Parco di Monte Lisi
Crespina (PI)
piazza Cesare Battisti, 9

Scambi di memoria
dal 20/9/2014 al 11/10/2014
sab-dom 16-19
349 4049695
WEB
Segnalato da

Francesco Virgili




 
calendario eventi  :: 




20/9/2014

Scambi di memoria

Parco di Monte Lisi, Crespina (PI)

Dal Solstizio all'Equinozio. Sentieri narranti nel bosco verso l'Invisibile Citta' degli scambi di memoria. Un percorso collettivo tra installazioni e performances intermediali.


comunicato stampa

a cura di M. Francesca Pepi

Sentieri narranti nel bosco verso l’Invisibile Città degli scambi di memoria. Percorso collettivo tra installazioni e performances intermediali.

Gli artisti:
Riccardo Brotini, Gian Luca Cupisti, Comitato Teste Fiorite, Compagnia Teatrale Quint&ssenza, Ignazio Fresu, I Santini Del Prete, Bruno Larini, Lights, Carlo Romiti, Erica Sagona, Lizzy Sainsbury, Giacomo Saviozzi, Lorena Sireno, Bruno Sullo, Caterina Pecchioli, Stefania Puntaroli, Massimiliano Turini, Giacomo Verde.

Il senso del progetto.
Riappropriarsi in modo collettivo e personale del senso del Tempo e del Luogo, cogliendo chiavi di lettura e depositando a propria volta suggestioni e memorie, che confluiranno nella memoria stessa del ‘giardino’, già carico di visioni e di tracce, metafora di un’utopia della convivenza da lasciare in eredità come tensione e azione…

Tentare di scorgere indizi di memorie silenziose, sospese o scivolate nel tempo, dimenticate o in attesa di riprendere di nuovo forma e voce…

Liberamente ispirato a “Le Città invisibili” di Italo Calvino ed in particolare ad Eufemia, la città “in cui ci si scambia la memoria ad ogni solstizio e a ogni equinozio”, il percorso artistico si sviluppa attraverso installazioni e performances tese a spostare l’asse dall’antropocentrismo che contraddistingue la società utilitarista e consumistica. L’aspirazione è a far affiorare il senso profondo del tempo, la specificità di luoghi, paesaggi, accadimenti, di una pluralità di elementi naturali e artificiali che hanno preceduto il nostro affacciarci nel tempo e che continueranno ad “esserci”, nel variare delle stagioni, se non ne comprometteremo in modo irreversibile la natura e i tratti…

Figure simboliche presidiano il percorso tracciato nel luogo: la spirale, il labirinto delle stagioni, la dinamica contestualizzata dello scambio, cui fanno da contrappunto argomentato reificazioni diverse della memoria, intesa non come “suppellettile” inerte o tutt’al più decorativa, proveniente dal passato ormai lontano, ma come facoltà attiva da esercitare, sondare nelle sue ramificazioni che si declinano al presente, al passato e al futuro.
I “Semi di memoria” corrispondono infatti al processo di presa in carico del presente, in vista di un evento che si configura come attesa, sulla base di una data premessa materiale, segnata da ciò che è preceduto.

Piantare un bulbo, soprattutto se a farlo sono i figli (giovanissimi virgulti del Comitato Teste Fiorite), sta a significare la consapevolezza che le nostre azioni presenti, pur in un contesto preordinato, sono tracce gravide di futuro.
A predisporre il terreno per i bulbi, da cui sbocceranno fiori di diversi colori nelle quattro stagioni dell’anno, secondo un calendario biodinamico ed una geometria ancestrale, che risale dai pitagorici ai sumeri è l’Associazione Amanita. L’idea è di “dar vita” ad una città invisibile attesa nascere in giardino, alla variabilità degli agenti atmosferici e degli animali.
Il disegno si configura pienamente come un site and time specific.

Flashback/Antefatto.

