Franco Albini
Giacinto Cerone
Gaylen Gerber
Sayre Gomez
Ull Hohn
Anne Imhof
Samuel Jeffery
Matthew Lutz-Kinoy
Jason Matthew Lee
Monica Majoli
Alexander May
Peter Nadin
Matteo Nasini
Ruairiadh O'Connell
Kyle Thurman
Michele D'Aurizio
Vita vel regula. La mostra si interroga sulla conformita' tra la vita e l'opera dell'artista e la correlazione tra gestualita' creativa e produzione teorico-discorsiva. Tra gli artisti Jason Matthew Lee, Monica Majoli e Alexander May.
a cura di Michele D'Aurizio
Le Considerazioni sulle Stimmate – fin dai più antichi codici si leggono in appendice ai Fioretti di San Francesco; di paternità incerta, derivate in parte da alcuni capitoli degli Actus beati Francisci et sociorum eius – descrivono come la ‘conformità’ di Francesco a Cristo, già emersa negli atti del Santo, culmini nell’esperienza delle “afflizioni e dolori della passione”: in eremitaggio sul Monte della Verna, Francesco ricevette l’apparizione di un serafino, che “dopo grande spazio e segreto parlare [...] nella sua carne lasciò una meravigliosa immagine e orma della passione di Cristo”. Sulle mani e piedi del Santo comparvero quindi i “segnali de’ chiovi”, e sul costato una “ferita di lancia, non saldata, rossa e sanguinosa”; al punto che gli altri frati “trovando sanguinosa la tonica [...] certamente compresono che egli nelle mani e ne’ piedi e simigliantemente nel costato aveva espressamente impressa la similitudine di Cristo crocifisso”.
Ideata come un percorso attraverso quattordici contributi – quattordici sono le stazioni della Via Crucis, o Via dolorosa – alle quali si aggiunge un quindicesimo inteso come un momento sintetico, la mostra “Trust (Vita vel regula)” interroga la conformità tra la vita e l’opera dell’artista e la correlazione tra gestualità creativa e produzione teorico-discorsiva.
Il sintagma vita vel regula ricorre nella letteratura del francescanesimo a suggerire una correlazione tra regola monastica e modo di vivere del frate. Codice di altra natura rispetto a opere etico-giuridiche, o trattazioni storico- sociologiche, o exempla, la regola deriva dal modo di vita quanto il modo di vita dalla regola. “O, forse, si dovrebbe dire [...] che, nell’incessante tensione verso la realizzazione di una soglia di indifferenza, la regola si fa vita nella stessa misura in cui la vita si fa regola”.
La mostra ricorre a topoi della fede al fine di stimolare nello spettatore un sentimento religioso nei confronti
dell’arte. In particolare, qui si vuole celebrare il valore culturale dell’arte in quanto precipitato di un’esperienza
dell’uomo. Tale esperienza trascende la pratica che avviene nello studio – luogo di affinamento della tecnica e della
sperimentazione sulla specificità del mezzo – per concretarsi in una forma che è indissolubilmente legata alla vita.
Lungi dal voler affermare scenari di estetizzazione dell’esistenza, la mostra suggerisce che l’artista concepisce la
vita come una pratica incessante, ovvero come un’arte.
Nelle parole del curatore: “Ho la sensazione che la vita dell’artista, in tutta la sua indigenza e ovvietà, sia come schifata; mentre quotidianamente ci si incontra per uno studio visit, che è un momento relazionale ma di condivisione fasulla... Tutto il rinnovato entusiasmo da parte dell’industria dell’arte nello studio dell’artista mi pare nient’altro che la rassicurante constatazione dell’esistenza di tante altre piccole industrie, la cui produzione confluisce e alimenta la rete, assecondando strategie distributive
che vorrebbero le opere affini ai beni di consumo. Alcuni degli artisti invitati a partecipare a questa mostra non li ho neppure mai incontrati di persona; confidando nell’autonomia della loro opera, ho giovato anch’io di quegli apparati distributivi... Penso invece all’intimità che Francesco aveva con i suoi compagni; e immagino che il curatore debba aver cura dell’arte quanto della vita dell’artista...”
Le opere che la mostra presenta sono da intendersi come indici, fossili o precipitati di un’esperienza umana – “tutto
ciò che rimane è cenere e cicatrici e solitudine”. Il gesto che impregna la tela o informa la materia si dà come dato empirico; possiede valore in virtù del proprio portato narrativo, che qui include inevitabilmente le narrazioni storico-artistiche dell’informale materico o dell’astrazione gestuale o di altre tradizioni formali ugualmente codificate, oltre alla narrazione della pratica (incessante) dell’artista. In questo senso è possibile affermare la correlazione tra creazione e produzione discorsiva, e la realizzazione di una soglia di indifferenza a cui tendono tanto la vita dell’artista quanto la teorizzazione della sua arte – soglia che forse esiste non nel momento dello studio, ma in quello della mostra.
Inaugurazione 16 settembre alle 19
Fluxia,
via Giovanni Ventura 6, Milano.
Orario: mar - sab 14.30-19 e su appuntamento.
Ingresso libero.