Acquemerci. Per l'occasione il giovane artista palermitano presenta un ciclo di 15 olii su tela di recentissima produzione.
"acquemerci"
A cura di: Maurizio Sciaccaluga
AndreA Arte ContemporaneA inaugura sabato 1 novembre una mostra dell'artista
Andrea Di Marco intitolata "acquemerci" curata da Maurizio Sciaccaluga.
Per l'occasione il giovane artista palermitano presenta un ciclo di 15 olii su
tela di recentissima produzione sui temi.
Viene edito un catalogo interamente a colori con testo di Maurizio Sciaccaluga.
Sfumature di periferia
di Maurizio Sciaccaluga
Sebbene quasi tutti i lavori siano dipinti con toni pieni e pastosi, e
le ultime serie possano addirittura vantare cromatismi accesi ed
esasperati, guardare un'opera di Andrea Di Marco è come andare a vedere
un film d'oggi girato in bianco e nero. È come, con tutte le differenze
stilistiche e di linguaggio, affrontare un Manhattan di Woody Allen, un
L'uomo che non c'era dei fratelli Coen o Il cielo sopra Berlino di Wim
Wenders. Mentre scorre la pellicola, e sullo schermo s'inseguono lividi
monocromi, lo spettatore sa benissimo che le città catturate dalla
telecamera sono quelle contemporanee, che le scene e le inquadrature
sono piene di particolari del tempo presente, che la trama racconta
storie riconducibili soltanto alla stretta attualità . E sa
perfettamente che le tecniche di ripresa e di montaggio sono
all'avanguardia, legate agli ultimissimi ritrovati della tecnologia.
Eppure, il festival dei grigi, le atmosfere spente, l'assoluta armonia
di un mondo tutto dominato dal medesimo registro lo portano altrove, lo
riconducono con la mente ai noir americani e francesi a cavallo della
seconda guerra mondiale, ai capolavori narrativi di un Orson Welles, al
neorealismo della grande stagione italiana. Anche se vede il presente,
nelle immagini gli sembra di scorgere il passato, la storia, crede di
assistere a un film che parli di un periodo lontano e in quel periodo
lontano sia stato anche realizzato. Di fronte ai suoi occhi va in
scena, volente o nolente, il fascino del déja-vu. La stessa cosa accade
con le tele del giovane autore siciliano: sono dipinte adesso,
propongono una realtà attuale, traggono spunto da quanto l'autore nota
intorno a sé quotidianamente, ma inevitabilmente danno allo spettatore
l'impressione di guardare indietro, di vedere e raccontare il passato.
E, come nelle pellicole di cui sopra, questa qualità - la capacitÃ
d'individuare e di suggerire in uno scorcio, in una figura, in una
situazione il carico di storia che si portano dentro - è data
dall'anomalia dei colori, da tonalità decisamente sopra o sotto le
righe. Di Marco getta lo sguardo sui palazzi in costruzione di oggi,
su viali e strade percorsi dalle automobili di adesso, ma con un
accurato lavoro sull'alterazione delle valenze cromatiche riesce a
sconcertare e stupire lo spettatore. Non lo conduce in un viaggio
onirico, non lo porta in un altro mondo - anzi, i continui riferimenti
a questo servono a tenerlo saldamente ancorato alla realtà - ma punta
l'obbiettivo su un tempo diverso, parallelo e precedente. L'artista usa
la pittura per chiamare in causa atmosfere e impressioni del passato,
per calare un velo di strana e fascinosa incertezza sui panorami usati
della quotidianità . Rappresentato in chiarissimi toni pastello, virato
da una leggera dominante ocra, uno dei corsi raffigurati dall'autore,
forse una via della sua Palermo, diventa un orizzonte già visto, emerso
dalla memoria, evocato dai pennelli come in una trance. Ogni cromatismo
appare sbiadito come per un ricordo difficile da mettere a fuoco, e
nessun personaggio appare all'orizzonte, come se la scena ancora non
fosse stata collocata in questa o quell'altra trama. Come se le
rimembranze stentassero non poco a tornare tutte a posto. Piccoli
dettagli - una monovolume sullo sfondo, i pali, addirittura la pulizia
delle strade - collocano vicino nel tempo la situazione, ma i conti non
tornano, non è facile né logico notare il presente in questa
inquadratura: i toni falsano le percezioni, e davanti agli occhi
sembrano tornare fotogrammi di film già visti, resi pallidi dallo
scolorire dei ricordi. All'opposto, in un altro quadro recente il
pittore siciliano descrive un caseggiato in via d'edificazione, ma giÃ
parzialmente abitato, con toni carichi, pesanti, esageratamente pieni:
i rossi sono porpora, i gialli diventano ocra, i marroni prendono le
sfumature del bruno. Chissà perché, ma qualcosa nella composizione
rimanda a qualche decennio fa, quasi che colori e atmosfere degli anni
Ottanta potessero essere sopravvissuti in quello scorcio di paesaggio
urbano. Quello che più conta in tutta la ricerca di Di Marco è proprio
questa sua capacità , non ricercata ma quasi naturale nello stendersi
delle pennellate, nel brillare dei cromatismi, di cavalcare il tempo.
