Cesare Augusto. Dalle leggi ai frammenti ai reperti. Passato e presente nei diversi pannelli dedicati ad Augusto, si riflettono l'uno nell'altro.
Quest’anno ricorre il bimillenario della morte dell’imperatore Ottaviano Augusto, avvenuta il 14 d.C. apud Nolam («presso Nola»). Si tratta di uno dei personaggi più importanti della storia romana, anzi della storia tout court, per cui non solo è giusto, ma anche doveroso che gli uomini di oggi ne ricordino la figura, le azioni, il ruolo che egli ha avuto nella storia dell’umanità, il significato della sua azione politica.
Cose che lo stesso Augusto indica in un suo scritto, Index rerum a se gestarum («Indice delle azioni da lui stesso compiute»), noto anche come Res gestae divi Augusti («Imprese del divino Augusto»), scoperto nel 1555 sulle pareti di un tempio di Ankara e perciò detto pure Monumentum Ancyranum, opera di eccezionale valore documentario e storico perché l’imperatore vi ricorda, in 35 capitoli composti prima della morte, tutte le sue imprese e le cariche ricoperte durante la sua vita politica, dal 44 a.C. al 14 d.C. È questo scritto che ha ispirato le opere della mostra di Romualdo Schiano.
Noto artista napoletano, Schiano ha sempre dimostrato una grande apertura alle sollecitazioni del reale, come dimostra tutta la sua vita, come dimostrano le sue performances risalenti agli anni ’80, con le quali partecipava a manifestazioni contestatarie dell’”ordine” artistico del tempo, come dimostrano tutta la sua successiva attività e l’impegno profuso nella ricerca pittorica nelle sue varie fasi: la fase dell’informale; la fase cosiddetta degli “Effetti rivissuti” fondata sull’uso di materiali poveri e sul ricorso al rosso pompeiano, che è scoperta che dura e diventa segno distintivo dell’arte di Schiano; la fase successiva, che è quella della cosiddetta “Pittura attraversata”, così definita dal critico Nicola Scontrino; la fase dell’uso di strumenti informatici, cioè quella dell’arte digitale che gli consente di produrre il ciclo dei “Reperti industriali”, fase nella quale l’attenzione dell’artista è fissata su un oggetto particolare del quale analizza “l’infinita gamma delle variazioni cinestetiche che il computer è in grado di rivelargli” (Rosario Pinto). Insomma Schiano giunge alla scoperta e alla pratica dell’arte intesa come rivelazione e non come semplice rappresentazione.
Ma la fase della produzione pittorica alla quale egli sembra ricollegarsi ancora oggi è quella della cosiddetta “Pittura attraversata” cui egli si dedicò agli inizi degli anni ’90. Fu una “fase nuova della ricerca di Schiano, quella in cui l’artista va a tentare di cogliere il senso della storia provando egli stesso a riscriverne le pagine: non utilizza più, infatti, un prodotto già fatto di cui rimodellare il frammento, ma escogita la modalità di intervento sulla ragione fondante di un processo ampiamente storicizzato” (Rosario Pinto).
E a questa stagione della sua ricerca artistica si ricollega Schiano per il ciclo di opere dedicate alla figura di Ottaviano Augusto, con le quali egli intende non solo celebrare il bimillenario della morte dell’imperatore romano, ma anche esplicitare il suo ritrovato senso della pittura che cerca di coniugare passato e presente. Cerchiamo di chiarire brevemente i due assunti.
Schiano intende celebrare in Augusto il grande personaggio dell’antichità. Ma perché questo interesse che lo ha impegnato in un faticoso lavoro di studio e di ricerca storica e in un altrettanto faticoso impegno artistico? Perché egli ha riscontrato nell’azione politica di Augusto il segno dei problemi e dei drammi storici che di epoca in epoca si presentano alla coscienza e all’intelligenza degli uomini. In effetti è rimasto affascinato non dalle soluzioni politiche adottate per i vari problemi, ma dai problemi stessi che Augusto individuava e cercava di risolvere e, quindi, dalla sua esplosiva personalità. Infatti egli pose mano a un’opera riformatrice dello stato (rei publicae constituendae) presentandosi come il restauratore della repubblica e come il garante della pace, la famosa Pax Augusta, che era in quel momento la più concreta e viva aspirazione dei cittadini romani, ma soprattutto si presentò come il difensore delle tradizioni del popolo (il cosiddetto mos maiorum), ben sapendo quanto fosse vivo il rapporto che legava il civis Romanus a quel patrimonio secolare di virtutes e di mores, che una lunga tradizione letteraria aveva sempre presentato come il tratto più specifico della romanità; operò contro la corruzione elettorale (De ambitu); intervenne a difendere i culti della religione dei padri contro le mode orientaleggianti che cominciavano a diffondersi a Roma; si occupò di una riforma dei costumi con provvedimenti contro il lusso e del diritto di famiglia (De maritandis ordinibus) con norme contro il celibato e l’adulterio, per restaurare l’istituto famigliare e l’antica moralità; intervenne a favorire la riscoperta di modelli di vita intonati a semplicità e parsimonia, con l’esaltazione del lavoro dei campi; diede un forte impulso alle opere pubbliche procedendo, per esempio, al restauro di templi e teatri e alla costruzione di acquedotti, strade, ponti. Bisogna dire che per lo più si trattò di slogan propagandistici che non sortirono particolari risultati concreti. Tuttavia sotto Augusto i Romani poterono godere di una pax da lungo tempo attesa e sperata, mentre gli intellettuali agirono per lo più in sintonia con l’ideologia del principato, almeno nella prima fase del suo impero.
