La', dove tace il vento. La trasfigurazione dello Spazio nelle visioni. Pittura materica che porta con se' frammenti, graniglie di vetro, tracce di colore per alimentarsi di parole.
“Là, dove tace il vento” a cura di Cecilia Casadei
L’uno scultore e pittore, l’altro poeta. Franco Bastianelli, Giuliano Cardellini e la fusione di linguaggi diversi per una sola espressione artistica. Venti tavole di grandi dimensioni per una grande Installazione, il racconto di un viaggio nello spazio e la fascinazione di mondi “altri”, mondi lontani che divengono metafora dell’ignoto, emblema dell’umana avventura. Visioni elaborate in pittura materica che portano con sé frammenti, graniglie di vetro, tracce di colore per alimentarsi di parole. Pittura fra cromatiche astrazioni, ma anche tavole descrittive e pittura che si fa scultura, percorso intrecciato a poesia visiva per una dimensione che guarda alla genesi della vita, alla ricerca delle origini della materia, alla sete di conoscenza, ma vuole essere anche emblema di ricerca interiore.
Nell’ambito di un Festival che indaga il tema dell’Astronomia a diversi livelli si inserisce il linguaggio dell’Arte con la sua grande forza di mediare passioni e tensioni dell’esistenza. L’Arte che diviene aspetto imprescindibile della esperienza umana e testimonianza di un agire che ha sete di conoscenza, avventura ed esigenza di bellezza. Le ragioni di una mostra come evento nell’evento che si tiene in un anno particolarmente significativo per la ricerca spaziale, motivo ispiratore del lavoro dei due artisti: il viaggio della sonda Rosetta che ha fotografato ed è atterrata su una cometa dal colore triste, ma anche il lungo viaggio nello spazio di Samantha Cristoforetti, la prima donna astronauta italiana a vivere nello spazio. Il viaggio di Bastianelli e Cardellini è quello della immaginazione che attinge al vero e dà origine ad opere come radici che rimandano al grande libro dell’Universo. Una base di lamiera con tracce di ruggine, o in parte divorate dalla ruggine, quasi una memoria di un incessante “panta rei” e le opere ci restituiscono ora, un satellite che nasce da una miriade di frammenti vetrosi ammantati d’azzurro e bagliori di “luce” gialla, ora una superficie che ospita una serie caotica di elementi ferrosi ad evocare le scorie che l’uomo lascia nello spazio ma anche una sorta di Big Bang da cui tutto ha avuto (?) origine.
Una riflessione in versi e materia che conduce al mistero della creazione e al dialogo (im)possibile col divino. Il ritmo compositivo di un tutto con forme di corpi celesti e corpi meccanici, di cromie in polvere, di rilievi, e le parole, in smalto e metallo, daranno origine ad una sola poesia. Quando un “attonito silenzio”, o “scaglie di infinite aurore” ci trasportano in una materica dimensione, dove è possibile ascoltare l’Universo e lasciarsi cullare dall’ Infinito che è fuori e dentro di noi. Fra mistero e interrogativi, fra luce e buio, una enigmatica installazione conclude il percorso espositivo per indagare “l’odore dello spazio”.
Inaugurazione 7 marzo ore 18
Palazzo Enrico D'Ovidio
via Roma, 41 (Sede Festival dell'Astronomia) Campobasso
ingresso libero