Displacements. La citta', il commercio, le vacanze, gli amori, le cerimonie di passaggio diventano spunti per riflettere sulla temporalita' della nostra vita e della fotografia stessa.
Il lavoro displacements di Edoardo De Falchi nasce dalla fotografia trovata; l’artista colleziona fotografie scattate su rullino e stampate tra Otto e Novecento e le utilizza come punto di partenza per creare nuove immagini, grazie ad un delicato e sempre diverso intervento di taglio, piegatura, sovrapposizione e inserimento di materiali estranei all’immagine stampata.
Animato da una passione per l’immagine fotografica e cinematografica di epoca analogica De Falchi appartiene alla categoria del collezionista- artista e, similmente a Joachim Schmid e a John Stezaker, si appropria e trasforma la nostra condivisa cultura visiva a base fotografica – le fotografie di famiglia, i ritratti in studio, le fotografie documentarie – in un racconto dominato da elementi estranianti e disturbanti. Così le fotografie scattate in studio e/o selezionate per comparire negli album di famiglia sono destituite dall’immagine familiare e rassicurante e lasciano piuttosto emergere la latente opacità, la possibilità inespressa, lo sovversione di senso da un universo rassicurante.
L’operazione di displacement e cioè la sostituzione/destituzione dell’immagine originale provoca impreviste associazioni, fortuite intuizioni e varie soluzioni formali che non potevamo, forse, immaginare. La mostra dunque ribalta il nostro tranquillo orizzonte di senso e ce ne offre in cambio una moltitudine di altri possibili: la città, il commercio, le vacanze, gli amori, le cerimonie di passaggio (battesimi, cresime, matrimoni, nascite etc etc ) diventano spunti per riflettere sulla temporalità nostra e della fotografia stessa, presentata qui come uno specchio deformato di un passato condiviso.
Le opere in mostra sono state realizzate tra il 2011 ed il 2013 e sono suddivise in serie determinate dal gesto che l’artista ha deciso di utilizzare: un taglio, una piegatura, una sovrapposizione di elementi estranei alla fotografia…Una di queste serie lavora sul tempo evidenziandone l’ineludibile operazione di trasformazione di ciò che abbiamo custodito in ciò che abbiamo poi perso e venduto sui banchi dei mercato delle pulci: ciascuna fotografia è stata ri-semantizzata attraverso l’apposizione di piccoli meccanismi di orologi. Una seconda serie evidenzia la caducità della bellezza femminile: ritratti di ragazze che si offrono allo sguardo accondiscendente del fotografo e dell’innamorato vengono resi illeggibili dall’apposizione di farfalle sulla stampa. Altre serie lavorano piuttosto su reportage fotografici interamente recuperati dall’artista; stampate nello stesso formato e con la medesima tecnica, le fotografie sono state lavorate in maniera coerente così da mantenere intatta l’originaria appartenenza ad un progetto visivo unitario.
Il riferimento visivo di De Falchi si radica nella cultura del collage fin dalle sue origini di inizio novecento, quando era usato a fini politici per sovvertire, ammonire e mettere in risalto le assurdità del contemporaneo. In anni recenti il collage è stato ridefinito all’interno di un orizzonte cosmopolita e diversificato ed il lavoro dell’artista (Roma 1968) è stato esposto e pubblicato come parte di quella vasta corrente di intervento su materiali già prodotti in cui una parte importante è giocata dalla volontà/necessità di operare in economia e dunque di avere come punto di partenza materiali già prodotti e disponibili sul mercato. Questa prospettiva politica del lavoro di De Falchi può senz’altro appropriarsi della frase del fotografo J. Schmid ‘nessuna nuova fotografia finché non siano state utilizzate quelle già esistenti’. Per il nostro artista ‘le immagini sono un incubo contemporaneo, mai come oggi c'è stata una tale invasione di immagini. Il nostro rapporto con le immagini è ambivalente. Da una parte costituiscono un grande linguaggio universale, con cui è possibile comunicare anche al di là delle differenze linguistiche, costituendo un linguaggio pervasivo globale da cui non si può sfuggire. Dall'altra parte, la nostra “società dello spettacolo” è soprattutto, come si sa, il sistema delle rappresentazioni che cancella ogni rappresentazione del sistema’.
In linea dunque con una ricerca che pone al centro la riduzione delle spese del fare artistico per facilitare piuttosto il flusso di scambio e di proposte in un circuito ampio e variegato, De Falchi ha ideato una nuova modalità espositiva per i suoi lavori: una cornice prestampata su cui collocare le proprie immagini. Intitolata il manifesto della mostra la cornice è lavoro autonomo da displacements ma viene qui utilizzato per la prima volta per esporre i lavori a base fotografica.
Le domande che questo lavoro pone sono tante ma al contrario di una tendenza a porre domande senza fornire poi risposte, displacements produce nuovo senso a domande che riguardano il nostro patrimonio visivo/fotografico familiare, alle sorti della fotografia analogica nell’epoca del digitale, alla materialità dell’oggetto fotografia ed infine ad una operazione che lavora a ottimizzare il risultato attraverso un minimo seppur violento segno.
Displacements è parte del circuito della XII edizione di FOTOGRAFIA – Festival Internazionale di Roma, dedicato al tema VACATIO ed è composta da circa 50 opere uniche
Il lavoro a base fotografica di Edoardo De Falchi è incluso nel volume The Age of Collage, Contemporary Collage in Modern Art a cura di Dennis Busch, Robert Klanten, Hendrik Hellige2013
E.De Falchi, Non è vero! Disordinazioni: un’avanguardia subliminale di massa, Odradek edizioni 1998
Inaugurazione 22 novembre alle 19
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Piazza di Santa Cecilia 16, Roma
Orario: Lun - Ven: 11:00 - 13:00, 16:00 - 20:30 , Sab: 16:00 - 20:30
Ingresso libero