Ma, come si è detto, quello che ha affascinato Schiano è la vasta gamma di temi e problemi che Augusto affrontò, al di là della tipologia delle soluzioni apportate, cosa che ha sollecitato la sua vena artistica e creativa. Infatti Schiano ha voluto celebrare un personaggio morto duemila anni fa, ma lo ha fatto con gli occhi rivolti al presente, alle tante necessità che affliggono la società attuale, allo spirito riformista indispensabile per affrontare e risolvere i problemi da cui è attanagliato l’uomo moderno, in particolare il cittadino italiano.
Passato e presente, quindi, nei grandi e nei piccoli pannelli dedicati ad Augusto, si riflettono l’uno nell’altro: il passato che si fa messaggio per il presente, e il presente che scopre, o può scoprire, nel passato lo stimolo all’azione riformatrice. Aveva ragione a questo proposito lo scrittore Giuseppe Pontiggia quando affermava, discutendo del rapporto tra gli uomini del passato e quelli moderni, che il problema non è quello di cogliere negli uomini del passato elementi di modernità e attualità, quanto quello di rendersi contemporanei ad essi ritrovando nella loro storia e nelle loro azioni stimoli e ispirazioni per il nostro mondo che cambia. E ciò non per una passiva imitazione dei grandi del passato, cosa impossibile e assurda, ma per cogliere in essi lo spirito con il quale essi si avvicinavano ai problemi della società a loro coeva.
Romualdo Schiano rappresenta l’attività militare, politica, civile, di Ottaviano Augusto ricorrendo a tecniche del passato filtrate attraverso il sentimento moderno. Voglio dire che le opere del ciclo “augusteo”, elaborate su tela d’Olanda, sono caratterizzate da tre colori topici della pittura di Schiano, molto ricorrenti nella pittura romana di cui quella ritrovata a Pompei rappresenta la testimonianza più pura e vera: il nero, che il nostro artista ottiene dalla polvere nera di pietra proveniente dal Vesuvio; il giallo, di derivazione tufacea; e soprattutto il rosso cosiddetto “pompeiano” che si otteneva dal cinabro. Ed è soprattutto questo rosso che richiama l’essenza della pittura antica. Con questi colori, disposti in modo che con le loro ondulazioni e, soprattutto, con la loro forma, che sembra alludere a qualcosa di gettato con forza nell’aria quasi a forma di cometa, e con quelle “ampie stesure di rosso pompeiano, solcate da vampate di luce che emerge dal profondo e prospetta nuovi scenari” (Marco Di Mauro), cioè con quelle tecniche che sanno di passato, Schiano ripropone all’attenzione dell’uomo di oggi un uomo che le celebrazioni del bimillenario della sua morte prefigurano come destinato all’eternità.
Tuttavia, pur in mezzo a un contesto chiaramente celebrativo, emerge, nella tela che conclude la mostra, la particolare sensibilità di Schiano come uomo del nostro tempo: la tela, caratterizzata da un tramonto che vuole simboleggiare la fine dell’impero e richiamare l’attenzione dell’uomo di oggi sulla decadenza nella quale la società moderna si trova a navigare tra mille e mille difficoltà, dice altresì che anche le più grandi conquiste e creazioni dell’uomo sono soggette, come tutte le cose umane, ad un processo di consunzione e di fine. Ed un velo di tristezza sembra scendere su tutte le suggestive opere della mostra.
Raffaele Urraro
Inaugurazione 20 settembre ore 19
Chiesa dei Santi Apostoli
via San Felice, 2 Nola
tutti i giorni 17,30-20
ingresso libero