A piedi nudi per casa. L'installazione si compone di 12 piccoli cubi di vetroresina sospesi nello spazio, in cui e' inglobata la rappresentazione di uno dei primi sistemi di riferimento usati dall'uomo per spostarsi e navigare in mare: il reticolo a 16 rose dei venti.
a cura di Simona Gavioli
Secondo Bacherland la casa è vista come lo spazio "dell'immensità intima" dove tutta
la nostra esperienza trova dimora, il suo stare con se stessi, il posto in cui
ripararsi e ritrovarsi. La casa ci protegge dal freddo, dal vento, dalla pioggia, ma
se ci protegge in molti modi, la casa protegge anche la nostra intimità divenendo
essa stessa immagine d’intimità. La casa protegge soprattutto i sognatori perché ci
consente di sognare in pace. Infatti, nell'essere umano i luoghi materiali e
concreti diventano simboli e immaginari che abitiamo e nei quali siamo abitati
determinandone il colore, il ricordo, gli odori.
La casa diventa un centro intorno
in cui gravitano immagini di Intimità protetta come se fosse fondamentale e
necessario arrivare a stabilire una connessione intrinseca tra la casa come valore
immaginativo e la dimensione stessa della rêverie. Nella casa possiamo calmarci e
mentre ci dondoliamo nel letto sognante solletichiamo la rêverie a possederci.
Quella rêverie intesa come stato dello spirito che si abbandona a ricordi e immagini
che per Bachelard diventa la situazione in cui l’Io, dimentico della sua storia
contingente, lascia sbagliare il proprio spirito e gode della libertà del sogno
rimanendo, però, attaccata alla veglia.
Se dentro alla casa ci sentiamo in un luogo sicuro e dentro ad un sogno immaginiamo
la nostra casa accoglitrice di desideri e di intimità allora ecco che la casa
diventa l’illusione da rincorrere o il rifugio al quale ambire per arrivare alla
serenità. Gli oggetti diventano immagazzinatori di ricordi, immagini, poetiche che
raccontano il nostro trascorso, divengono emanatori di emozioni che rievocano il
passato e sostengono un presente. La casa è la nostra alcova, il nostro nido, la
nostra culla. È la nostra scatola protettrice, è la campana di vetro che ci protegge
dalle spine della vita, è l’occhio che guardando dall’interno ci permette di vedere
ciò che sta fuori salvandoci. “Bisogna amare lo spazio per descriverlo tanto
minuziosamente come se vi fossero molecole di mondo”.
Bisogna averne cura,
assorbirlo e farlo entrare dai pori della pelle per capire quanto la casa possa
essere salvifica. Amare lo spazio, come luogo in cui viviamo, uno spazio che diviene
morbido, non geometrico e calcolabile, ma si trasforma in un erlebter Raum, uno
spazio abitato, vissuto e celebrato da una moltitudine di rimembranze. Uno spazio in
cui si custodiscono gelosamente i ricordi più autentici e intimi, uno spazio
contenitore di memorie in cui ogni oggetto diviene detentore di un attimo vissuto e
custode di un’esperienza. In questo dove, che chiamiamo casa, o rifugio o bunker o
qual si voglia chiamarlo, i ricordi vengono spazializzati e così diventa importante
un cassetto perché contiene una lettera o un lenzuolo perché emana un odore, ci
interessa se l’armadio ha la coperta della nonna o il lavandino ha la forma di un
cuore. Quello spazio vive, noi ci sentiamo parte di esso e lo sentiamo parlare ogni
volta che vi entriamo e ci lasciamo il mondo alle spalle per rinchiuderci dentro:
dove l’intimità si rannicchia e l’anima si trastulla. In questo magico luogo le
immagini fanno eco dentro di noi, il nostro passato galleggia sul presente, e
risuona e assorda piacevolmente l’anima.
É proprio sul concetto di casa che si basa l’ultimo lavoro di Lucia Amalia Maggio |
A piedi nudi per casa
L’installazione si compone di dodici piccoli cubi di vetroresina sospesi nello
spazio, in cui è inglobata la rappresentazione di uno dei primi sistemi di
riferimento usati dall'uomo per spostarsi e navigare in mare: il reticolo a 16 rose
dei venti, l'immagine di una struttura del pensiero che ha consentito all'uomo di
cominciare ad orientarsi nello spazio, al limite fra il conosciuto e il conoscibile.
Da ogni cubo partono cinquantasei fili che costruiscono una rete che si forma in
maniera casuale che si contrappone all'idea di ordine interno ai cubetti, come
“spazio del controllo”, al disordine esterno, lo “spazio del caos”.
Nel caos incomprensibile del mondo l'uomo si crea il proprio sistema di riferimento
per conoscere e riconoscere oggetti e situazioni, che gli consente di muoversi nel
mondo.
Un sistema di riferimento che diventa cardine per rendere sicuro e conosciuto un
piccolo pezzetto di mondo che si comincia a ritenere “proprio”, dentro cui muoversi
in sicurezza.
L’opera verrà realizzata all'interno non solo di uno spazio espositivo che prima di
tutto è una casa privata porta l’artista a fare una riflessione su cosa significhi
per noi avere, vivere, abitare uno spazio che arriviamo a definire casa. Da sempre
l'uomo cerca di delimitare uno spazio e renderlo suo, renderlo abitabile attraverso
sistemi di orientamento che rendano più facile la vita. Creare un microambiente che
renda sicura e facile l’esistenza, per difendersi dal caos e dalle incertezze che
percepiamo nel mondo.
Il lavoro della Maggio verte sull’esigenza di costruire piccoli ambienti ordinati
che fluttuano in un macro-ambiente caotico. La ricerca dell’ordine nel caos, della
serenità nella frenesia.
Un lavoro di ricerca interiore, quello della Maggio, che srotola il filo dalla
matassa ricorducendoci alla via di casa.
Inaugurazione 6 Dicembre 2013 ore 18,30 alla presenza dell’artista Lucia
Amalia Maggio, vincitrice del premio Ora, si inaugura la mostra A piedi nudi per
casa presso SpazioBlue via Gandino 3, Bologna.
SpazioBlue
Via Gandino 3, Bologna
tutti i giorni 17-20 su appuntamento
Ingresso libero