Carta, Conte e Hold. Le tre mostre del secondo ciclo di esposizioni in programma, ovvero le personali di Michelle Hold 'Blue Mood', di Vito Carta 'Illusioni di una memoria infedele' e di Angelo Conte 'Allegorie'.
Tra giovedì 12 e sabato 14 giugno il Ferrara Art Festival entra nel vivo con il primo spettacolo in programma e il secondo ciclo di mostre, sempre a Palazzo della Racchetta.
Giovedì 12 giugno alle ore 21, nel cortile del Palazzo, va in scena lo spettacolo “Rimani”, con la regia di Roberta Pazi. Sarà questo il primo appuntamento del “Racket Festival”, un vero e proprio festival nel festival, che vedrà in un mese e mezzo, succedersi a Palazzo Racchetta un fitto programma di ben 16 appuntamenti, ogni giovedì e sabato, sempre alle ore 21 e sempre a ingresso libero, tra concerti, spettacoli e presentazioni di libri, con servizio bar offerto dal Cafè degli artisti di via Ragno.
Sabato 14 giugno, alle ore 17, si inaugurano nelle sale a piano terra e al piano nobile del Palazzo le tre mostre del secondo ciclo di esposizioni in programma, ovvero le personali di Michelle Hold, Blue Mood, di Vito Carta, Illusioni di una memoria infedele e di Angelo Conte, Allegorie. Tutte e tre le mostre a cura di Virgilio Patarini, catalogo Editoriale Giorgio Mondadori. All’ultimo piano, nel salone IsabellaD’Este, prosegue la mostra Astrazione Odessa. Tutte le quattro mostre saranno visitabili fino al 3 luglio, ogni giorno dalle 15 alle 19, ingresso libero
Qui di seguito una breve presentazione dello spettacolo e delle tre mostre.
Il primo evento del “Racket Festival”
RIMANI spettacolo teatrale
Regia di Roberta Pazi. Con: Alessandra Bononi, Flavio Caroli, Laura Gallini, Alessandra Guerra, Nicola Santolini, Vittoria Triglione e Marco Trippa.
“Rimani” nasce dall' idea di indagare il rapporto di coppia nelle sue dinamiche più intime. Un uomo, una donna, un letto. Nella notte in una alternanza di buio e luce, di accoglienza e rifiuto, di recriminazioni e amore, si cercano, si strattonano, si trattengono un uomo e una donna disperatamente innamorati eppure incapaci di dirselo veramente, semplicemente. Sette attori incarnano i due personaggi, diverse identità e diverse energie a dare corpo alle passioni contrastanti che ci attraversano inevitabilmente in una storia d’ amore.
La Compagnia Teatrale Piccoli Tocchi di Teatro nasce da un’esperienza decennale di laboratori e performances, della regista e attrice Roberta Pazi, prodotti dal Dipartimento di Scienze Giuridiche e dall’Università degli Studi di Ferrara. La Compagnia è formata attualmente da nove membri fissi e collabora con il musicista Danilo Colloca, che per questa performance ha composto le musiche, eseguite dal vivo. La Compagnia teatrale Piccoli Tocchi di Teatro ha portato in scena: Perché questa notte è diversa da tutte le altre, Cenere alle ceneri, Nient' altro che occhi, L' uomo nero, Gabbie, Le decisioni degli altri, L'oro, Crociate, In misura crescente.
Le tre nuove mostre del Ferrara Art Festival
Blue Mood di Michelle Hold
Al di là poi degli evidenti significati simbolici dei colori utilizzati, significati di cui la Hold è ben consapevole («Il rosso, per me , è sinonimo di passione ed energia vitale, mentre il blu sta per tranquillità e l'anima» dice lei stessa), a mio modo di vedere i colori della sua tavolozza andrebbero considerati alla stregua di strumenti musicali di una concertazione, decifrando di ciascuno il ruolo preciso assegnato in ogni composizione. Scopriremmo allora che i gialli talvolta squillano come trombe. «Trombe d’oro della solarità», per dirla con Montale. I rossi a volte sono l’irruzione sontuosa di un’intera sezione d’archi che avvolge sinuosa ogni cosa e altre volte invece le note di un assolo di chitarra. Il nero è un tamburo che batte, la gran cassa di una batteria, e come la batteria in una canzone, così il nero determina il ritmo, la struttura, la base ritmica. E si accompagna perfettamente al blu che spesso suona la linea del basso e proprio come in una rock band, insieme al nero, cioè alla batteria, costituisce la sezione ritmica che è l’asse portante di ogni canzone... pardon: di ogni quadro di Michelle Hold. Ecco infondo i quadri di Michelle Hold sono semplicemente questo: canzoni. Canzoni rock o blues. Rhytm and Blues, per la precisione. Un mix di ragione e di sentimento, di scienza e di naturalezza («le mie fonti d’ispirazione sono la natura e la scienza», dice lei stessa): di linea ritmica, razionale, e di assoli di chitarra alla Eric Clapton, slow e avvolgenti, sensuali, passionali, o di improvvisazioni alla tromba degne di Miles Davis, folli e imprevedibili.Tutto è musica nella pittura della Hold.
