In 'Breath in, breath out' fotografa dei gatti randagi che abitano le vie di Osaka e Tokyo. Con loro entra in confidenza, innesca un ammaliamento reciproco, ritraendoli da vicino.
Le immagini di Akito Tsuda sono il risultato di un moto istintivo dove l’imprecisione – un’ombra o una sfocatura – è parte viva del racconto. Penso a progetti fotografici come Tom o Maxwell Street, ambientati a Pilsen, il quartiere messicano di Chicago. Akito scende in strada e documenta la vita che passa, un repertorio di gesti e azioni quotidiane.
In Breath in, breath out fotografa dei gatti randagi che abitano le vie di Osaka e Tokyo. Con loro entra in confidenza, innesca un ammaliamento reciproco, ritraendoli da vicino. Hanno il pelo a chiazze, graffi profondi sul muso, sono senza coda o senza un occhio. Sulla pelle ancora vive le ferite di una zuffa notturna.
Nel 2014 Breath in, breath out è tradotto in una pubblicazione da 0_100 Editions, piccola casa editrice che sperimenta progetti e formati differenti in tiratura limitata di cento esemplari. Come i titoli che l’hanno preceduto, anche quello di Akito Tsuda si distingue per bellezza e potenza narrativa, pur senza testi o didascalie.
Inaugurazione 19 marzo ore 18.30
Pomo Galerie
via Giuseppe Sirtori, 6 Milano
lun-ven 10-18
ingresso libero