Federica Rocca, Fondazione Italiana Fotografia
William Klein
Dorothea Lange
Henri Cartier-Bresson
Margaret Bourke White
Robert Doisneau
60 vintages tra gli scatti più famosi, dal Bacio alla serie dedicata ai bambini, ad altre che ritraggono l'amata Parigi degli anni 50, saranno esposte insieme ad alcune immagini simbolo dei maestri del neorealismo italiano. La mostra di Doisneau proviene dal Fonds National d'Art Contemporain di Parigi e in parte dal fondo delle figlie dell'autore, morto nel 1994.
Dopo William Klein, Dorothea Lange, Henri Cartier-Bresson e Margaret Bourke White, un altro grande maestro è ospite della Fondazione Italiana per la Fotografia.
Robert Doisneau (1912-1994) è il rappresentante più famoso della "fotografia umanista" e ha per compagni di viaggio nomi del calibro di Willy Ronis, Marcel Bovis Brassaï e Izis. Insieme e in modo diverso questi autori e soprattutto Doisneau hanno scritto una certa poesia di Parigi: selciati umidi di pioggia, riverberi solitari, luci grigioperla del mattino; una Parigi di piccola gente, di arie di fisarmonica, di grandi e bambini, i cui sguardi trasudano umanità e tenerezza.
'Celebrities' raccoglie 60 stampe originali provenienti dalla Collezione del Fonds National d'Art Contemporain di Parigi e dalle figlie di Doisneau.e presenta un concentrato dell'opera del grande fotografo francese.
Dalle serie delle Banlieues tra le quali spicca la storica Banlieue la nuit del 1947, a quelle dedicate ai bambini: Le dent (1956), Les Frères (1934), Les petits enfants au lait (1932). Immancabili i celebri "baci" da Le baiser de l'hôtel de ville (di cui si può ammirare la prima stampa del 1950) a Baiser blottot e al Baiser valsé anch'essi datati 1950.
Robert Doisneau, membro dell'agenzia francese Rapho, è rappresentato in esclusiva per l'Italia dall'agenzia Grazia Neri.
ROBERT DOISNEAU LA VITA E L'ARTE
Doisneau nasce il 14 aprile del 1912 a Gentilly, un sobborgo di Parigi e la periferia lui ce l'ha dentro di sé, le sue atmosfere, i suoi abitanti, non lo abbandoneranno mai: non a caso Banlieue la nuit (1947) e Paris de nuit (1933) di Brassaï sono nella storia del fotografia le immagini simbolo della nostalgica evocazione di un'epoca.
Diplomatosi incisore litografo alla scuola di Estienne decide di abbandonare bulino e laboratori rifiutando la visione artistica classica, facendo esperienza nel cuore di un mondo che nessuno considerava e utilizzando un mezzo d'espressione disprezzato: la fotografia.
"Quando ho iniziato io, il fotografo era nel migliore dei casi un ingegnoso dilettante la cui attività era tollerata a patto che ci si accontentasse di restare ai margini delle vere corporazioni. Quanto ai Signori della Cultura Ufficiale, quelli non scherzavano: bastava accennare alla fotografia che li si poteva vedere, dimentichi delle antiche contese, formare quadrato e marciare compatti" (1).
E' a questo punto, agli inizi degli anni trenta che Doisneau fa la sua scelta di vita: vivere come fotografo, vivere di un mestiere per la cui libertà e dignità si è sempre battuto; passando dal mestiere all'arte rubando un po' di tempo ai suoi datori di lavoro, riprendendo cose che non interessavano a nessuno e che non avevano nessun valore commerciale. I suoi "padroni" dalla Renault (1934-1939) a Vogue (1949-1951) sono stati sempre abbandonati e anche il sodalizio con l'Agenzia Rapho iniziato nel '46 e durato una vita salvo l'intervallo della guerra, gli ha creato almeno agli inizi qualche problema. La Parigi di Doisenau, le cui immagini lo hanno reso celebre, non era infatti la Parigi convenzionale voluta dall'ambiente professionale. Ma proprio in questa Parigi egli trovava non solo la sua materia, ma la sua stessa ragione di essere fotografo.
"Vi spiego come mi prende la voglia di fare una fotografia. Spesso è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l'entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. NON CREDO CHE SI POSSA VEDERE INTENSAMENTE PIÙ DI DUE ORE AL GIORNO" (2).
Per Doisneau la fotografia è prima di tutto un bisogno del tutto privato, un "desiderio di registrare", il soddisfacimento di una necessità che toglie al suo lavoro ogni elemento di calcolo e ogni ricerca di perfezionismo rendendolo infinito. Le fotografie hanno per lui un valore d'uso: circola tra gli amici, vengono mostrate agli amici che se ne servono.
"un fotografo animato dal solo bisogno di registrare quello che lo circonda non aspira a ottenere risultati economici e non si pone i limiti di tempo che ogni produzione professionale comporta" (3).
Il tempo il suo dilatarsi e compenetrarsi con il suo essere fotografo è forse insieme all'istinto, una delle note dominanti del suo lavoro. Doisneau preferiva essere definito "pescatore di immagini" più che cacciatore, e sentiva la necessità di immergersi completamente nella realtà . Ed è ancora un tempo particolarissimo quello che Doisenau ci restituisce con le sue immagini. Nel frammento di tempo bloccato dallo scatto c'è sempre infatti un inizio che continua, una fuga infinita del tempo (4).
Note
(1) (2) (3) da: Robert Doisneau: Three Seconds of Eternity
(4) Lalla Romano, Il fotografo poeta prefazione a Robert Doisneau, Federico Motta Editore, 1996
Museo della Fotografia Storica e Contemporanea
Torino - Via Avogadro 4
Inaugurazione
Martedì 12 settembre 2000 dalle ore 19.00
Apertura al pubblico: dal 13 settembre al 5 novembre
Orario: martedì - venerdì: 15.00 -19.00
Sabato e domenica: 10.00 - 19.00
Chiuso Lunedì
Ingresso: Intero Lit. 10.000 - Ridotto Lit. 7.000
Attività didattica
Visite guidate
Informazioni: 011.544132 - 546594
Ufficio stampa: Daniela Trunfio e Federica Rocca
tel. 011.544132 - 546594 - fax 011.5189799
Con il contributo di Lavazza