Michelle Hold
Michelle Hold è nata nel 1956 a Monaco. Inizia a studiare architettura ad Innsbruck; successivamente amplia la propria formazione in campo artistico e nel disegno di tessuti frequentando corsi a Parigi, New York, Hong Kong, Monaco e Londra. Ha partecipato a numerose esposizioni collettive e personali, in Italia e all’estero (Venezia, Torino, Milano, Palermo, Ferrara, Pisa, Irlanda, Innsbruck, Colonia, Berlino, Shanghai, Lisbona, Londra). Tra le principali mostre personali segnaliamo nel 2013 «Visioni Sfumate», Palazzo del Monferrato, «European Abstract Art», Shanghai M40; 2012 «Equilibri Rari « al Castello di Casale Monferrato e «Viaggio», Galleria Zanuso, Milano. Tra le principali mostre collettive: 2013 «Rosso Vivo « MRSN Torino; 2012, «La via Italiana all’Informale», Palazzo Zenobio , Venezia e « Il Sogno dell’Acqua « a Palazzo Lascaris, Torino. Nel 2011 è stata tra gli artisti presenti alla 54 Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia, Padiglione Italia – Palazzo delle Esposizioni, Torino. Riconoscimenti da Rebecca Wilson , director of Saatchi Art London for new collection, 2014, nel 2013 Scelta da Saatchi Art per «A Spotlight on Italy « Vincitrice del 1st , 2nd, 3rd, 5th and 7th Showcase 2013 on ARTSLANT, Los Angeles. Nel 2012 Vincitrice del Premio «Rosso Ferrari « per l’Arte Roma , Segnalata per il Premio «Emilio Vedova - Il Segno 2012. É presente in pubblicazioni nazionali come «Prospettiva Post-Avanguardia» e «La via Italiana all’Informale» (entrambe a cura di V. Patarini, Zamenhof Art e Ed. Giorgio Mondadori) ed internazionali come «Hidden Treasure Art Magazine Yearbook 2014 «e «New Collector’s Book 2014" di Basak Malone.
Le Illusioni di una memoria infedele di Vito Carta
Quelle che affiorano nella luce cangiante della memoria di Vito Carta sono immagini inquiete: volti, corpi, scenari… fotogrammi che galleggiano in una luce che cambia, a tratti morbida, tenue, soffusa, a tratti abbacinante e tagliente. E le immagini stesse cambiano al variare della luce. La memoria è il flusso, la corrente che le trasporta, le sparpaglia, le accosta, le mischia, le sovrappone, le allontana, le deforma: scompone e ricompone i contesti in cui le immagini stesse trovano nuove combinazioni, nuova luce, nuovi colori, nuovi significati. Spesso si tratta di figure femminili: volti, corpi, presenze che si collocano al centro di una scena che è al tempo stesso irreale e credibile, verosimile eppure sottilmente spiazzante. L’ambiguità regna sovrana: più tali presenze sembrano concrete, carnali, più ci rendiamo conto che abitano luoghi e tempi che travalicano il quotidiano flusso della vita. La sensualità della carne e una sorta di sublime onirica trascendenza si giocano a dadi la sorte di questi personaggi femminili. Perché Vito Carta sa bene che la memoria è una compagna infedele che mente con abilità, ma spesso nei suoi inganni, nelle sue bugie si nascondono rivelazioni spiazzanti e realtà insospettabili. E l’artista, come un giocoliere, usa l’inganno e la menzogna per raccontarci la verità. (V.P.)
Vito Carta
Vito Carta, nato nel 1957 a Milano, risiede in un borgo sui colli piacentini. Fotografo free-lance professionista. Costantemente e volentieri al margine del discorso ‘produttivo’ di fotografo, a causa delle personali ispirazioni ed esigenze artistiche, nel 1995 imbocca la strada artistica esponendo per la sua prima mostra al Centro Lavoro Arte di Milano. In seguito concenra l’attenzione alla costruzione di un dialogo più diretto possibile e spontaneo con lo spettatore delle sue immagini. Non impantanato nei nuovi immensi orizzonti delle possibilità digitali, senza rifiutare la tecnologia, ma rivolgendosi allo studio della pittura per esprimer meglio l’enfasi comunicativa, sceglie la via di una fusione sintetica fondata sulla necessaria e vitale pratica espressiva manuale, senza mai abbandonare o disconoscere la matrice di un mondo artistico che è nato fotografia ancor prima di divenir reale. L’esigenza di una sempre maggiore espressivita’ comunicativa si convoglia nella tematica stilistica della labilita’ dell’immagine e della realtà, sempre vissuta come ricordo autobiografico, ed in quella contenutistica, idealmente contrapposta, tutta volta all’esasperazione ‘violenta’ dell’emotivita’. Tra le varie esposizioni si segnalano le partecipazioni ad Arte Laguna del 2006/7 e il terzo premio nella prima manifestazione, le menzioni al Premio ‘Il Segno’ presso la gall. Zamenhof e le successive collettive a Ferrara e a Venezia. La realizzazione di sei tavole inserite nella sede di De Agostini a Novara e l’illustrazione di volumi per la Cedam.
