Aiming at the Dust / Tensioni. Due mostre di fotografia in due stanze diverse. Un percorso espositivo alla ricerca di una nuova grammatica del fare scultura. Un'esigenza necessaria di mettere tutto, sempre, in discussione.
Vincenzo Castella, About The Renaissance Series
Ciò che più amo della Fotografia è il suo carattere Empirico - Indagativo – Dubitativo, come fosse una macchina straordinaria per immaginare e intravedere il volto complesso spesso sfuggente della realtà.
Di assertivo c’è solo la sicurezza che la realtà stessa comprende anche una grande percentuale di elementi invisibili.
Non ci sono storie da raccontare ma, forse,discorsi da strutturare.
La posizione della mia macchina è dunque sempre:ordinaria, condivisa ,mediata, inclusiva e spesso ben visibile.
In questo mio progetto sul Rinascimento Sacro Italiano la direzione verso la quale ho cercato un punto equidistante tra la scultura, la pittura e la polvere.
Vincenzo Castella
Milano, 28-01-2013
Cenni biografici:
Vincenzo Castella nasce a Napoli il 21 aprile 1952. A Roma dal 1968, studia lettere moderne e antropologia strutturale, è musicista e nel 1970 è elemento fondatore di una band d’avanguardia di blues urbano chiamata Blues Way, presente nella scena musicale sperimentale di quel periodo.
Inizia a fotografare nel 1975: Geografia privata è il primo progetto realizzato, un lavoro a colori sugli interni domestici, tra memoria e stupore.
Nel 1976, 1978 e 1980 negli Stati Uniti realizza un ampio lavoro sulla vita e l’architettura degli afro americani delle città del Sud. Oltre alle immagini, in bianco e nero e alle diapositive a colori, gira un film in 16 mm, Hammie Nixon’s People, presentato alla mostra A Noir a Milano nel 1998 e al cinema The Balie di Amsterdam nel 2000 nell’ambito del festival Film Interrupted.
Dal 1980 i suoi interessi si spostano verso la trasformazione del paesaggio, le architetture, le contaminazioni urbane e la scena industriale. Nel 1999 partecipa alla Biennale di Fotografia di Torino riproponendo le immagini di Geografia privata.
Le prime immagini del 1998 sulla città dall’alto sono presentate nel 2000 allo Spazio Oberdan nella collettiva Milano senza confini (con Thomas Struth, Fischli&Weiss, etc) e ad Amsterdam nella Paul Andriesse Galerie; è l’inizio del suo lavoro The Book of Buildings, una serie di fotografie dall’alto sulle consonanze e imperfezioni delle città europee.
Il suo lavoro è presentato, in sedi istituzionali europee, (personali ad Arles - Abbazia di Mont Majour, alla Fondazione Re Rebaudengo Sandretto - Guarene, nel Museo di Villa Manin di Passarianoetc.) che testimoniano lo sviluppo della ricerca iniziata nel 1998. La sua visione si muove progressivamente sulle grandi superfici dell’urbanizzazione.
Le sue fotografie appaiono sempre più anarrative, ipnotiche: realizza vere e proprie ipotesi di attraversamento visivo della complessità del tessuto e dell’intreccio delle città, producendo grandi stampe a colori (180 x 225 e 180 x 300 m.) da film di grande e grandissimo formato, alcune esposte nella personale nella galleria Studio la Città di Verona nel 2007.
Di questa ricerca fanno parte immagini di città italiane ed europee come Napoli, Milano, Rouen, Caen, Le Havre, Helsinki e Berlino e immagini di città e territori più critici come Ramallah e Gerusalemme.
Il “punctum” della ricerca sono la distanza e la dislocazione, ricerca estranea all’interesse per l’evoluzione dell’apparato estetico e stilistico, bensì strettamente correlata all’analisi del linguaggio dell’esistenza e della visione. Dal 2006 al 2008 Castella realizza con il gruppo Multiplicity Cronache da Milano, un’istallazione video di sei attraversamenti animati in simultanea su sei fotografie dall’alto che includono sei scenari di fatti di cronaca nera a Milano. I movimenti di macchina virtuale restituiscono un insieme spiazzante sulle differenze e le relazioni della complessità e dell’invisibilità della vita e della morte nella città.
Paolo Icaro, da un testo di Lara Conte
Un percorso alla ricerca di una nuova grammatica del fare scultura. Un’esigenza necessaria di mettere tutto, sempre, in discussione. Decostruire per ricostruire: ovvero Faredisfarevedere.
Una vocazione del fare che oltrepassa la dimensione compiuta e immutabile dell’oggetto per esplorare il divenire; che esperisce una nuova situazione scultorea, la quale scorre accanto all’artista, nello stesso spazio dell’esistenza. Nei due decenni fondativi della sua ricerca – gli anni Sessanta e Settanta -, Icaro ha oltrepassato territori – in transito, negli anni Sessanta, da Torino a Roma, Da New York a Genova, e più stabile, negli anni Settanta, oltreoceano, a Woodbridge nel Connecticut con permanenze in Italia ogni anno, nel periodo estivo.
Ha esplorato materiali; ha forzato i confini del linguaggio della scultura sino a raggiungere il grado zero per rifondare una nuova grammatica del fare […].
Lara Conte, Paolo Icaro 1967-1977
Cenni biografici:
Paolo Icaro Chissotti nasce a Torino nel 1936. Studia musica e nel 1955 si iscrive alla Facoltà di Lettere presso l’Università di Torino. Nel 1958, abbandonati gli studi universitari, comincia a praticare la scultura nello studio di Umberto Mastroianni. Nel 1960 si trasferisce a Roma, dove nel 1962 ha la sua prima mostra personale alla Galleria Schneider. Nel 1964 ottiene il premio del Ministero per il Commercio con l’Estero alla III Biennale d’Arte della Ceramica di Gubbio. Nel 1965 è invitato alla IX Quadriennale di Roma.
Nel 1966 si trasferisce a New York, dove risiede sino al 1968. Oltreoceano nascono le Forme di spazio (1967), ribattezzate subito dopo Gabbie, strutture in profilati metallici in cui la scultura da occupare lo spazio si fa luogo, origine di spazio. Nel corso degli anni Settanta e Ottanta sono numerose le mostre personali in importanti gallerie europee e americane fra le quali si ricordano: Verna, Zurigo (1972, 1974, 1978, 1985); Françoise Lambert, Milano (1976); Marilena Bonomo, Bari (1976); Massimo Minini, Brescia (1977, 1982, 1989); Paul Maenz, Colonia (1978), Hal Bromm, New York (1978, 1979); Jack Tilton, New York (1985, 1986, 1989). Nel 2006 è presente alla rassegna Museo Museo Museo. 1998-2006 Duecentocinquanta nuove opere per la GAM, curata da Pier Giovanni Castagnoli presso Torino Esposizioni, dove viene esposto il nucleo di opere acquisito dalla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino nel 2005. Nell’ottobre 2007 è invitato da Luigi Ballerini a realizzare un intervento permanente per l’Italian Department della UCLA – University of California a Los Angeles. Prende parte a numerose mostre collettive, fra cui Time & Place: Milano – Torino. 1958-1968, a cura di Luca Massimo Barbero (2008) e Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione 1968-2008, a cura di Francesco Bonami (2008-2009).
Oggi vive a lavora a Tavullia, in provincia di Pesaro.
Inaugurazione sabato 7 Dicembre 2013 alle 11.30
Studio La Città
via Lungadige Galtarossa 21, Verona
Dal martedì al sabato ore 9 - 13 e 15 - 19
Ingresso libero