marilisa pizzorno
atomo
Flycat
Luz
Gianluca Rossi
Agostino Oddo
Matteo Compagnoni
Aldo Lurgo
Ivan
Ivana Haiek
Rafael Coronado
Caterina Seri
Luciano Pastori
Miroslava Hajek
Arnost Goldflam
Pavel Reznicek
MarcoTagliaferro
Marilisa Pizzorno racconta il concetto di identita'. Ivana Haiek espone lavori realizzati tra gli anni '60-'70. In "La street art vince la metropoli" espongono diversi autori. Rafael Coronado descrive la citta'.
Marilisa Pizzorno
L'identità dei corpi e degli spazi
Nel suo mondo figurale c’è sempre un intreccio incantato tra il dato autobiografico e la realtà fenomenica, tra cronaca personale e storia universale. È un intreccio che si collega alle cose in maniera indiretta, per allusione e non per dichiarazione esplicita, per metafora e non per racconto. Tanto che è proprio qui, nella distanza che passa tra il detto e il sottaciuto di questi corpi angelici d’uomo e di donna, nell’aria lieve di nubi sognanti in cui sono immersi, nella loro consistenza anatomica insieme sensuale e disincarnata, che Marilisa crea un mistero quasi metafisico di poesia e di silenzio, sospeso a un equilibrio incerto, a un tremito di indeterminatezza riempito di accadimenti minimi, di gesti emblematici e fascino lirico. Dove le sue figure giocano con l’ambiente, con gli elementi architettonici di una sorta di spazio vitale surreale, comunque antropizzato, che segna la definitiva precarietà identitaria delle relazioni tra l’uomo contemporaneo e l’ambiente della sua vita.
Marilisa Pizzorno è per me una delle artiste d’immagine della sua generazione tra le più suggestive, singolari e autonome oggi presenti in Italia. E non sembri iperbolica o di circostanza una tale definizione. Da Franco Solmi a Mario De Micheli, da Rossana Bossaglia a Emilio Tadini e Roberto Sanesi, da Floriano De Santi a Gabriele Simongini e quant’altri di lei si sono occupati negli anni, tutti ne hanno sottolineato a più riprese e in vario modo il vigoroso, sovrano, atipico talento nell’intreccio tra pienezza formale e intensità lirica, tra pittura piena, soda, luminosamente risolta, e riflessione nutrita di assorte metafore e immaginazioni simboliche, di traslati, addensamenti e slargamenti poetici.
Le sue allegorie, i suoi sogni ricorrenti, i garbati enigmi delle loro sostanze rappresentano qualcosa di magicamente composto in una dimensione fuori dal tempo e dalla cronaca, qualcosa che increspa appena un limbo ovattato della coscienza e che tuttavia, per interiori riconoscimenti, per intimi e minuziosi rimbalzi lirici, per seduzioni sottili quanto misteriosamente efficaci, giunge ogni volta ad alludere proprio al Tempo e al Mondo, ad evocare l’eterna ambiguità del rapporto dell’uomo con la sua identità.
Come può accadere con i personaggi silenziosi di un Savinio o per altri versi di un Balthus, i corpi e gli spazi di Marilisa, i suoi angeli innamorati e perplessi dinnanzi alla vita, per la loro luce inorganica e interiore, rendono palpabile l’impalpabilità dei sentimenti, svelano i colori velati delle emozioni: narrano la dolcezza di un melanconico, ludico e insieme assorto naufragare tra le onde lente dell’onirico. E anche quando l’immagine si traduce nella concreta tridimensionalità della scultura, nell’ideale “plastico” di questo suo villaggio-tempio-agorà, il calore della terracotta fissa ogni volume in una tattile emblematicità, come appeso al proprio stupore, stralunato tra le quinte d’aria di uno spazio inquieto.
È come una sorta di écriture automatique, di surreale “scrittura” di figure? Forse. Ma credo piuttosto a una riflessione solo apparentemente distaccata dal filo della realtà. Un rinvenimento di idee figurali sedimentate ed embricate l’una nell’altra sul fondo dell’animo e della memoria, che la poesia di Marilisa riordina in ogni loro misura, rimettendo al centro dell’immaginazione il tema dell’identità sentimentale, del viluppo di emozioni e passioni e convinzioni, disillusioni e speranze che fanno di un uomo o di una donna una persona.