Le Allegorie di Angelo Conte
Scrive Paolo Levi: «Conte attinge ai preziosi insegnamenti della scuola metafisica e di quella surrealista, presupposti che dettano le coordinate strutturali ai suoi dipinti tramite atmosfere sospese tra sogno e realtà, in una dimensione dove i concetti di impossibile e di invisibile si rendono manifesti. (…) Con uno sguardo capace di accarezzare il passato più remoto e di renderlo nuovamente attuale, mostrando all’osservatore le intime connessioni che percorrono e uniscono la nostra storia.(…)» In realtà il riferimento alla Metafisica e al Surrealismo, a mio avviso, è pertinente solo se riferirito ad una parte minima della produzione pittorica di Angelo Conte, circoscritta per lo più alla prima metà degli anni Novanta. Il Surrealismo applica una tecnica combinatoria degli elementi compositivi, attinti dalla realtà, secondo quei meccanismi di libera e spiazzante associazione tipici dei sogni. La Metafisica fa un uso più moderato degli elementi: spesso un solo elemento collocato in uno spazio straniante e sospeso, con un approccio più contemplativo che propriamente onirico. Nella gran parte della produzione pittorica di Conte invece la composizione e la scelta degli elementi utilizzati risponde ad una precisa e razionale volontà di narrazione in chiave spiccatamente allegorica. Non siamo immersi in una dimensione onirica come nel Surrealismo o sospesi in una forma di contemplazione come nella Metafisica, ma assistiamo alla luce della Ragione ad una messinscena talvolta grottesca, dove ogni elemento ha una funzione simbolica. Nè Sogno nè Contemplazione dunque ma Allegoria, come nella migliore tradizione letteraria del Trecento (Dante) o pittorica dal Medioevo al Barocco. Nella pittura di Conte i concetti vengono espresso attraverso delle immagini: in esse vi è la sostituzione di un oggetto con un altro, ovvero di un concetto con un elemento visivo, ma tutto ciò non si fonda su di una associazione sul piano emotivo bensì richiede un'interpretazione razionale di ciò che si sottintende. L’allegoria in Conte, com’è giusto che sia, opera quindi su un piano superiore rispetto al visibile e al primo significato (letterale) dell’immagine utilizzata, spesso appoggiandosi a convenzioni di livello filosofico o morale. (V.P.)
Angelo Conte
Angelo Conte è nato a Latina nel 1958; vive e lavora a Fontevivo (Parma). Dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte di Cascano in provincia di Caserta, si specializza e consegue il titolo di maestro di arti applicate. Successivamente, a Napoli, ha frequentato la facoltà di Architettura ottenendo il relativo titolo di laurea. Sempre nella stessa città entra in contatto con lo studio del pittore Carlo Rossi, docente di arti visive. Ha compiuto frequenti viaggi di studio in Italia e all’estero soprattutto nella zona nord-europea, dove ha risieduto per circa 20 anni stabilendosi in Svizzera. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private in Svizzera, Germania, Francia, Stati Uniti, Serbia, Russia, e in Italia. I suoi lavori sono stati esposti in numerosi spazi, in Italia e all’estero. Tra le personali più rilevanti degli ultimi anni, segnaliamo: nel 2011 la personale «Nel segno dell’inconscio» e nel 2008 «Un Italiano Surrealista: Angelo Conte» entrambe svoltesi presso la Galleria Albatross di Mosca; nel 2001 la mostra «Un viaggio al Centro dell’Immaginario Collettivo» e nel 1998 «Angelo Conte e le sue Follie Quotidiane-Surrealismo made in Italy» alla Casa dell’Artista di Mosca. Inoltre ha esposto in numerose altre città come Caserta, Milano, Bologna, Firenze, Torino, Roma, Venezia, St.Moritz, New York, Belgrado, Berlino, Parigi.
Inaugurazione 14 giugno ore 17
Palazzo della Racchetta
via Vaspergolo, 9 Ferrara
ogni giorno dalle 15 alle 19
ingresso libero