Galleria Cons Arc
Chiasso
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Maurizio Montagna
dal 30/11/2013 al 1/2/2014

Segnalato da

Galleria Cons Arc


approfondimenti

Maurizio Montagna



 
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30/11/2013

Maurizio Montagna

Galleria Cons Arc, Chiasso

Fotografie 2006-2013. La fotografia serve per stabilire un contatto con la realta', ma tale contatto e' mediato, e' un contatto virtuale con l'ambiente. Lo sguardo dietro l'obbiettivo si posa su oggetti e paesaggi che non vengono denunciati, giudicati o celebrati, essi semplicemente si rivelano, vengono 'trovati' dal fotografo.


comunicato stampa

“In ogni mio progetto cerco di oltrepassare l’idea di luogo così come me lo hanno fatto conoscere, il confronto con il soggetto deriva da una serie di relazioni che si creano attraverso determinati punti di vista, che vanno ad eliminare parti superflue della scena. Potrei identificare il mio lavoro come una sorta di progetto di Still Life di luoghi, una ricerca continua di piccoli dettagli al fine di ricostruire un percorso visivo alternativo a quello che conosciamo.” M.Montagna

Maurizio Montagna nasce a Milano nel 1964 e dopo gli studi giovanili di pittura e grafica pubblicitaria si dedica alla fotografia.
Vive a Milano alternando l’attività creativa a quella di fotografo di architettura. Insegna alla Naba, Milano. Suoi lavori sono stati esposti in varie istituzioni e musei. Tra le sue pubblicazioni: Albedo –Silvana ed. 2003; Billboards – Damiani Ed. 2009 Giulio Minoletti Visioni Urbane 2009

Sottrazioni

“E a cosa serve un libro”, pensava Alice, “senza figure e dialoghi?”.
Lewis Carrol, Alice nel Paese delle Meraviglie.

Il lavoro di Maurizio Montagna si potrebbe prestare a molte osservazioni, come sempre accade quando ci avviciniamo al lavoro di un fotografo di valore. Potremmo dilungarci sulle scelte tematiche, apprezzare l’uso della tecnica. Oppure fissare la nostra attenzione sul taglio dell’inquadratura.

C’è un elemento che mi sembra offrire una sorta di filo di Arianna all’osservatore per districarsi nel labirinto delle immagini. Questo elemento, che emerge come un tema, è quello della sottrazione. Sottrazione che deve essere intesa come processo di eliminazione di tutto quanto non è necessario alla realizzazione di una fotografia significativa. Forse questo è un intento di molti, nella fotografia come in altri campi artistici. La differenza consiste nella scelta degli elementi da eliminare, e questa scelta racchiude la minore o maggiore qualità del prodotto finale.

Montagna sottrae all’immagine fotografica la facile scelta del soggetto, al punto da rendere difficile la sua stessa identificazione. Fotografa un edificio ma si capisce che non è l’edificio in quanto architettura il fulcro del suo interesse. Orienta il proprio sguardo monocolo verso il territorio e lo ferma proprio nel punto in cui non lo riconosciamo più – e siamo così costretti a conoscerlo per la prima volta., come accade per i lacerti di paesaggio spagnolo del ciclo The Bull Project.
La seconda, significativa, sottrazione è quella della prospettiva. I billboards (in modo eloquente colti nell’assenza dei manifesti: pure cornici appese e in attesa di messaggi) e le architetture milanesi di Giulio Minoletti sono viste frontali, senza profondità. In questo modo si stabilisce un legame inaspettato tra delle strutture pubblicitarie meramente funzionali e degli edifici di raffinato pensiero architettonico. Entrambi tornano ad essere sfondi, quinte della scena metropolitana sul cui schermo muto possiamo proiettare le nostre fantasie di vita.
Luigi Trentin
novembre 2013

La coscienza della forma

Si sente una distanza fra i nostri occhi e i soggetti delle fotografie di Montagna, non è vera lontananza è piuttosto la sensazione di vedere una forma che si inserisce fra lo spettatore e cio’ che è rappresentato. Susan Sontag scriveva che “l’arte riflessiva è quella che impone al pubblico una certa disciplina, procrastinando il facile godimento”1. E’ il distanziamento con gli oggetti presentati in cornici minimaliste e scarnificate che in realtà prepara a una riflessione e puo’ diventare fonte di grandi emozioni (anche se non immediate). L’effetto di straniamento ha il potere di far scaturire il ragionamento e la riflessione, l’immagine quindi stupisce, anima lo spettatore.

A Maurizio Montagna la fotografia serve per stabilire un contatto con la realtà, ma tale contatto è mediato, è un contatto virtuale con l’ambiente. Lo sguardo dietro l’obbiettivo si posa su oggetti e paesaggi che non vengono denunciati, giudicati o celebrati, essi semplicemente si rivelano, vengono “trovati” dal fotografo (come dei veri “ready made”) e, forse, solo in un secondo tempo, ancora da lui “cercati” nel paesaggio. Lo sguardo di Montagna prima di essere indagatore, scientifico e classificatore, è aperto, leggero, disincantato, quasi distratto, di colpo attratto da qualcos’ altro.

Sia le forme anonime dei pannelli pubblicitari vuoti (billboards), sia le figure riconoscibili delle bottiglie e dei tori nel paesaggio spagnolo (bullproject) sono come schermi appesi su strutture essenziali, ossature silenziosamente collocate nel contesto naturale e urbano. Sono fenomeni da osservare e riprodurre.

Persino le selezionate architetture di Minoletti, il lavoro commissionato dalla GAM di Gallarate, che abbiamo svolto insieme alla fine del 20082, sembrano, stampate su grande formato, artefatti silenziosi che offrono allo spettatore vaste superfici vuote. E’ curioso pensare come questo protagonista dell’architettura razionalista milanese si interessasse alle infrastrutture per la pubblicità intese come elementi architettonici. Elementi che, se di qualità, potevano concorrere ad individuare un nuovo linguaggio per la città contemporanea del dopoguerra; Minoletti sentiva infatti il fascino delle luci mutevoli e delle insegne colorate, anche se rischiavano di diventare possibili fonti, se non controllate da un buon progetto, di molto inquinamento visivo (i tori della Osborne diversi anni dopo venivano ripuliti dalla propaganda commerciale…).

C’è un aspetto interessante che avvicina le fotografie di Montagna a dei disegni e a delle scritture. Alcuni elementi sembrano incidere le immagini come fossero didascalie. Rovi, piante rampicanti, rami, tubi e cavi di impianti divelti, ferri che escono dal calcestruzzo e scritte dei writers appaiono come firme taglienti sulle superfici degli oggetti e degli edifici, sono linee disegnate, testi sull’immagine, ideogrammi. Le fotografie acquistano un valore grafico.

Se è vero che fotografare significa attribuire importanza a frammenti di realtà possiamo immaginare che è altrettanto importante confrontarci con forme isolate che ci suscitano emozioni. L’artista puo’ guidarci a leggere le forme in modo simbolico, non svelarne del tutto il mistero per mantenerne l’intensità, aiutarci a scoprire, riflessi in esse, i contenuti del nostro inconscio.

Katia Accossato
24 novembre 2013

Inaugurazione domenica 1 dicembre 2013 ore 11 > 13

Galleria Cons Arc
via Gruetli, Chiasso
orari apertura mar-ven 9-12 e 14-18.30. Sab 9-12
Chiuso domenica, lunedì e festivi
Chiusura di fine anno

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