Giorgio Seveso
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IVANA HAIEK
MORFOLOGIE DELL’ADATTAMENTO
Le opere di Ivana Haiek, a cavallo degli anni sessanta e settanta, presentate in questa mostra, testimoniano un periodo del suo percorso artistico di circa 10 anni. Era quello in cui ha vissuto un difficile cambiamento: una rottura improvvisa con il suo paese d’origine, la Cecoslovacchia, ed il seguente processo di inserimento in un contesto italiano, per molti aspetti diverso. Ivana ha dovuto reagire a questo cambiamento. La sua pittura in Italia subisce un progressivo cambiamento espressivo. Non più legata ad una sola esperienza culturale, nei suoi dipinti si intensifica la simbiosi tra il corpo umano e gli elementi geometrici. I quadri di quel periodo formano una sorta di diario visivo che documenta le sue reazioni alle varie violenze sociali che l’uomo infligge spesso inutilmente ai suoi simili, ma anche alle semplici difficoltà che si incontrano quando ci si trova improvvisamente in un paese sconosciuto. Nei suoi quadri si evidenzia un percorso teso che negli ultimi anni volge sempre di più verso la leggerezza e la liberazione dell’anima.
Nel corso dell’ inaugurazione viene presentato il relativo libro edito da Mazzotta: Ivana Haiek, Morfologie dell’adattamento, comprendente i testi di: Miroslava Hajek, Arnošt Goldflam, Pavel Rezníček, MarcoTagliaferro.
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La street art vince la metropoli
a cura di Caterina Seri, Luciano Pastori e Spazio tadini
Una ventina di anni fa alla rotonda di piazza Arcole a Milano, Pao, ha lanciato il suo primo messaggio sulla strada trasformando in “pinguino” con una sigaretta in bocca il primo “panettone” (la base di cemento contro la sosta selvaggia). Fu il primo di un numero indefinito. Quel pinguino sembrava dire: “Rendiamo la città meno grigia e strappiamo un sorriso ai passanti”.
Bansky, (probabilmente il più noto tra gli street artist al mondo, attivo a Londra già dai primi anni del 2000 -- con le sue decorazioni a spray e stencil – attraverso i suoi interventi ha toccato tematiche sociali quali la libertà di espressione, il pacifismo, il rispetto della libertà sessuale e di coscienza, l'anti moralismo convenzionale, l'antiproibizionismo) ha detto: « Alcune persone diventano dei poliziotti perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore. Alcune diventano vandali perché vogliono far diventare il mondo un posto dall'aspetto migliore”. Oggi, la grande rilevanza che il fenomeno socio culturale del writing prima e della street art poi ha assunto, ha spinto le istituzioni cittadine anche alla promozione di eventi loro dedicati e la Street Art è diventata, di fatto, un segno delle maggiori aree metropolitane internazionali. Dopo circa trent'anni si è guadagnata un ruolo nel mondo dell'arte contemporanea e la sua diffusione nel mondo della grafica pubblicitaria, del marketing e il suo gradimento sta cambiando ancora il suo ruolo sociale diventando sempre più uno strumento anche di “decoro” dei luoghi degradati delle città strappandoli al grigiore e al nulla per restituire agli abitanti una visione anche un po’ sognante, ludica e ironica della città. Un po’ come avvenne con l’arte Surrealista.
Nel pensiero surrealista annunciato in manifesto da Andre' Breton nel 1924 si poneva al centro di ogni riflessione il tema del “sogno”. Scopo della pittura surrealista era ed è quello di sconvolgere i rapporti tra le “cose”, di rappresentare un mondo meraviglioso in cui non ci sono inibizioni, in cui l’uomo può godere di una totale libertà, in prospettiva di una fusione tra il sogno e la realtà.
Il pensiero surrealista si manifestò spesso come ribellione alle convenzioni culturali e sociali avvicinandosi politicamente al comunismo e all'anarchismo come mezzi per incoraggiare il piu' possibile la partecipazione alla “surrealtà”.
