La theorie des cometes. Personale concepita come un'esperienza sensoriale conoscitiva dove le opere coinvolgono emotivamente lo spettatore trasmettendo un messaggio nel quale lo stesso e' portato a identificarsi.
Osservando gli astri e le comete, nell’oscurità sembrano tutte uguali, risplendono meravigliose, riflettendo su di
noi la propria luce lontana. Guardandole da vicino, con l’aiuto del telescopio, si rivelano e si spiegano nella
loro diversità e bellezza straordinaria per ciascuna di esse. Un po’ come gli esseri umani, ognuno di noi emana
un’energia speciale e complessa.
Capire il movimento delle stelle aiuta gli scienziati a localizzare la nostra posizione all'interno della Via Lattea
ed è fondamentale per capire il nostro posto nel cosmo, ovvero da dove siamo venuti, dove attualmente ci
troviamo, e dove stiamo andando durante il nostro viaggio attraverso il sistema stellare.
L’opera di Giovanni Ozzola racconta della vita intima e unica e allo stesso tempo condivisa da ogni individuo.
Nella prima personale dell’artista, presso la Galleria Continua di Pechino, le opere sono disposte per
interloquire con lo spazio e con gli spettatori. Una mostra concepita come un’esperienza sensoriale conoscitiva
dove le opere, presenti come immagini fotografiche, oggetti e video, coinvolgono emotivamente lo spettatore
trasmettendo un messaggio nel quale lo stesso è portato a identificarsi.
Ogni opera in mostra narra di un viaggio interiore, “È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li
immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo come vedo gli altri. [...] dove sarei se non dentro me
stesso e nello stesso genere delle mie sensazioni?” (F. Pessoa).
Situazioni temporali differenti s’intersecano di continuo trasportandoci dal passato, al presente, al futuro,
attraversando momenti di elevata tensione spirituale.
La mostra si svela lentamente agli occhi dell’osservatore. Attraverso una porta semiaperta passiamo da uno
stato d’intimità e adattamento al buio insito in noi e che è percezione di noi stessi, a uno stato di piacevole
curiosità e meraviglia, attratti e in parte abbagliati da un’ignota realtà che si rivela agli occhi sotto forma di luce
intensa e contrastante.
Oltrepassata la soglia verso la luce e verso nuove costellazioni ci si trova di fronte a un’enorme mappatura,
novantotto pannelli dorati e brillanti, dove l’artista ha impresso sul rame, attraverso l’antichissima tecnica
dell’incisione, numerose rotte di navigatori del passato. Tracciati ondulati e nudi vagano nell’immensità del
mare, privi di geografia, come sospesi nella foschia e nell’oscurità. Ufficiali di rotta come Cristoforo Colombo,
Vasco de Gama, Magellano, Zheng He, astronomi e geografi, spinti dalla volontà, dal desiderio di conoscenza
e dalla propria audacia, hanno navigato verso il “nulla” fronteggiando le loro paure.
Affrontare i timori e andare verso lo “sconosciuto”, vincere la paura spinti dall’intuizione, sono percorsi
necessari all’uomo per prendere coscienza di se’. La coscienza di se’ dirige il sé attraverso archetipi, sogni e
intuizioni, e guida la persona a commettere errori con uno scopo, spinge così la psiche verso l'individuazione e
l'auto-realizzazione.
Nasce cosi una fluida connessione a un tema particolarmente caro all’artista: il “Naufragio”, metafora filosofica
utilizzata per definire il significato ultimo dell’esistenza umana (Karl Jaspers). Il divenire continuo della realtà,
opposto al bisogno umano di avere dei punti di riferimento saldi; in questo senso il naufragio pone fine alla
disperazione umana di essere in balia dell’instabilità che popola il mondo e da vita a una nuova coscienza.
Ognuno di questi viaggi costituisce una fuga in avanti, rappresentando un nuovo inizio, un percorso di
cambiamento che lentamente, tracciato dopo tracciato, smarrimenti dopo smarrimenti, (consideriamo che la
maggior parte di questi avventurieri moriva nel percorso) nel suo progredire, ha influenzato la coscienza
collettiva e quindi la struttura della psiche dell’intera umanità, la quale emerge da una cultura condivisa, un
istinto comune e dall’esperienza comune che rende il substrato dell'inconscio uguale per tutti gli esseri umani.
