Caterina Pecchioli con Subodh Kerkar e Naoya Takahara. L'esposizione apre una riflessione sull'oggetto "sedia" nell'arte attraverso foto ed installazioni. Pecchioli ha ideato anche un'occasione di confronto multimediale.
a cura di Abbiatici_Levy
Il titolo della mostra si rifà al progetto portato avanti da Caterina Pecchioli (Firenze, 1978) dal 2010
Sedeo ergo sum.
Al cogito cartesiano, si sostituisce l’indicativo presente di un verbo di stato. Più del pensiero,
può l’atteggiamento.
Come a dire che sono la posizione che scegliamo e il modo che assumiamo che ci determina, al di là di ciò che
pensiamo e congetturiamo.
L’esposizione vuole aprire una riflessione sull’oggetto “sedia” nell’arte, ponendo attenzione ai s
uoi aspetti storici,
relazionali e sociali. Introdotta a metà del Quattrocento in seno agli ambienti ecclesiastici e aristocratici, per distinguere
il valore del singolo rispetto alla collettività, la sedia si fa viepiù espressione di un sé sociale individualista. Forma,
materiali, dimensioni raccontano i diversi io, come appartenenza sociale, preferenze stilistiche e contesti vissuti. La
posizione assunta inoltre manifesta una percezione del sé e dell’altro in termini di rapporto e potere. Mai come ora la
sedia è oggetto che occupa e contraddistingue la nostra quotidianità. Di fronte ai nostri schermi, non c’è altra via.
Nell’epoca del Web 2.0., il 3.0. del titolo traccia la proiezione verso un modo di sedere 3.0., per un recupero del
dialogo, dello scambio, per la costruzione di nuovi
obiettivi,
seduti insieme.
Il progetto di
Caterina Pecchioli
–
che è allo stesso tempo interattivo, relazionale e performativo
–
diviene una
piattaforma partecipativa di scambio anche attraverso il web, con la creazione della
pagina Facebook Sedeo Ergo
Sum 3.0; un’occasione di confronto multimediale aperto non solo all’arte visiva, ma anche a diversi altri campi del
sapere. In mostra Caterina Pecchioli presenta alcune fotografie della serie
Sedeo Ergo Sum, una documentazione
impersonale di sedute in differenti contesti pubblici, religiosi, giuridici, che evidenzia i ruoli statici e prestabiliti assunti
dagli individui in diversi ambiti e
Coreografia Sociale, un’installazione di sedie che funziona come un dispositivo di
interazione tra oggetto e spettatore, lo spazio del pubblico diverrà quello del palco, portando lo spettatore a "entrare e
uscire" da diversi ruoli, attraverso la sperimentazione di posizioni diverse.
La mostra presenta il lavoro di altri due artisti Naoya Takahara
(Ehime, Giappone, 1954) e Subodh Kerkar (Goa, India,
1965) espandendo la riflessione sull’oggetto “sedia” a livello geografico, offrendo spunti di analisi originali, frutto di due
preziose eredità culturali di provenienza asiatica.
Con
Doppia
Naoya Takahara
ragiona sul concetto di dualità e lo fa partendo da una sedia per crearne una seconda,
grande il doppio, la cui seduta diventa il tavolo della prima. Sulla sedia
-
tavolo l’artista pone una macchina da scrivere e
su di essa un foglio che riporta poche criptiche frasi: “Ho fatto una sedia. L’ho ingrandita fino a diventare il mio tavolo
ideale. Era alta quasi doppia.” Takahara ci pone di fronte lo spiazzamento di un oggetto sovradimensionato che
sembra rispondere a una lucidissima logica dell’assurdo, allo
stesso modo di Lewis Carroll in Alice nel paese delle
meraviglie, autore che secondo le parole di Gilles Deleuze in La logique du sense, «compie la prima grande
messinscena dei paradossi del senso». L’artista produce uno sdoppiamento della visione creando
un oggetto che è
effetto e conseguenza dell’altro.
You're a better man than I am Gunga Din, titolo del lavoro di
Subodh Kerkar, artista indiano che si interessa da
sempre a tematiche legate alla storia di Goa, è il noto verso conclusivo di un poema dello s
crittore britannico di origini indiane Rudyard Kipling, il cui protagonista, un umile portatore d’acqua, diventa un eroe dopo aver sacrificato la vita
per salvare dei soldati britannici. Nel lavoro di Kerkar, l’oggetto “sedia”
–
introdotto in India dai coloni europei
–
si
trasforma in un meccanismo di capovolgimento di ruoli. La seduta, composta da cinghie rotanti, impedisce una
fruizione dell’oggetto e quest’impossibilità di sedersi si traduce in una mancata assunzione di un ruolo o addirittura in
un ribal
tamento di posizione e in qualche modo in una forma di uguaglianza.
Per info:
press@label201.com
Opening giovedì 30 ottobre 2014 ore 19,00
L’inaugurazione della mostra coincide con l’evento “PORTUENSE201 Open Studios”
durante il quale gli studi del
distretto
Portuense201 aprono le loro porte al pubblico
con una serie di
eventi e installazioni che coinvolgono
video, arte e architetture.
Label201
via Portuense, 201 - 00149 Roma
Orario:
16,30-19,30 o su appuntamento