La spirale, nella sua forma priva di spigoli che si svolge a partire dal centro, è simbolo dell’infinito, in diverse civiltà. E’ stata scelta da Sainsbury per il suo labirinto che si profila sul prato, en plein air, sottoposto agli agenti atmosferici.
Il labirinto (Città), suddiviso in quattro quartieri orientati ciascuno ad una stagione, è stato posizionato dall’artista nell’ultimo solstizio, con elementi del mondo vegetale provenienti dalla quotidianità domestica con la natura o collezionati nel corso di lunghe passeggiate nel bosco; gli unici manufatti presenti, dalle forme simboliche, sono non a caso, in terra cotta.

Alla spirale sita in superficie corrisponde un’altra spirale nel sottosuolo, tracciata nel solstizio da Brotini nelle cantine dell’antica fattoria di Montelisi.
Un semplice barattolo di vernice –che questa volta eccezionalmente l’artista ha sostituito con l’acqua -, sospeso alle volte del soffitto con un filo metallico, dissigillato, è stato lasciato seguire il moto rotatorio della terra secondo il proprio asse. Disegna autonomamente una spirale.
Il disegno tracciato è il riflesso del moto del globo terrestre in cui siamo tutti.
All’equinozio ne rimangono ancora le tracce calpestate dai visitatori in questi tre mesi…

Sin dal solstizio l’Oratorio di Montelisi ospita tracce di "Paesaggio in ascolto": un intervento di Sireno e Cupisti, che si dipana come work in progress, presentato, con varianti sostanziali, per il progetto "Fondi sfitti. Sguardi incrociati", di Casciana terme. Gli artisti hanno lavorato collettivamente insieme ad altri con intenzionalità affini in più contesti, in particolare nel progetto "Paesaggi Utopici" di Sireno che si configura anch’esso come work in progress.

"Paesaggio in ascolto" è un duplice dialogo intessuto con l’environment, inteso come commistione tra elemento naturale e artificiale, in cui al primo è riconosciuta dignità interlocutoria soggettiva, una propria personalità, di cui tener conto.
Discusso secondo approcci propri a ciascuno dei due artisti, il progetto propone da un lato una raffinatissima ostensione di elementi vegetali classificati da Sireno. Con notazioni e contrappunti l’artista incrina il rigido ordine nomenclatorio del biologo insufflando una sottile vitalità musicale al dialogo con la natura. Dall’altro lato, le altrettanto raffinate carte di Cupisti restituiscono esiti di una proposta di equilibrio tra l’elemento naturale e la presenza tendenzialmente invasiva e fagocitante dell’Homo technologicus. La cattura dell’energia solare con lampade fotovoltaiche, le stesse installate nel parco nel 2013, compone una costellazione che, con la luce del sole, si accende di notte.

Un’altra installazione, monumentale, di Fresu, ricorda l’intervento dell’anno precedente: "Quel che resta", un’accumulazione spiazzante di libri in una cantina; la avvolge un’idea sospesa di catastrofe, nel senso etimologico del termine. Ma potrebbe anche alludere alla catastrofe dell’oblio.
E’ come un rebus questa presenza di volumi, su cui, questa volta, si è sedimentata anche la polvere del tempo, oltre a quella connaturata all’oggetto estetico, così come è scaturito dalla mente dell’artista. A ricordo dell’arco cronologico intercorso dalla primigenia installazione, un quadro –mise en abîme- registra l’impressione fotografica.

Il parco di Montelisi–per un giorno Città invisibile – conserva nel suo DNA memoria di interventi ormai invisibili, come l’effimera living installation dal titolo "I’m my Sundial" (Meam vide umbram, tuam videbis vitam) di Federica Casarosa, che il pomeriggio del 25 settembre 2011 pose se stessa come meridiana e che il 30 settembre 2012 uscì prima del temporale a seminare la propria ombra sul prato.

Altri progetti, come "Habitat" di Gloria Campriani, intessuto nelle cavità di un acero secolare, parzialmente e volutamente rimasto esposto alle intemperie al termine del percorso del 2012, si sono invece modificati nel tempo.
Progetti di installazioni effimere e di performances comportamentali e multimediali hanno abitato questo luogo legandosi al suo DNA in un naturale innesto.

