, as the expression of a state in which past, present and future are rapidly yielding and intertwining.
Un ringraziamento a Fabio Bartolini, Paola Ballerini e Gisella Curti e a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di Giardino Melampo/Mandela Garden 1.
Con il contributo del Centro di Scienze Naturali di Prato, di Italia Nostra Sezione di Prato e il patrocinio di Provincia e Comune di Prato.
Inaugurazione venerdì 14 giugno dalle ore 20
Dryphoto arte contemporanea
via delle Segherie 33/a – 59100 Prato
T. +39 0574.603186
info@dryphoto.it – www.dryphoto.it