Come se fosse possibile descrivere il mondo di oggi con la tecnica di
quel neorealismo tanto sentito nella Sicilia del dopoguerra, l'artista
- del mondo intorno a lui - descrive e racconta la continuità storica,
il suo protrarsi immutato nel tempo, il suo essere sempre uguale e
diverso col passare degli anni. In un ambito neofigurativo italiano
votato soprattutto alla descrizione della contemporaneità , interessato
a cogliere gli influssi dei nuovi media, attento a non perdere gli
spunti offerti dal glamour e dalla pubblicità , Di Marco rappresenta un
caso quasi isolato, sicuramente originalissimo: è la continuità lineare
con la pittura e la ricerca del passato, ma senza mai dichiararlo,
senza darlo troppo a vedere. Non si chiama nel Novecento per lo stile,
per il soggetto o per le citazioni; semplicemente, affonda denti e
radici nel secolo scorso e nella sua straordinaria tradizione per le
atmosfere, per la capacità di descrivere il mondo attraverso pochi
dettagli. La sua parentela con i maestri che l'hanno preceduto non è
formale, ma piuttosto sentimentale: è la passione, che aleggia come
nebbia sulle opere, a farlo sembrare l'erede di una scuola, a dare ai
lavori un senso di eterno ritorno, una trasparente patina di déja-vu.
Anche nel ciclo recentissimo dedicato alla laguna di Venezia, l'autore
si scosta completamente da ogni scelta scontata, da ogni facile
soluzione descrittiva per optare verso una descrizione più intima e
raccolta della realtà . Venezia c'è ma non si vede mai, nemmeno per un
secondo: non ci sono gondole, mancano i monumenti, non ci sono i
canali. Manca tutto ciò che, ovviamente e senza tema di smentita,
avrebbe potuto fornire indicazioni precise allo spettatore. Precise ma
superficiali, scontate. La Serenissima di Di Marco non è quella di
piazza San Marco, dei Giardini e di Murano; diventa invece quella in
bilico tra passato e futuro che gravita intorno a Porto Marghera e
all'altra sponda del Lido. È la laguna operosa, non quella pittoresca.
L'obbiettivo dell'artista non è puntato dove i canali si stringono per
lasciar passare solo le gondole, ma dove la laguna comincia a diventare
mare, e le piccole imbarcazioni hanno la stessa forma di quelle che
affrontano il mare aperto. Con i suoi tagli strani e sincopati, con le
sovrapposizioni contrastate tra primo piano e sfondo, con un curioso
contrasto di linee orizzontali e verticali il giovane autore coglie -
con la solita umiltà , con il solito spirito apparentemente dimesso ma
in realtà attentissimo ai dettagli e alle forme - la vita vissuta e la
storia della laguna. La storia recente, quella parallela al turismo,
quella che gravita sulle acque basse e a Venezia non entra mai, perché
potrebbe rovinarne l'immagine con il suo carico di verità e
immediatezza. Potrebbe apparire esagerato e fuorviante ricordare in
quest'ambito la città a margine del Canaletto, la sua attenzione per i
luoghi meno fastosi e tragicamente veri dove la vita non era
rappresentazione di potere ma sfida quotidiana per la sopravvivenza,
eppure il senso dell'opera, ciò che la motiva nel profondo, è il
medesimo: nei suoi quadri il pittore palermitano vuole raccontare il
mondo nascosto dietro le tende, quello mai tirato a lucido, non
costruito per lo show. E mostrandolo, anche senza quasi mai
rappresentare gli uomini, ne racconta le gesta quotidiane, i costumi,
le abitudini. Dipinge, dal Nord-Est al Sud, dalla laguna alla Sicilia,
i colori della periferia, quelle sfumature e atmosfere che vede, vive,
attraversa e sente sulla propria pelle, ogni giorno, la gente comune.
Inaugurazione: sabato 1 novembre, ore 17:00
Durata: fino al 6 dicembre 2003
Orario di visita: dal martedì al sabato, ore 16:30-19:30
Sede: AndreA Arte ContemporaneA
Indirizzo: corso Palladio 165 - Vicenza
Telefono: 0444 541070