Scambi di memoria dal Solstizio all’Equinozio. Le declinazioni della memoria.

A segnare il senso crono-topografico del viaggio e da una situazione di ordinaria quotidianità del luogo ad una sollecitata visionarietà collettiva, sono I Santini Del Prete, all’insegna di una raffinata ricerca “Non artistica” –essi stessi si proclamano non artisti ma ferrovieri-.
Conducendo il pubblico dalla surreale Stazione di Montelisi alla Città Invisibile, lo introducono allo status di partecipanti attivi e consapevoli, attraverso un breve sentiero nel bosco, con tanto di rito apotropaico di allontanamento del progetto di cementificazione ipotizzato per quest’area dall’ultimo piano regolatore. Il viaggio, dopo una intensa sosta in cui viene recitata “a memoria” una poesia dell’artista Enrico Mori, recentemente scomparso, si conclude oniricamente tra i Cipressi dell’Evocazione, dove i viaggiatori possono ritrovarsi pienamente immersi nella dimensione delle Città invisibili ed in cerca della propria.

Il senso, tipico del viaggio, di estraniazione e di approdo in un luogo altro rispetto a quello della propria quotidianità, è presente nell’installazione performativa di Sullo.
Una situazione pirandelliana. Un cumulo di vecchie valige, posto davanti all’ipotetica Stazione di Montelisi, sta ad invitare i presenti ad assumersi un carico per il viaggio, ignari del contenuto e sollecitati a depositare a propria volta al termine della giornata un simbolo del proprio passaggio.
Uno scambio di memorie emotivo e materiale obbliga i partecipanti a connotarsi come tali per tutto il tragitto, con un carico, che solo al termine della giornata può essere depositato, in altro luogo, tornando ad essere di nuovo installazione, quasi inerte.

A Montelisi Sullo presenta il suo video “Assenze”. Centrale è la memoria dei luoghi, che restano intrisi di accadimenti, storie personali e collettive, anche quando sembrano destinati all’oblio. La memoria è il mezzo per riflettere su ciò che non c’è più e per recuperarlo non solo come documento o testimonianza, ma anche creando le situazioni che erano prima dell’assenza o che l’hanno in qualche modo determinata. Protagonisti sono dunque i luoghi nel tempo, colti come sospesi nella loro propria memoria, tra un prima e un dopo, in cui le persone sono di passaggio eppure restano come volumi invariabili, in un costante reiterarsi dell’assenza.

Nello stesso ambiente, un vecchio granaio che anticamente era stato abitazione e laboratorio di ebanista di Ersilio Cozzi, compositore e socio onorario dell’Accademia degli Inventori di Parigi, Massimiliano Turini propone una riflessione sulla alterazione della memoria, in rigoroso stile analitico.
A partire dalla riproduzione fotografica di dettagli del complesso di Montelisi (il parco, l’antica fattoria, i resedi rurali, le cantine, il granaio), l’artista riflette sulla sedimentazione della memoria del luogo, sulla modificazione nel tempo dei suoi connotati.

In un lavoro distinto ma ad esso complementare, analizza con acume le modalità di trasmissione delle immagini e del patrimonio cognitivo ed affettivo che ad esse si riconduce, con perdite di dettagli, di contorni, di definizione, al punto da far sbiadire totalmente e rendere irriconoscibili gli oggetti origine dell’attenzione. L’artista avvia una analisi del rapporto tra verità oggettive e modificazione attraverso l’interpretazione, la trasmissione di informazioni, sensazioni, ricordi che possono essere attivati in persone di provenienze geografiche e culturali diverse.