« [...] al mondo effimero della nostra coscienza essi comunicano una vita psichica sconosciuta, appartenente a
un lontano passato; comunicano lo spirito dei nostri ignoti antenati, il loro modo di pensare e di sentire, il loro
modo di sperimentare la vita e il mondo, gli uomini e gli dei. »(Carl Gustav Jung)
All’interno della sala principale una proiezione, su tre schermi, occupa la parete più vasta dello spazio e ci si
trova interamente assorbiti da una situazione pacata di oscurità e calma che d’improvviso viene interrotta dal
sollevarsi meccanico di una saracinesca, la quale svela ai nostri occhi un paesaggio di luce, dune di sabbia che
si replicano all’infinito mentre il vento, di cui sentiamo il soffio ininterrotto, le disfa e le ricrea in un ciclo
infinito di rinascite.
L’utilizzo del paradosso assume qui un valore necessario che permette all’osservatore di tradurre una visione
irrazionale come quella di un garage che si apre su un orizzonte di sabbia in una situazione mentale dove da
uno stato di calma e semi-buio nel quale i nostri pensieri si sono adagiati si passa ad uno stato di perdita di
punti di riferimento, attratti verso la luce, l’immenso, l’ignoto. Ancora una volta un invito a spingersi oltre la
vita apparente.
Di fronte al video una vecchia cima di juta si staglia sulla parete riproducendo il simbolo dell’infinito, a rilevare
nuovamente il tema dell’eterno ritorno, il ciclo di vita, morte e rinascita, "l'oceano dell'esistenza" che in molte
religioni dell’india identificato come Samsara, il cui abbandono rappresenta per il meditante il raggiungimento
di una condizione di luce, di consapevolezza assoluta (Nirvana).
Un relitto, una vecchia barca dismessa è illuminata al suo interno da una scritta al neon “Raising everytime we
fall” (Confucio) a indicare che la grandezza nell’individuo non sta nel non cadere ma nel sapere rialzarsi,
spinto dal coraggio e da una sempre rinnovata energia e positività. Una frase che incita a non arrendersi al
fallimento, che spinge al riscatto e alla canalizzazione delle proprie energie verso la meta. Ci ricolleghiamo
ancora al tema del “Naufragio”, perdersi per ritrovarsi, il moto perpetuo della vita, andare coscientemente in
contro alla morte la cui conseguenza è inevitabilmente una rinascita, la consapevolezza di sé.
La forma assolutamente perfetta dell’elica è rappresentazione del moto, di continuità ed energia. Eliche antiche,
d’imbarcazioni vittime di maremoti e naufragi, pregne di esperienza portano incise sulla propria superficie,
trattati filosofici scientifici e religiosi a confermare un'unica verità che si cela dietro il concetto di continuità,
del divenire, di materialità, di eros e carnalità: la ruota delle rinascite, la vita terrena, il mondo materiale, che è
permeato di dolore e di sofferenza.
Globi trasparenti e cristallini sospesi nel vuoto emanano luce come pianeti lontani, riflettono su tutto il
perimetro della stanza, sul soffitto e sul pavimento traiettorie di luce, attraversate oceaniche, ancora una volta,
a sottolineare la necessità dell’uomo di superare le insicurezze, affrontare la paura, il dolore e le incertezze,
senza farsi turbare dal fallimento. Affermare la propria posizione, per trovare una nuova coscienza di sé.
Le campane suonano sempre la stessa nota... campane naufraghe, solide lavoratrici impiegate su antiche navi,
hanno anch’esse, incise sulla propria spessa pelle, frasi che nella vita di Giovanni Ozzola si sono impresse
nella memoria senza abbandonarlo, tornando a riemergere in fasi diverse della sua vita rinnovando il proprio
significato.
Il percorso della mostra si conclude nella sommità dello spazio dove lo spettatore, proiettato nuovamente nella
luce, è attorniato dalle vette di montagne sacre.
In qualunque paesaggio le montagne sono presenze rilevanti e imponenti, molte popolazioni le hanno venerate
e rivestite d’importanza divina e cosmica. La montagna sacra si trova al centro della cosmologia e della
geografia di molte forme religiose, dalle più arcaiche tradizioni sciamaniche fino alle grandi religioni
abramitiche. Essa attraversa e collega i tre mondi: divino, umano e infero. Sulle montagne sono stati costruiti
templi e santuari in tutte le religioni a dimostrare la continua ricerca da parte dell’uomo, non solo del centro
simbolico del mondo, ma anche del luogo dove attingere le più profonde esperienze d’ascesi e di rivelazione.
In quest’ultimo paesaggio, di fronte al quale l’artista ci invita a fermarci, terra e cielo si abbracciano in un
amplesso amoroso che non avrà mai fine.
...Dunque, si ridiscende.
Inaugurazione sabato 14 Dicembre 2013 ore 17 - 19
Galleria Continua
Dashanzi 798. # 8503, 2 Jiuxianqiao Road, Chaoyang Dst., Beijing
Orari di apertura: dal Martedì a Domenica 11 - 18