Sembra un secolo. In oltre trent'anni di pittura Gian Marco Montesano, torinese, classe 1949, non ha mai ceduto alle tendenze di moda, tranne quando non e' stato lui stesso a condizionarle, e ha sempre portato avanti una figurazione legata alle immagini cinematografiche e alla tradizione dell'illustrazione europea.
"Sembra un secolo"
Tra gli anni Settanta e Novanta è sfuggito all'omologazione culturale dell'arte
povera, ha resistito alle tentazioni della transavanguardia, è sopravvissuto al
fallimento del medialismo. Di recente, si è contrapposto al ritorno del
concettuale e ha ignorato le sirene della bad painting. In oltre trent'anni di
pittura Gian Marco Montesano, torinese, classe 1949, non ha mai ceduto alle
tendenze di moda, tranne quando non è stato lui stesso a condizionarle, e ha
sempre portato avanti una figurazione legata alle immagini cinematografiche e
alla tradizione dell'illustrazione europea. Ha continuato a realizzare con
ostinazione ritratti e paesaggi anche quando il mercato e la critica sembravano
dargli torto, ha scelto il realismo quando gli altri preferivano evitarlo. Ora
che molti giovani autori ricalcano le sue orme, adesso che la figurazione
italiana si è trasformata in uno stile vincente, riconoscibile all'estero,
l'artista può dirsi soddisfatto. Perché proprio le dive di celluloide che da
anni dipinge in bicromia e gli inquietanti personaggi che da sempre sottrae alla
storia del Novecento (da Hitler a Stalin, ai miliziani delle SS) si possono
considerare i genitori putativi dell'odierna pittura made in Italy.
Giovanissimo, verso la fine degli anni Sessanta Montesano si fa notare con una
serie di matite e tempere su carta, dove si sovrappongono ritratti di gente
famosa, scene prese dai libri di storia e dalla cronaca, riproduzioni di
capolavori. A queste opere seguono i collage, in cui le silhouette di giovani
donne, abbigliate anni Trenta o pettinate come nel dopoguerra, vengono assorbite
da un fondo grigio uniforme, gettato giù velocemente. Sono solo studi, che però
anticipano i futuri sviluppi della ricerca dell'artista, scandendone le tappe
per oltre tre decenni. Isolate, ingigantite, antichizzate dai toni del seppia o
del bianco e nero, le immagini degli esordi tornano ciclicamente nei suoi
quadri, e lo propongono come uno dei primi e più interessanti esponenti di
quella scuola, richteriana, che usa tradurre in pittura i fotogrammi della
realtà . Montesano ruba frame dai cinegiornali d'epoca, dai programmi televisivi,
dai documentari e dai film neorealisti, ma quando li mette su tela, dipingendoli
in una bicromia livida o con toni pastello tanto falsi da ricordare le pellicole
colorate in laboratorio, li trasforma in visioni oniriche. Non si tratta più di
testimonianze del passato o del presente, ma di epopee mitologiche, paesaggi da
terra promessa, favole contemporanee. E se in Un uomo solo al comando, del 1999,
Coppi è raffigurato in bicicletta con uno stile che ricorda i manifesti di
propaganda dell'ex Germania dell'Est, in Erwacht! Freiheit!... und Venedig
Hitler sembra avere quell'umanità che gli eventi hanno negato.
Nell'ultimo periodo, con un bianco e nero scolorito, come nel caso delle vecchie
cartoline lasciate troppo al sole, Montesano si è dedicato a ritrarre luoghi e
persone un tempo sulla bocca di tutti e ora quasi dimenticati. Luoghi e persone
che ora sono protagonisti, sino a fine gennaio, di una grande mostra a Bergamo,
alla galleria del Tasso. Ai volti di Luisa Ferida e Isa Pola, le dive del
vecchio cinema italiano, di quando Cinecittà faceva concorrenza a Hollywood, si
affiancano gli scorci di antichi caffè parigini, con le sedie art nouveau e le
vetrine aperte sul paesaggio piovoso e malinconico degli Champs Eliysées.
Inaugurazione: venerdì 14 novembre - ore 18.00
Orario: 10.00 - 12.00 / 16.00 - 19.00 chiuso il lunedì
Organizzazione: Comune di Carrara - Settore Cultura Turismo
Per informazioni tel. 0585-641394 fax
0585/ 641392
A cura di: Maurizio Sciaccaluga
Sede: Palazzo Binelli - via Verdi - Carrara