Sagona invita ad un luogo di meditazione. Discosto dallo stordimento dei commerci quotidiani, a poca distanza dai gradini consunti e coperti di licheni dell’antico oratorio di Montelisi, l’artista ha deposto una lastra di pietra che reca incisi la data del giorno dell’evento espositivo - 21.09.2014- ed un verbo all’infinito: DIVENIRE.
E’ una deposizione di testimonianza, un momento intimo e condiviso con chi vorrà soffermarsi nel tempo, al mutare delle stagioni, oltre la soglia delimitata della singola vita e farsi testimone, a propria volta, della continua, lenta, apparentemente invisibile trasformazione cui è soggetta ogni cosa. Da quella data incisa sulla semplice pietra irlandese, porosa e sobria, comincerà a stratificarsi la memoria tangibile ed emotiva di ciò che è in divenire in quel luogo.
Un intervento concettuale raffinato, privo di qualsiasi sete di protagonismo e senzionalismo, rimette al centro dell’attenzione il pensiero dell’essere nel tempo, che prende forma nella sua materialità discreta e assorta.

Alla memoria porosa dei luoghi e all’eco che si ripercuote su persone e in particolare su identità fragili è dedicata una serie di fotografie di Giacomo Saviozzi.
L’ultimo ospite è ritratto con discrezione, mentre torna nei luoghi, rimasti desolati e denudati in tutto il loro squallore, nell’ospedale psichiatrico Ferri di Volterra del “dopo Basaglia”. E’ lui questa volta a prendersi cura di un luogo, quello in cui è rimasto detenuto, curando nella sua memoria le ferite proprie e di tanti altri ospiti, le stesse graffite, in modo impressionante, nei muri dei padiglioni da un altro ospite, Nannetti Oreste Fernando detto N.O.F 4 “Nannettaicus Meccanicus Santo della cellula fotoelettrica», che non è altro poi che una citazione di ciò che ha scritto di sé sul muro.

Memorie fragili, incarnate nel corpo femminile non più seducente né autonomo, sono il pernio intorno a cui si sviluppa, con grande sensibilità visiva e concettuale, il video di Bruno Larini, scritto e diretto dall’artista con musiche di Luca Niccolai e Lara Tabarrani.
Affiora, in un incessante rimando analogico tra gli esseri del cosmo, non solo un senso di decadenza, di fine e annullamento di tutte le cose nel grembo cosmico inconoscibile, ma anche la forza costruttiva di una visione lirica appassionata, aperta sull’ignoto destino di ogni essere che sprofonda in un infinito capace di imperscrutabili metamorfosi.

Poco distante è un totem profetico, in resine, plastiche e smalti: “L'imminente palingenesi”, simbolo di cambiamento e nascita di un'era non ben definita. Tutti e tre i regni, vegetale, animale, minerale sono coinvolti in questo nuovo passaggio. Al centro dell'ipotetica stella, che può ricordare i quattro punti cardinali, si autopone, secondo la sua visione antropocentrica a cui sembra essersi condannato, l'essere umano in fase di mutazione: dal proprio tessuto lacerato e irrigidito da una concrezione di fossili fuoriesce in pieno rigoglio la vegetazione.

Facoltà della mente e capacità di conservare per l’avvenire, la memoria (dispositivo e magazzino-patrimonio) può incepparsi, esaurirsi nell’oblio, soprattutto se non è attivata e resa feconda nello scambio.
In questa attività subisce inevitabilmente alterazioni, come ricordano l’installazione e la performance interattiva Barattoli di Memoria del progetto "Come Radici per il futuro", realizzata da Giacomo Verde per Crespina nel 2012 e che sarà di nuovo visibile nel contesto delle iniziative collaterali. In essa vi era infatti esplicitato il fattore di responsabilità che lo scambio della memoria contiene.


E di nuovo per Crespina l’artista ha ideato un progetto dedicato ai primi esperimenti di telegrafia a distanza realizzati in Toscana, ed in particolare nelle colline pisane, dallo scienziato Carlo Matteucci (che fu anche nel 1862 ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia). Nel 1847 Matteucci aveva dato avvio alla prima linea sperimentale telegrafica italiana, tra Pisa e Livorno, dopo aver condotto una serie di esperimenti anche nelle ville di Crespina. Di questi rischiava di perdersi ogni traccia di memoria.
Con questo progetto in più fasi, Verde restituisce memoria di un episodio importante per la storia della comunità locale, e attiva, in modo totalmente innovativo e visivamente convincente, un dialogo tra le tecnologie della comunicazione riflettendo sull’impatto dell’introduzione del telegrafo e sulle nostre attuali inclinazioni a comunicare e a conservare memoria.

