Giuseppe Pellizza da Volpedo
Giuseppe Scalarini
Aurora Scotti
Mariella Milan
Giovanna Ginex
"Giuseppe Pellizza da Volpedo e il Quarto Stato. Dieci anni di ricerca appassionata" mette a fuoco la complessita' dei valori e dei significati di un quadro-simbolo del XX secolo. Lo Spazio focus presenta "Quadri che costano come Sputnik. Rotocalchi italiani e boom del mercato dell'arte moderna in Italia nei primi anni Sessanta". La mostra "Il segno intransigente. Grafica politica, satira, illustrazione" e' dedicata all'opera di Giuseppe Scalarini.
Giuseppe Pellizza da Volpedo e il Quarto Stato.
Dieci anni di ricerca appassionata
a cura di Aurora Scotti
Dal 15 novembre 2013 al 7 marzo 2014 il Museo del Novecento ospita la mostra Giuseppe Pellizza da Volpedo e il Quarto Stato. Dieci anni di ricerca appassionata, a cura di Aurora Scotti. L’esposizione intende mettere a fuoco la complessità dei valori e dei significati di un quadro-simbolo del XX secolo come Il Quarto Stato che, dopo una lunga permanenza alla Galleria d’arte moderna di Milano, è oggi esposto al Museo del Novecento ad aprirne il percorso museale. Il dipinto è il frutto di un costante impegno culturale e sociale e di un progressivo raffinamento della tecnica pittorica compiuti da Pellizza nel corso di un decennio, tra la fine del XIX e l’alba del nuovo secolo.
La mostra presenta circa trenta opere tra disegni e dipinti di Pellizza da Volpedo allestiti nello spazio mostre al piano terra del museo. Nell’atrio del Museo inoltre è esposta la radiografia a grandezza naturale del Quarto Stato, scelta che vuole essere punto di partenza per riflettere su una possibile ricollocazione dello stesso. Così come fu per l'acquisto dell'opera - nel 1920 tramite una pubblica sottoscrizione - il Museo chiederà ai cittadini e ai visitatori di esprimere il loro parere in merito ad un eventuale spostamento del capolavoro di Pellizza, trasformando così l'atrio in sala museale.
La lunga e studiata vicenda creativa di quest'opera, fondamentale per l'arte italiana ed europea, conduce a una lettura in profondità dei suoi significati e della sua portata storica, sociale, culturale. Pellizza, proprio a partire dalla sua formazione in storia e filosofia, si era convinto della necessità di confrontarsi con le problematiche sociali e politiche dell’Italia unita, in particolare quelle dello sciopero e della protesta popolare, temi che affronta in disegni e bozzetti ad olio realizzati dal 1890, assecondando la convinzione che la pittura di storia doveva trattare temi di assoluta contemporaneità.
I primi bozzetti dello studio che avrebbe portato alla realizzazione del Quarto Stato furono sviluppati nel 1892 in una tela dal titolo Ambasciatori della fame, risolta a colori luminosi a larghe pennellate. Pellizza sceglie il luogo e il tempo dell'azione: la piazza davanti a palazzo Malaspina, a Volpedo, simbolo del potere signorile, con la pieve extramuraria sulla destra ed altre costruzioni a ridosso del Torraglio.
Nella calda luce solare di un tardo mattino primaverile - la data è il 25 aprile – sull’imbocco di Via del Torraglio, Pellizza fece avanzare un gruppo di lavoratori guidati da due portavoce dal piglio deciso in primo piano, visti un po’dall’alto, e affiancati da un ragazzo più giovane.
Nel corso del 1893-94 decise di riproporre il tema in un nuovo quadro di più grandi dimensioni, cercando di mettere meglio a fuoco soprattutto il gruppo centrale dei personaggi. Decise inoltre di abbandonare la tecnica a larghe pennellate per adottare una tecnica divisionista a piccoli punti e linee di colori divisi disposti puri sulla tela, per raggiungere effetti di maggior luminosità ma anche di espressività, ed avere più forza nella costruzione complessiva.