La street art mantiene uno stretto legame a questo concetto: al di là dei procedimenti artistici, delle tecniche utilizzate - le quali non conoscono limiti né nell'ispirazione né nei materiali-, ciò che l’accomuna ai surrealisti è la maniera di rappresentare il mondo: provocatoria, ribelle, libera. Il writing (o "graffittismo") e la street art, di fatto, sono di base illegali. In particolare il writing perchè è nella caratteristica intrinseca dei graffiti il fatto di esprimersi e manifestarsi in spazi accessibili al pubblico su cui intervengono senza autorizzazione e nottetempo, spesso su muri molto grandi su cui, i loro segni, diventano indelebili se con cospicui interventi murari. La street art si avvale degli stessi spazi, ma lo fa attraverso elementi più figurativi e tecniche diverse come adesivi, stencil e poster tanto da poter essere anche movibile e trovare visibilità anche nei luoghi classici deputati all’arte come le gallerie.
Alcuni degli artisti in mostra a Spazio Tadini appartengono alla prima generazione di writers, nomi noti internazionali come Atomo e Flycat. In mostra anche le opere di Luz vicine alla street art piu' colorata ed espressiva. Ma anche writers e street artist di nuova generazione, quali Gianluca Rossi, Agostino Oddo, Matteo Compagnoni, Aldo Lurgo.
A disposizione di tutti gli artisti una parete in esterna e parte del muro del corridoio di ingresso di Spazio di Tadini, sulla quale interverrà anche iVAN, noto come il poeta di strada (“chi getta semi al vento vedrà fiorire il cielo”) insieme a Piger, giovane e bravissimo calligrafo che realizzerano live un'opera muraria di poesia artistica.
Grazie alle foto di Anna Limosani, sarà possibile anche fare un salto a vedere i murales di New York e Parigi attraverso un excursus video dei suoi scatti.
L'azienda di Design Tred porterà in esposizione anche alcuni oggetti di design personalizzati da Rae Martini, Verbo e Cataldo.
Durante il mese di mostra Spazio Tadini incontrerà i singoli artisti che hanno aderito a questo progetto ma anche alcuni altri nomi noti della scena internazionale del writing e della street art, che racconteranno i loro percorsi, le loro personali esperienze artistiche e i loro lavori.
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RAFAEL CORONADO
LA PUBBLICITTA’
L’arte tra Novecento e Duemila ha abbandonato sempre più l’impegno della raffigurazione del reale per diventare espressione della contaminazione tra mondo esteriore e mondo interiore dando vita all’astrattismo e ad altre correnti pittoriche che hanno fatto la storia dell’arte di fine Novecento. La scoperta dell’inconscio e l’applicazione della psicoanalisi furono determinanti in questo cambiamento tanto quanto, in misura diversa, lo fu la diffusione della fotografia. Il movimento surrealista è il risultato più evidente dell’influenza della psicoanalisi nel mondo dell’arte e ha visto tra i suoi esponenti più interessanti Andrè Breton, Joan Mirò, Marx Ernest, Magritte. In ognuno di loro si trova l’esternazione di un mondo interiore fatto di segni, di forme, di personaggi, di situazioni al confine tra la realtà e il sogno. Il tema ricorrente è il rapporto tra interno ed esterno, tra soggettivo e oggettivo, tra fantasia e realtà, tra mondo interiore ed esteriore. Anche i cambiamenti sociali ed economici del Novecento hanno portato ad una profonda riflessione sull’identità individuale e sociale fino ai giorni nostri (vedasi per esempio la letteratura di Pirandello: Uno nessuno e centomila). La metà del Novecento si connota per uno straordinario stravolgimento dell’economia e delle abitudini di vita con migliaia di persone che abbandonano le campagne per trasferirsi nei centri urbani inseguendo benessere e sviluppo tecnologico. Le città crescono a ritmi vertiginosi trascurando l’estetica e la qualità della vita. Luoghi sempre più anonimi e inospitali dove l’uomo perde radici, identità. L’ambiente circostante perde le forme e i colori della Natura, perde il vuoto degli orizzonti dove è possibile liberare la fantasia per riempirsi di muri e cemento interrotti solo dal colore dei cartelloni pubblicitari.
L’arte racconta di questo scenario con opere sempre più incentrate sulla città, ma non c’è più la dinamicità futurista alla Boccioni, ma la sconfinata anomia alla Guaitamacchi.
Per informazioni ed immagini
Melina Scalise ms@spaziotadini.it
Inaugurazione martedì 10 febbraio ore 18.30
Spazio Tadini
via Niccolò Jommelli 24 – Milano
Apertura da martedì a sabato dalle 15.30 alle 19
ingresso libero