Dalla memoria collettiva, risvegliata attraverso fonti orali e documenti di archivio, l’asse di attenzione si sposta alle dinamiche intime della memoria individuale esplorando la dimensione dell’indicibile nel rapporto profondo tra gli esseri.


Con estrema sensibilità Puntaroli interpreta lo scambio di memoria individuale, interpersonale e cosmica nella sua performance "Double skin#Stars" (Doppia pelle#Stelle) esplorando le dinamiche delle relazioni tra gli esseri e l'universo. Attraverso il disegno di stelle sul palmo di mano con calco in colore e colla, l'artista condivide ricordi della propria infanzia. L'unicità di ogni persona è catturata da questa singolare impressione che restituisce una pellicola per la quale l’artista ha scelto il colore oro, a ricordare ad ognuno il proprio valore e la preziosità, come di una stella, a prescindere dalla propria provenienza sociale o geografica. Attraverso questa esperienza che va oltre il contatto epidermico, restano nuove pelli dorate: ciascuno entra a far parte dell'opera dell'artista impegnata a sottolineare l’urgenza e la radicalità del rispetto dei diritti umani, la relazione intima tra gli esseri nel cosmo.

Negli animali colti da Romiti in tutta la loro istintualità e maestosità sembra riaffiorare fascinosamente, con una carica estetica schietta, priva di compiacimenti, la pulsione ancestrale a catturare in un’immagine il mistero dell’energia vitale.

Romiti riesce a trasmettere la forza individuale, la soggettività, la psicologia dell’animale. Interessato ad esso come ad un’alterità avente pari dignità dell’interlocutore umano, l’artista ne porta alla luce l’intelligenza primordiale che gli deriva dall’essere totalmente parte della sfera naturale.
Si affida alla più antica sapienza del mestiere del pittore, osservando, non in modo pedissequo, le prescrizioni di Cennino Cennini nei suoi trattati di inizio Quattrocento. Seleziona personalmente le terre per i suoi dipinti in lunghe escursioni soprattutto nelle crete tra Siena, Volterra e la Valdelsa. La ricerca dei materiali fa parte del rito: di ritorno ed immersione cosciente nella natura, per trarne nuovo vigore.
Tornano alla mente incisioni e dipinti rupestri del Paleolitico, le pitture parietali di Altamira, della grotta di Chauvet, di oltre trentamila anni fa…

Pecchioli ricostruisce invece, in un percorso a tempo di 15 minuti per 5 spettatori per volta, una invisibile città della memoria, attraverso l’eccezionale stratificazione di fonti, opere d’arte e materiali di archivio di una collezione precisa, quella ospitata a Montelisi, a cui ha dato vita il collezionista Carlo Pepi, nel corso di lunghi anni.
La memoria stessa del suo primo depositario diventa parte viva e interagente di un’originalissima mappa pensata da Pecchioli tra le stanze e le carte, le lettere, gli appunti, i ritagli di giornale, andando a comporre per un preciso quadro temporale, una nuova pulsante stratificazione dell’archivio accompagnata dalle notazioni personali dell’artista ispirata dai celebri racconti di Calvino.

Meditazioni notturne intorno agli scambi di memoria.
Rosalba Bartolotti legge una selezione di Elémire Zolla tratto da “Lo stupore infantile”.

21 settembre, ore 21.30
Compagnia Quint&ssenza
Le Muse
Corto teatrale liberamente tratto da I dialoghi con Leucò di Cesare Pavese
Regia di Sandro Billeri
Assistente alla regia: Antonella Bertelli
Con Michelle Kossler e Matteo Menenti

Ore 22.
Lights
Il buio. Lights in the dark
Small visual concert

Inaugurazione 21 settembre ore 16

Parco di Monte Lisi
piazza Cesare Battisti, 9 Crespina
sab-dom 16-19
ingresso libero

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