Giacomo Manzu'
Michela Pachner
Dafne Boggeri
Virginia Bertone
Lara Conte
Maria Teresa Roberto
Stefano Collicelli Cagol
I nuovi capitoli. Quarto appuntamento di Surprise con Michela Pachner, impegnata a sperimentare materiali, iconografie e tecniche in aperto confronto con le poetiche oggettuali e Pop. La Wunderkammer ospita alcune acqueforti di Giacomo Manzu' . Per Dafne Boggeri la partecipazione al progetto Vitrine rappresenta un ritorno alla sua regione d'origine.
SURPRISE
Progetto della GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
Quarto appuntamento:
MICHELA PACHNER
“… una scultura chiamata casa”
a cura di Maria Teresa Roberto
Il progetto espositivo Surprise concentra l’attenzione su aspetti specifici del contesto artistico torinese tra anni Sessanta e Settanta, in cui si intersecarono discipline diverse, dall’architettura al design, dalla moda alla grafica, dalla musica alle arti visive e performative.
La protagonista del quarto appuntamento è Michela Pachner, allieva negli anni Quaranta di Evangelina Alciati e di Felice Casorati, e dai primi anni Sessanta impegnata a sperimentare materiali, iconografie e tecniche in aperto confronto con le poetiche oggettuali e Pop.
L’interesse per le morfologie naturali è documentato in mostra da Impronta, opera del 1966 appartenente alle collezioni del Museo Sperimentale, da Acquitrino, installazione esposta nel 1972, con sottofondo di musiche elettroniche, in una personale alla galleria Stein, e dalla serie delle Conchiglie, in cui per la prima volta, a inizio anni Settanta, l’artista utilizzò fibre, tessuti, scampoli di lavoro a maglia. Da quel momento la sua ricerca si è sviluppata in forma di performance, scrittura, diario di viaggio, raccolta e rielaborazione di elementi della natura e della vita quotidiana.
L’allestimento di questa mostra propone, in accordo con l’artista, un frammento dell’intreccio inestricabile di dipinti, reperti naturali, oggetti di affezione che costituisce l’opera in perenne metamorfosi di Michela Pachner: la sua casa.
A curare il primo ciclo di Surprise è Maria Teresa Roberto, docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Accademia Albertina di Torino.
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Giacomo Manzù: acqueforti per le Georgiche di Virgilio
a cura di Lara Conte
Wunderkammer - secondo piano
La Wunderkammer della GAM presenta al pubblico a partire dal 20 giugno 2013 una mostra dedicata ai 14 Studi all’acquaforte per Vergilii Georgica di Giacomo Manzù (Bergamo, 1908 – Ardea, Roma, 1991), che costituiscono uno dei momenti più straordinari della produzione incisoria dell’artista. La cartella che raccoglie queste preziose incisioni è confluita nelle collezioni della GAM di Torino nel 1956, tramite l’importante legato di Alberto Rossi, il cui raffinato spirito collezionistico si distinse per una peculiare attenzione alla grafica contemporanea italiana e straniera.
A curare l’esposizione è stata invitata Lara Conte, docente a contratto di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università dell’Insubria di Como, che da tempo conduce ricerche sullo studio dell’arte e della critica del secondo Novecento, con particolare attenzione al rinnovamento della scultura negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo.
Protagonista della scultura italiana del XX secolo, Giacomo Manzù ha sempre affiancato alla ricerca plastica un’intensa attività grafica. Nella sua opera non si individua infatti un rapporto di subordinazione della grafica rispetto alla scultura, ma un’assoluta continuità di relazione fra questi linguaggi in termini di ricerca formale. Nelle acqueforti in mostra il segno, che si fa sempre più essenziale, scava lo spazio bianco del foglio, lasciando armonicamente fluire l’energia interna dei corpi come in un bassorilievo antico. La cartella fu stampata in un numero molto contenuto di esemplari sotto la direzione di Carlo Alberto Petrucci alla Calcografia Nazionale di Roma e fu pubblicata dall’Istituto d’Arti Grafiche di Bergamo nel 1948, alcuni mesi dopo l’uscita del volume Hoepli.