Nel nuovo bozzetto, eseguito nel 1895, Pellizza eliminò il punto di vista dall’alto per una presa diretta frontale dei suoi protagonisti: numerose figure di artigiani e contadini che avanzano guidati dai due capi affiancati ora da una donna con un bimbo in braccio. Lo stesso anno, l’artista sviluppò il soggetto su una tela di più grandi dimensioni, a cui poi diede il titolo di Fiumana, allusivo all’ingrossarsi della schiera dei lavoratori, paragonabile ad un fiume in piena, puntando sulla diffusione del messaggio idealmente rivolto a tutti i lavoratori e sull’adesione di massa ad esso. La volontà di dare un significato “ideale” e simbolico al quadro si vede nella cura dell’impianto delle figure della schiera retrostante che si allungano, ricordando raffinatezze della pittura quattrocentesca, a sottolineare non solo la forza e la dignità dei lavoratori, ma anche la loro bellezza.
Completata l’opera nel 1896, il pittore volle fotografarla proprio sulla piazza dove era stata eseguita. La fotografia è preziosa perché documenta le scelte dell’artista, soprattutto in riferimento alla disposizione delle figure in secondo piano prima che Pellizza, accorgendosi di un errore di luce nel rapporto fra il terreno della piazza e la cromia delle vesti della schiera avanzante, incominciasse a ridipingere tutta la tela.
Nel 1898 Pellizza decise però di affrontare il tema su una nuova tela ancora più grande, ricominciando ad eseguire disegni per tutte le figure e facendo nel 1899 un nuovo bozzetto dalle cromie calde e intense a cui diede per titolo Il cammino dei lavoratori. Ancora una volta alla rielaborazione pittorica il pittore accompagnò letture sempre più attente alle problematiche sociali. Il risultato fu un novo cambio d’impostazione generale, sostituendo alla massa indistinta di lavoratori una sequenza di uomini e qualche donna disposti su più file a occupare tutta la scena.
A questa tela Pellizza lavorò incessantemente dal 1898 al 1901, quando scelse di intitolarla Il Quarto stato. La radiografia del dipinto in scala 1:1 – eseguita nell’ambito di complesse analisi a cui il dipinto è stato sottoposto – evidenzia come l’impianto del paesaggio di fondo e di buona parte delle figure fossero ancora simili a quelli di Fiumana, ma che verso il 1900 il pittore mutò progressivamente, mascherando l’architettura sul fondo e riducendo il numero delle figure che con piglio sicuro avanzano verso il primo piano in una calda luce solare. La tela è divenuta dunque il simbolo della fiducia che il cammino di lavoratori avrebbe portato ad un futuro migliore, anticipando e incarnando una delle forze motrici del secolo XX.
La mostra è accompagnata da un libro di approfondimento sul Quarto Stato edito da Electa.
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Quadri che costano come Sputnik.*
Rotocalchi italiani e boom del mercato dell'arte moderna in Italia nei primi anni Sessanta
A cura di Mariella Milan
Dal 15 novembre 2013 il Museo del Novecento ospita la mostra ‘’Quadri che costano come Sputnik.’’ Rotocalchi italiani e boom del mercato dell'arte moderna in Italia nei primi anni Sessanta, a cura di Mariella Milan. Lo Spazio focus del museo propone una riflessione sul delicato tema del mercato dell’arte tra la fine degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Sessanta del Novecento attraverso le pagine dei rotocalchi di quegli anni.
