La mostra, suddivisa in diverse sezioni, presenta una serie di dipinti che sono la trascrizione pittorica di espisodi di guerra, rappresentazioni di elementi naturali, di paesaggi e vedute.
La Galleria Palatina, con l'intento di valorizzare i propri depositi, ha studiato una mostra il cui filo conduttore è costituito dalla rappresentazione fedele della realtà circostante in alcune mappe, carte geografiche, immagini del territorio e di eventi storici quali feste e battaglie.
Il percorso espositivo si sviluppa a partire dalla trascrizione pittorica dei vari episodi della battaglia di Scannagallo da parte del fiammingo Jan van der Straet detto Giovanni Stradano, pagina storica sulla quale s’iscrive il racconto della trionfale affermazione medicea. Saranno esposte in questa sezione dedicata alla topografia della guerra, anche due straordinarie Battaglie di Willelm van de Velde il vecchio. Ma l’uso della prospettiva, unita alla rappresentazione fedele degli elementi vegetali del paesaggio, possono avere anche scopi diversi: ad esempio nella tavola attribuita a Biagio d’Antonio - che inaugura la sezione dedicata alla devozione per i luoghi - raffigurante San Francesco che riceve le stimmate, la resa fedele del paesaggio è funzionale a sostenere il devoto durante un ideale pellegrinaggio verso la Verna. Poco più di un secolo dopo, nella Firenze medicea, la città monumentale è protagonista nelle immagini che, su tre lunette raffiguranti delle scene processionali, con la precisione di una cronaca ricordano il popolo fiorentino coralmente impegnato a ottenere l’intervento divino a sostegno della dinastia granducale. La veduta topografica e la cartografia moderna, nata nel secolo XV, sono qui invece evocate da una tombola seicentesca approntata dall’erudito Casimire Freschot per istruire giocosamente in geografia e nella lettura delle mappe i giovani patrizi veneziani. Il percorso va poi a toccare il tema della veduta tout court che prese ad affermarsi nel XVII secolo, quando la conoscenza dei luoghi storicamente cruciali, Roma in primis, diviene un elemento necessario nel bagaglio culturale di un principe europeo. In questo periodo nascono immagini come le miniature del Cruyl, disegnate con una cura lenticolare nel riprodurre tutte le caratteristiche delle vie e delle piazze della città eterna.
È in questo contesto che si diffondono le vedute panoramiche, di formato oblungo e rese precise dall’uso della camera ottica, di cui sono testimonianza quelle qui esposte, realizzate dal Vanvitelli. In questa sezione è presente anche una serie di tavolette, la serie delle sette meraviglie del mondo antico, esemplificative di un particolare settore del vedutismo il quale parte dalla pagina scritta, e non da un monumento reale, per dare corpo alla veduta stessa. Nell’antico regime la veduta permise anche di fissare avvenimenti di svago e di gioco facendone poi partecipi le corti legate per parentela e amicizia. Così, attraverso un’impostazione prospettica semplificata, ma funzionale alla narrazione, le due vedute di Jacob Schlachter ci squadernano le cruente feste di caccia della corte di Mannheim mentre quella del Gherardini ritrae il Palio dell’antenna nel porto mediceo di Livorno. Le più recenti vedute qui esposte, quasi alla vigilia dell’invenzione della fotografia, sono le telette con i più celebri luoghi napoletani dipinte per essere viste in controluce e per essere montate sulle finestre delle stanze private della granduchessa Maria Antonia di Borbone, all’indomani del suo arrivo a Firenze da Napoli.
La prospettiva come strumento geografico
Lo strumento geometrico che si usa chiamare prospettiva e che si attribuisce solo ai pittori del Rinascimento, nasce anche per rappresentare con una misura razionale e verificabile la geografia del mondo circostante. Fondamentale il contributo teorico di Paolo dal Pozzo Toscanelli: il grande matematico, astronomo e geografo fiorentino che ebbe le sue case proprio di fronte a Palazzo Pitti, fu amico di Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti. Proprio al Brunelleschi si attribuisce la realizzazione delle prime esatte vedute urbane del centro di Firenze. La veduta topografica e la cartografia moderna, nata nel secolo XV, sono qui evocate da una tombola seicentesca approntata dall’erudito Casimire Freschot per istruire giocosamente in geografia e nella lettura delle mappe i giovani patrizi veneziani.
La prospettiva come strumento geometrico atto a rappresentare con misura razionale e verificabile la realtà geografica del mondo circostante fu sperimentata, e poi correntemente utilizzata, a cominciare dal rinascimento, quando artisti come L. B. A. e F. B. presero a teorizzarne i principi e ad utilizzarla, sullo scorta del contributo tecnico di P. P. T. , uomo di scienza fiorentino, il quale intrattenne con i due anche stretti rapporti di amicizia. Quale esempio di cartografia e topografia moderna, nate nel XV sec., si espone in mostra una tombola seicentesca, realizzata dell’erudito C. F. per istruire giocosamente in geografia e nella lettura delle mappe i giovani patrizi veneziani.
