Stefano Accorsi
Anna Maria Angelini
Walter Bernardi
Alberto Besson
Pierangela Billotta
Fiorenzo Bordin
Anna Maria Bracci
Valentina Carrera
Raffaele De Francesco
Daniela Di Pasquale
Maria Grazia Ferraris
Ester Gambotto
Maria Franca Grisolia
Michelle Hold
Sabrina Laganà
Paolo Lo Giudice
Fiorella Manzini
Franco Maruotti
Moreno Panozzo
Virgilio Patarini
Alessandro Pedrini
Rossana Pressato
Luigi Profeta
Francesco Rinaldi
Maria Luisa Ritorno
Gabriella Santuari
Giordano Ernesto Sala
Elena Schellino
Rosa Spina
Ivo Stazio
Edoardo Stramacchia
Roberto Tortelotti
Morgan Zangrossi
Virgilio Patarini
Seconda tappa espositiva del progetto con opere di Stefano Accorsi, Anna Maria Angelini, Luigi Profeta, Francesco Rinaldi, Maria Luisa Ritorno, Gabriella Santuari, Giordano Ernesto Sala...
a cura di Virgilio Patarini
Opere di Stefano Accorsi, Anna Maria Angelini, Walter Bernardi, Alberto Besson, Pierangela Billotta, Fiorenzo Bordin, Anna Maria Bracci, Valentina Carrera, Raffaele De Francesco, Daniela Di Pasquale, Maria Grazia Ferraris, Ester Gambotto, Maria Franca Grisolia, Michelle Hold, Sabrina Laganà, Paolo Lo Giudice, Fiorella Manzini, Franco Maruotti, Moreno Panozzo, Virgilio Patarini, Alessandro Pedrini, Rossana Pressato, Luigi Profeta, Francesco Rinaldi, Maria Luisa Ritorno, Gabriella Santuari, Giordano Ernesto Sala, Elena Schellino, Rosa Spina, Ivo Stazio, Edoardo Stramacchia, Roberto Tortelotti, Morgan Zangrossi.
In anni di sempre più rutilante trasformazione, sotto tutti i profili, da quello sociale e politico a quello scientifico e tecnologico, l’arte più che mai si deve interrogare su se stessa: sul proprio ruolo, sulla propria funzione, ma anche e soprattutto sul proprio linguaggio. (Ammesso che quello dell’arte sia un linguaggio). Poiché è proprio attraverso le sue forme, la sua estetica, la sua sintassi, i suoi stili e stilemi, che l’arte può entrare, più o meno, in rapporto con la realtà circostante, con la storia, con la vita degli uomini che la fanno e che ne fruiscono. Un rapporto che può (e forse deve) essere ambivalente: un viaggio di andata e ritorno. L’arte deve subire l’influenza della realtà e del suo divenire, ma deve anche, al tempo stesso, influenzarla e influenzarne, in qualche modo, le trasformazioni. O almeno deve provarci. Non solo lavorando sulle idee, e dunque sulla percezione, sull’interpretazione della realtà, ma anche sulla sua progettazione. Ma perché questo possa accadere occorre che l’arte contemporanea diventi strumento più forte e più duttile al tempo stesso, da una parte recuperando e rinsaldando le proprie radici e dall’altra aprendosi alla molteplicità delle sue (quasi) infinite possibilità espressive ed altrettanto (quasi) infinite concezioni estetiche attuali. Solo così l’arte può entrare efficacemente in rapporto dialettico con una realtà così articolata, stratificata, sfaccettata e complessa come quella contemporanea.
Nel corso degli ultimi 150 anni il succedersi delle scoperte scientifiche e tecnologiche ha impresso alla storia dei mutamenti vertiginosamente rapidi e radicali. Allo stesso modo negli ultimi 150 anni il succedersi delle invenzioni e delle trasformazioni sul versante artistico, col succedersi inesorabile e travolgente delle Avanguardie, è stato altrettanto vertiginoso. Ed è ovvio che tra le due cose ci sia un rapporto più o meno diretto di causa-effetto, o per lo meno di osmosi o di contagio. Ora il mondo in cui oggi viviamo è l’inquieto, stratificato, caotico e contraddittorio risultato di tutte queste trasformazioni. E l’arte che può entrare in rapporto con questo mondo non può che essere un’arte capace di raccogliere e sintetizzare l’inquieta, stratificata, caotica e contraddittoria eredità delle Avanguardie e degli ultimi 150 anni di arte contemporanea. E forse anche oltre, poiché in effetti negli ultimi 150 anni, tra un’Avanguardia e l’altra non sono mancati momenti di “Ritorno all’ordine” in cui si è guardato indietro con occhi nuovi alla tradizione pittorica più antica. E anche questi momenti fanno parte del retaggio della Contemporaneità e hanno contribuito a forgiarne le forme.
E questa è la linea che abbiamo seguito in questi ultimi anni nel selezionare opere ed artisti: opere ed artisti che fossero in grado non solo di recuperare e reinventare il retaggio delle grandi Avanguardie storiche, ma anche e soprattutto di sintetizzare e contaminare stili e linguaggi, trovando punti di contatto inediti e suggestivi.
Virgilio Patarini
Organizzazione Zamenhof Art, in collaborazione con gli Amici dell'Arte di Piacenza.
Inaugurazione 22 marzo ore 17
Piacenza, Complesso Architettonico "Ricci Oddi"
via San Siro, 13, Sala Franco Fervari e Salone d'Onore (Amici dell'Arte) Piacenza
tutti i giorni dalle 16 alle 19. Lunedì e martedì chiuso.
Ingresso libero.