In parallelo al cosiddetto miracolo economico, la prima metà degli anni Sessanta vede lo sviluppo, in Italia e in particolare a Milano, del mercato dell'arte moderna, mentre la categoria del collezionista d'arte sembra espandersi a nuovi strati sociali, arrivando a rappresentare, per un breve momento storico, una valida alternativa a più tradizionali forme di investimento. Il fenomeno trova un'ampia cassa di risonanza nei periodici di attualità illustrata, i cosiddetti rotocalchi che, essendo il prodotto editoriale a più ampia e capillare diffusione – proprio in questo periodo i settimanali più diffusi raggiungono la loro massima tiratura prima del declino causato dall'imporsi del mezzo televisivo – offrono un filtro prezioso per esaminare, nell'ottica della ricezione da parte del grande pubblico, la situazione del mercato e l'immagine dell'artista in questo breve arco cronologico.
Le tre sezioni tematiche in cui si articola il focus raccontano per immagini con quali modi le riviste non specializzate hanno assunto il compito di informare ed educare un pubblico di massa, ottimisticamente visto come potenziale serbatoio di neofiti e aspiranti collezionisti, mettendolo in guardia contro le insidie di un settore ancora considerato inaffidabile e poco regolato. Nelle classiche rubriche di critica d'arte si infittiscono le annotazioni sul mercato, mentre in quelle di gossip e costume diventano frequenti le notizie dal mondo dell'arte; si bandiscono concorsi mettendo in palio opere di celebrati maestri del Novecento e largo spazio viene dato a reportages e inchieste sulla situazione del mercato dell’arte italiano, dalla rete delle gallerie al sistema di valutazione a punti, dai maestri storici ai giovani artisti più quotati.
Sull'onda della prima vendita all'incanto della neonata Finarte all'Angelicum e delle due grandi aste d'arte moderna organizzate dalla Galleria Brera, l'autunno del 1961 vede il diffondersi a Milano di una vera e propria moda dell'asta. Se fino a quel momento le aste erano appannaggio dei frequentatori delle prestigiose sale d'asta inglesi, francesi e americane, in questa stagione le aste milanesi offrono alla borghesia meneghina un nuovo gioco di società, raccontato ora dai rotocalchi, intrinsecamente votati a cavalcare il lato aneddotico e mondano della realtà, che restituiscono con voce a tratti divertita a tratti nostalgica.
Alla grande espansione in questi anni di certa editoria divulgativa ampiamente illustrata – si pensi ai notissimi Maestri del Colore, in edicola dal 1963 – si ricollega il breve esperimento di vendita rateale di opere d'arte contemporanea portato avanti da una curiosa figura di mercante, Ivanhoe Trivulzio. Frutto di una visione democratica e utopica delle future prospettive del collezionismo, il mercante milanese, anche in collaborazione con il mensile "Quattrosoldi", propone a un pubblico di operai e impiegati la sua "rateale del quadro".
In occasione di questa piccola panoramica storica, il Museo del Novecento ripropone all'attenzione del pubblico un'opera di Antonio Recalcati, acquistata dal Comune di Milano in seguito alla segnalazione della giuria dell'XI Premio San Fedele, destinato agli artisti sotto i trent'anni. Datata 1961, la sua Figura d'uomo, parte della suggestiva e fortunata serie delle Impronte, è estremamente rappresentativa di un certo filone della ricerca pittorica figurativa di quegli anni e, al tempo stesso, di un artista considerato all'epoca una delle più brillanti promesse della giovane pittura milanese.
* Federico Balzarotti, Quadri che costano come Sputnik, "Le Ore", VIII (368), 31/5/1960, pp. 30-35)
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Giuseppe Scalarini (1873 - 1948). Il segno intransigente.
Grafica politica, satira, illustrazione
A cura di Giovanna Ginex
Archivi del Novecento Ettore e Claudia Gian Ferrari, Museo del Novecento
La mostra è dedicata all’opera di Giuseppe Scalarini, illustratore attivo dagli ultimi anni dell’Ottocento e tra i massimi disegnatori politici del Novecento. Si presentano in mostra oltre centosessanta oggetti, di cui decine di disegni originali, documenti d’archivio, periodici e volumi d’epoca conservati sia presso gli eredi dell’artista, sia in raccolte pubbliche, allestiti entro un percorso tematico intrecciato a sezioni biografiche e cronologiche. I disegni originali si rivelano come vere e proprie costruzioni e assemblaggi stratificati, composti sia da parti tracciate a china direttamente sul foglio, sia da elementi anch’essi disegnati ma inseriti a collage o estratti dall’alfabeto iconico dell’artista. Il taglio critico e il percorso espositivo propongono per la prima volta uno sguardo completo sulla produzione dell’artista, e al contempo una riflessione sul delicato rapporto tra arte, grafica politica e censura.