La devozione per i luoghi
Attraverso la resa prospettica degli edifici, oltre che alla fedele riproduzione cromatica delle fronde arboree, il paesaggio della Verna è rappresentato fedelmente nella tavola attribuita a Biagio d’Antonio per dare fondamento storico al racconto agiografico: il devoto commosso dalla grandezza del miracolo francescano rammenta anche dove esso è avvenuto, e può ad-dirittura, a rafforzare la sua fede, compiere una sorta di pellegrinaggio mentale verso il sacro bosco delle stimmate. Poco più di un secolo dopo, nella Firenze medicea, la città monumentale è protagonista nelle immagini che, con la precisione di una cronaca, ricordano il popolo fiorentino coralmente impegnato a ottenere l’intervento divino a sostegno della dinastia granducale.
Nella tavola attribuita a B. d’A. la resa prospettica degli edifici, come la fedele riproduzione cromatica della vegetazione, sono gli elementi principali di una rappresentazione veritiera del paesaggio della Verna, il quale, in questo modo, funziona come fondamento storico al racconto agiografico, oltre che ad elemento di ricognizione visiva per un ideale pellegrinaggio affrontato dal devoto in orazione della tavola. Le altre oper esposta in questa sezione, realizzata almeno un secolo dopo quella di B. d’A., nella Firenze Medicea, propongono, con la precisione di una cronaca, un momento di aggregazione del popolo fiorentino, impegnato ad ottenere l’intervento divino a sostegno della dinastia granducale.
La topografia della guerra
A tutt’altro serviva la veduta a volo d’uccello della Val di Chiana dove si dispongono i vari episodi della battaglia di Scannagallo: il pittore ha rappresentato i luoghi con una speciale attenzione all’orografia, personalmente rilevata e tradotta secondo una scala metrica presente nel dipinto. La veduta diventa così una pagina storica sulla quale s’iscrive il racconto della trionfale affermazione medicea (n. 1). Willem van de Velde il Vecchio sceglie al contrario un punto di vista basso, vicino alla superficie del mare per raffigurare le sue battaglie navali, descrittive a tal punto che il colore avrebbe turbato l’asciuttezza grafica del racconto storico. In questi due veri capolavori il conflitto delle eleganti imbarcazioni moderne aspira all’obiettività di un documento.
La veduta a volo d’uccello sulla Val di Chiana, teatro della Battaglia di Scannagallo, si afferma come una pagins
il pittore si è impegnato a rappresentare i luoghi con una speciale attenzione all’orografia, direttamente rilevata e tradotta secondo una precisa scala metrica presente nel dipinto stesso.
La veduta
Quando dal secolo XVII la conoscenza dei luoghi storicamente cruciali, Roma in primis, diviene un elemento necessario nel bagaglio culturale di un principe europeo, nascono immagini come le miniature del Cruyl, quasi un album di moderne cartoline disegnate con una cura lenticolare nel riprodurre tutte le caratteristiche delle vie e delle piazze della città eterna. In generale, tuttavia, la riproduzione a stampa è il sistema privilegiato per trasmettere le informazioni geografiche contenute in piante e vedute. Alcune volte poi, per incontrare il gusto dei collezionisti, si appronta una traduzione dei fogli incisi in un dipinto a colori.
Poco importa che nessun occhio moderno abbia mai visto integre le sette meraviglie del mondo: l’erudizione antiquaria è appagata dalla facoltà del vedutismo di restituirne l’aspetto anche a partire dalla pagina scritta e non da un monumento reale.
Nel Settecento, poi, si diffondono le vedute panoramiche, di formato oblungo - come catturate attraverso un moderno grand’angolo - e rese precise dall’uso della camera ottica. Quest’ultima, antenata della macchina fotografica, permetteva la proiezione di un’immagine vera del mondo esterno sulla superficie piana. Le quattro tele del Vanvitelli ne sono un esempio significativo.
Feste di caccia e di mare
Nell’antico regime la veduta permise anche di fissare avvenimenti di svago e di gioco facendone poi partecipi le corti legate per parentela e amicizia. Così, attraverso un’impostazione prospettica semplificata, ma funzionale alla narrazione, le due vedute di Jacob Schlachter ci squadernano le cruente feste di caccia della corte di Mannheim, mentre quella del Gherardini ritrae il palio dell’antenna nel porto mediceo di Livorno.
Poco prima della fotografia
Le più recenti vedute qui esposte, quasi alla vigilia dell’invenzione della fotografia, sono le telette con i più celebri luoghi napoletani dipinte per essere viste in controluce e per essere montate sulle finestre delle stanze private della granduchessa Maria Antonia di Borbone. Tali ‘diapositive’, ricalcate probabilmente da esemplari della vastissima produzione di gouaches di paesaggi napoletani, mascheravano le pur notevoli viste su Firenze e sul giardino di Boboli che si avevano dalle finestre di palazzo Pitti, addolcendo il distacco della sovrana dai luoghi magnifici della sua adolescenza.
Inaugurazione 15 ottobre