Nuova Galleria Formaquattro
Bari
via Argiro, 73
080 5612271 FAX 080 2145926
WEB
Luigi Filograno
dal 21/11/2013 al 3/12/2013

Segnalato da

Formaquattro




 
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21/11/2013

Luigi Filograno

Nuova Galleria Formaquattro, Bari

Till the end. Le opere in mostra analizzano e mettono in scena l'estetica del tempo nell'intensita' del bianco e nero. A cura di Giuliana Schiavone.


comunicato stampa

a cura di Giuliana Schiavone

Il 22 novembre 2013 alle ore 19, Formaquattro presenta la personale 'till the end di Luigi Filograno, a cura di Giuliana Schiavone. Con la mostra ‘till the end, Luigi Filograno analizza e mette in scena l’estetica del tempo, descrive le icone che contraddistinguono ogni suo stadio, isola le tensioni dell’essere alla ricerca di uno spazio stabile. ‘Il tempo guarirà tutto, ma che succede se il tempo stesso è una malattia?’ Ne ‘Il cielo sopra Berlino, il regista Wim Wenders faceva parlare così la sua bella acrobata Marion sospesa sulla sua altalena. E l’immagine, nell’intensità del suo bianco e nero, si rivela un input efficace per raccontare gli esiti recenti del percorso creativo dell’artista.

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“Sed fugit interea fugit irreparabile tempus”
(Virgilio, Georgiche, III)

‘Il tempo guarirà tutto, ma che succede se il tempo stesso è una malattia?’ Nelle sequenze in bianco e nero de ‘Il cielo sopra Berlino’, il regista Wenders fa parlare così la sua bella acrobata Marion sospesa sulla sua altalena, tra cielo e terra, a rincorrere indomabili equilibri. Tempus fugit dichiarava invece una pregnante espressione latina inducendo gli uomini a riflettere sulla fugacità e illusorietà del proprio tempo.
Così, due immagini apparentemente distanti ma tenute insieme dal senso del tempo, si rivelano un efficace incipit per raccontare gli esiti recenti del percorso creativo di Luigi Filograno, il quale sembra isolare e mettere in scena tutte quelle tensioni e movimenti che parlano della perenne lotta dell’essere per la conquista di uno spazio, dello sforzo muscolare e psichico dell’esistere in un non-luogo restìo ad accoglierci in maniera definitiva poiché tutto cambia e persino la nostra identità non è mai statica. In caduta libera, l’essere si abbandona al tempo che scorre come se il passare degli anni non fosse acquisizione, passaggio, accumulo esperenziale, ma al contrario perdita, abbandono, spleen. E siamo soltanto giocolieri, equilibristi, danzatori o goffi nuotatori, attori di teatro impacciati nella scacchiera del mondo alla ricerca di un equilibrio in questa vita, tutti accomunati da una condizione universale che ci apparterrà ‘till the end.
Sono tratti dominanti di questa riflessione la posizione, lo stato dell’essere nello spazio, il suo estremo tentativo di trovare e soprattutto stabilizzarsi in una postura, un gesto, un ruolo che parli di Se’ nell’attimo della rappresentazione. Le opere sono composizioni modulari realizzate in legno di pioppo su cui l’artista interviene utilizzando pastelli o grafite, e le cui parti sembrano incastrarsi come tasselli in rappresentazioni sintetiche, essenziali, a cui il chiaroscuro conferisce un’elegante profondità. Esse sembrano ricordarci che a nessuno è dato di sottrarsi ai processi del tempo che accompagna l’essere e ne scandisce i momenti vitali ‘sino alla fine’ ordinando in maniera razionale l’intera esistenza.
Il tempo sembra avere una sua estetica e conferire una forma riconoscibile a ogni fase della vita umana e animale, e non sarebbe forse sbagliato affermare che il tempo assegna un valore formale all’intera storia tra avanzamento e dissolvimento delle icone che contraddistinguono ogni suo stadio. E se queste rappresentazioni hanno tradizionalmente la funzione di mettere in contatto chi osserva con una dimensione trascendentale con cui identificarsi, nei lavori di Filograno si tratta invece di un assoluto fatto di volti reali, umani, lontani dalla ieraticità delle icone per antonomasia. Sono volti che osservano lo spettatore estrapolati dalla sacralità sui generis del mondo eterno del cinema, della musica e della politica, ognuno colto in una fase della sua storia unica e irripetibile.
Il teschio, memento mori per eccellenza, è sempre reiterato come leitmotiv di una sinfonia collettiva, colto a metà, accostato a esseri umani vivi e vegeti, immerso nello spazio fluttuante della composizione, dominatore incontrastato della visione seppur nella sua incompletezza. Come una presenza che aleggia nel mondo dei vivi esorta a un ripiegamento interiore della coscienza, o fomenta, al contrario, un atteggiamento ironico, distaccato, tutt’altro che macabro.
È rappresentato sempre incompleto, come se la sua metà bastasse a restituirci una verità nella sua interezza, come se in questo caso la frazione valesse per l’intero di un senso chel’occhio quasi non vorrebbe osservare nella sua nitidezza perché l’illusione gli è più cara rispetto a una realtà che potrebbe rivelarsi ferrea e simmetrica.
Sebbene sia impossibile sfuggire agli ingranaggi beffardi del tempo, l’arte è tuttavia una forza in grado di fissare, bloccare in istantanee il momento presente, che è quello della visione. Come se fosse residuo impigliato nella rete del momento creativo e della sua percezione esterna, la visione artistica dona l’illusione dell’eternità e ammortizza l’ansia della fine, accompagnandoci alle soglie di una dimensione incalcolabile e infinita.
Tempus fugit, direbbero gli antichi, e il tempo non è mai abbastanza. E lo sanno bene questi teschi, lo sa bene questo tempo collettivo che rincorre ideali di fugace perfezione. Lo sanno bene le icone di Filograno, che non si nascondono, ma, al contrario, guardano dritto negli occhi lo spettatore, ognuna con i suoi solchi, lineamenti in dissolvenza, segni della vita che passa, meravigliosa vita che scorre, da qui all’eternità.

Giuliana Schiavone

Luigi Filograno
si occupa di arte sin da giovanissimo, avendo operato in passato anche nel campo dell'architettura d'interni e del design. Il tema della sua ricerca è quello dell'equilibrio, visto nella sua possibile instabilità ed analizzato a livello ambientale, sociale, politico, esistenziale. Nelle opere più recenti affronta lo squilibrio tra vita e morte, evidenziando la caducità delle cose terrene, quali fama, potere e bellezza. Da un decennio predilige il disegno su legno utilizzando pastelli, grafite, carboncino insieme a smalti, chine, resine, pigmenti. Ha partecipato, tra le altre mostre, alla Biennale di Venezia 2011, Padiglione Italia di Torino.

Vernissage ore 19

Formaquattro
Via Argiro n. 73 - 70121 Bari – Italy

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