Dopo gli anni tragici della guerra, l’incontro con il tema classico fu di grande impatto e suggestione per Manzù che accolse con entusiasmo l’invito di Giovanni Mardersteig, raffinato stampatore e fondatore dell’Officina Bodoni a Verona, di illustrare le Georgiche per l’edizione pubblicata da Ulrico Hoepli, nella versione italiana di Giulio Caprin. Fra il 1947 e il 1948, in una stagione creativa ed espositiva cruciale, l’artista realizzò più di sessanta acqueforti, comprendenti studi preparatori, lastre definitive e varianti, dedicate alle Georgiche, fra le quali si annoverano le incisioni riunite nella cartella 14 Studi all’acquaforte per Vergilii Georgica che costituiscono il vertice assoluto dell’intero ciclo.
Manzù è teso all’investigazione dello spirito profondo della poetica virgiliana. Vuol esperire quel sentimento panico della natura, l’armonia e la pienezza della vita che rivela la propria intima essenza nel divenire, nell’oscillazione continua tra contingente e universale.
Talvolta sulla carta affiorano temi che saranno rielaborati in scultura, con un’attitudine dell’artista a reiterare lo stesso soggetto, attraverso tecniche e linguaggi diversi, per raggiungere l’essenza della forma. Tra le acqueforti presentate se ne trova esempio nel motivo della natura morta sulla sedia (La seggiola): tema di forte impatto autobiografico e affettivo, che sarà più volte esplorato in scultura negli anni successivi, la sedia su cui poggiano i frutti diviene qui il motivo, l’invenzione capace di suggerire all’osservatore un’immagine di sensuale bellezza e di quotidiana evidenza. Nei Fiori pare rivelarsi la caducità di tale bellezza, il tramonto della pienezza della vita. Quasi come in un omaggio a Mafai, nello spazio esiguo e silenzioso tra figura e fondo, i Fiori raccontano lo scorrere dell’esistenza, l’ineffabile sensazione di una pienezza posseduta ma irrimediabilmente perduta.
Il progetto Wunderkammer e il ciclo di appuntamenti che vi si svolgono è curato da Virginia Bertone, conservatore delle raccolte e responsabile del nuovo Gabinetto Disegni e Stampe della GAM.
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VITRINE - 270°
a cura di Stefano Collicelli Cagol
Un progetto della GAM realizzato d’intesa e con il sostegno del Consiglio Regionale del Piemonte
DAFNE BOGGERI
Inaugura alla GAM mercoledì 19 giugno l’ultima tappa della seconda edizione di Vitrine, il progetto della GAM di Torino avviato nel 2011 dedicato alla giovane ricerca artistica sviluppata in Piemonte che quest’anno è curato da Stefano Collicelli Cagol.
L’artista protagonista di questo ultimo appuntamento è Dafne Boggeri, per la quale la partecipazione a Vitrine rappresenta un ritorno alla sua regione d’origine, dal momento che l’artista vive a Milano ma è nata a Tortona (AL).
Attraverso fotografie, fanzine, progetti di graphic design, performance, installazioni e video, Dafne Boggeri dà vita a opere, eventi e situazioni in cui vengono rinegoziate le regole tradizionali che disciplinano le relazioni tra individuo e comunità, spazio pubblico e spazio privato. Attraverso i linguaggi della cultura underground, in cui l'artista si è formata, e la sovversione delle aspettative dei visitatori, Boggeri suggerisce nuovi approcci per riformulare il nostro immaginario del presente.
Nel 2008, Boggeri ha inaugurato una sua personale allo spazio Care/of di Milano, intitolata “Vorrei che il cielo fosse bianco di carta”, dal verso di una canzone partigiana. Una serie di oggetti costruiti dall’artista, un intervento sul soffitto – abbassato di alcuni decimetri – e l’audio di un’intervista con la musicista tedesca Bettina Koster, protagonista della scena musicale berlinese e new yorkese degli anni ’80, indagavano i concetti di identità di genere, memoria e comunità.
Ufficio Stampa: Daniela Matteu - Tanja Gentilini tel. 011 4429523
e-mail daniela.matteu@fondazionetorinomusei.it; ufficio.stampa@fondazionetorinomusei.it
Inaugurazione: mercoledì 19 giugno 2013, ore 18
GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
via Magenta 31 - Torino
Orario: martedì - domenica 10-18, chiuso lunedì.
La biglietteria chiude un’ora prima
Ingressi: € 10 - ridotto € 8, gratuito ragazzi fino ai 18 anni
Progetto VETRINE Ingresso libero.