Noto finora soprattutto come autore delle vignette comparse quotidianamente ne l’“Avanti!” dal 1911 al 1925, Scalarini nasce il 29 gennaio 1873 a Mantova dove ha luogo la sua prima formazione come disegnatore tecnico. Il rigore del segno, assimilato nell’apprendimento ed esercizio del disegno tecnico, e il rigore morale dell’uomo, resteranno caratteristiche della sua grafica e dell’intera sua vicenda umana.
Il giovane manifesta un precoce interesse per l’arte e il disegno, saggiando fin dagli anni Novanta le diverse possibilità che si offrivano, in Italia e all’estero, nel campo dell’illustrazione e del giornalismo. Frequenta inoltre i corsi delle accademie di Belle Arti di Firenze e di Venezia, documentandosi sulla coeva grafica satirica francese e tedesca.
Nel 1896 fonda a Mantova il “Merlin Cocai”, un foglio satirico di attualità politica e locale, legato al socialismo d’area radicale. Proseguendo da Milano l’attività di disegnatore, nei disegni d’esordio è ancora influenzato dal “pupazzettismo” maturando ben presto in un segno originale, attraverso la collaborazione a decine di testate, in Italia, in Austria e in Germania, Paesi dove risiede per qualche anno all’inizio del Novecento. In mostra sono documentate le collaborazioni di questi anni ai periodici satirici “Italia ride” di Bologna, “Lustige Blätter” di Berlino, “Fliegende Blätter” di Monaco, e il “Pasquino” di Torino.
Il 4 ottobre 1911 Scalarini entra nella redazione dell’”Avanti!”; l’ingresso al quotidiano socialista rappresenta per l’artista il raggiungimento delle sue aspirazioni come disegnatore e come socialista. È l’inizio di una collaborazione quotidiana nella veste di giornalista redattore, che continuerà costante fino al 10 gennaio 1926 con disegni - oltre 3700 vignette pubblicate - e con testi. Non interrompe, inoltre, la collaborazione con altre testate, tra cui la nuova serie de “L’Asino”.
Scalarini tocca temi universali e tuttavia di stringente attualità: la guerra - combattuta con un radicale antimilitarismo che non ammetteva eccezioni -, la voracità del capitalismo, il potere temporale della Chiesa, e più nel dettaglio lo squadrismo fascista, la monarchia imbelle. Scalarini è sorvegliato dalle autorità di polizia italiane e tedesche fin dalla metà degli anni Novanta; sarà perseguitato durante il fascismo subendo il confino, e soppressa nel 1925 la stampa socialista, costretto a lavorare in incognito o sotto pseudonimi diversi. L’inconfondibile firma a rebus scalariniana ricomparirà dopo la Liberazione su diverse testate.
L’artista muore a Milano il 30 dicembre 1948.
Ufficio stampa Comune di Milano:
Elena Conenna Tel. 02.884. 53314 elenamaria.conenna@comune.milano.it
Electa:
Ilaria Maggi Tel. 02.71046250 imaggi@mondadori.it
Responsabile Comunicazione: Monica Brognoli Tel. 02.71046456 brognoli@mondadori.it
Conferenza stampa e anteprima mostre 14 novembre ore 12,30 seguira' aperitivo offerto dal Ristorante Giacomo all'Arengario
Museo del Novecento
via Marconi 1, Milano
Apertura
lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30
Biglietti
intero 5 euro
ridotto 3 euro (studenti universitari,
over 65, dipendenti comunali)