Fegato di Piacenza. L'artista presenta un progetto ibrido fra pittura e materiale costruttivo, appropriandosi di una tecnica della tradizionale imigongo.
CARico MAssimo presenta la mostra personale di Gianluca Concialdi (Palermo,
1981). L’artista porta a Livorno un lavoro inedito, un progetto ibrido di
pittura e materiale costruttivo che si appropria della tecnica del
tradizionale imigongo ruandese. L’imigongo nasce da un metodo di
lavorazione nel quale impastando a mano letame di bovino e cenere di legno
si ottiene una pasta compatta, resistente, impermeabile, usata spesso a
scopo decorativo, ma anche come rivestimento per le abitazioni. Concialdi
ha ricreato, a livello industriale, un materiale simile, sempre spinto
dalla curiosità del meticcio, del colore e dei materiali da costruzione. La
sua arte/chimica parte dalla scelta iniziale dei materiali, con la
consapevolezza della loro funzione di portatori di simboli e storie.
Il risultato sono macchie possenti che ricordano quel “Fegato di Piacenza”
con cui gli Etruschi si muovevano per i loro territori, leggevano le stelle,
decidevano il momento migliore per partire, e si orientavano meglio che con
un moderno GPS.
“L'uso della pittura per Giallo è un utilizzo tridimensionale e primitivo
del pigmento, il quale si amalgama a materiali da costruzione diventando
intimamente pittura. L’opera preparata per la personale livornese è un
affresco contemporaneo, la cui la superficie è un racconto antico generato
dalla storia dell'arte. La pratica artistica di Concialdi parte del
pigmento come scusa, per andare oltre ad esso e alla sua immagine.
La metamorfosi da pittura a ibrido materico, da costruzione a decorazione,
che si attiva nell’atto di mischiare e modellare, ricorda gesti antichi
tradizionali, appartenenti alla cultura e al sapere della società, ma in
Giallo questa attenzione alla società è soltanto un pretesto. Difatti, la
figura è abbandonata, persa, dimenticata, l’opera resta a una forma
primordiale, innata, è una costruzione mentale in trasformazione continua.
L'uso della merda rende preziosa e raffinata l’opera, perché la eleva a
feticcio, a oggetto corporale che diventa arte: per Giallo la merda è la
vita stessa. L'intenzione è quella di trasporre “il saper fare” nel cuore
del mondo contemporaneo, di immaginare quale forma la conoscenza abbia
assunto in mezzo alla modernità commerciale, scavando nell’intimo di ogni
essere, nel ricordo di quella anima primitiva, selvaggia.“
CARico MAssimo
Contenitore d’Arte Contemporanea
CARico MAssimo è un collettivo umano che produce arte.
CARico MAssimo promuove arte in modo autonomo rispetto alle dinamiche di
mercato.
CARico MAssimo è un luogo in cui gli artisti possono esprimersi.
CARico MAssimo è un progetto nato dall'idea di Fabrizio Paperini, CCH e
Federico Cavallini.
In un magazzino tra asfalto e mare si trova l’Associazione CARico MAssimo,
spazio espositivo affacciato sulla vastità del Porto Mediceo. Un luogo di
sperimentazione inusuale, fuori dalle consuete mappe geografiche italiane
dell’arte. Grazie al suo ruolo di outsider, CARico MAssimo sviluppa
progetti autonomi e singolari, in collaborazione con artisti e istituzioni.
Nato nel 2012, in due anni l’associazione ha dato vita a un programma
essenziale e ardito, legato all’incontro tra gli artisti e il contesto
ambientale. Nel 2013 Gianfranco Baruchello ha realizzato per CARico MAssimo
un progetto inedito, concepito partendo da una serie di documenti
dell’Archivio di Stato della città di Livorno. La mostra è stata
accompagnata da un catalogo, edito dalla Fondazione Volume!, con testi di
Achille Bonito Oliva, Gianfranco Baruchello, Carla Subrizi, Silvano
Manganaro, Paolo Emilio Antognoli, Massimo Sanacore.
Inaugurazione 11 ottobre alle 18
Carico Massimo,
Via della Cinta Esterna, 48/50 - Ex Magazzini Generali di Livorno.
Orario: su appuntamento. Ingresso libero.